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Una certa attitudine al vagabondaggio: intervista a unePassante

unepassante_inter03Il viaggio come fuga e attraversamento. Come passaggio e arricchimento. Come incrocio e incastro. Una folata di vento che accoglie e abbraccia l’evolversi di un intero disco. Nell’incontro con unePassante, la tematica del viaggio riesce a tradursi ulteriormente, impregnandosi del racconto e delle sensazioni che stabilmente si sono legati tra loro in tempi diversi e ovviamente in spazi lontani. E leggendo non può non venire voglia di preparare la valigia, chiamare unePassante e raggiungerla nella prossima meta. Io me la immagino, ad accogliermi con un sorriso in una stazione piena di gente. Lo stesso sorriso che hanno le sue parole. Lo stesso sorriso di cui si anima quello che sarebbe dovuto essere un semplice punto. (You are music è in streaming autorizzato; foto 1 di Stefania Figuccia, foto 2-3 di Livio Cadeddu)

Non ti chiederò la tua biografia, per quello esiste un gradevole sito (www.unepassante.com). Ti chiedo invece come ti sei scoperta artista? Qual è l’istante in cui hai capito di poter cantare? Di voler cantare? Quale ricordi hai legato a quell’intenzione?
I miei ricordi più antichi legati al canto sono ambientati nella macchina di mio padre, che mi accompagnava ogni mattina a scuola: in quel tragitto di mezz’ora ci divertivamo a storpiare le canzoni dei Beatles, di De André, di Tracy Chapman… I miei primi palchi sono stati le riunioni di famiglia. Mi ricordo quando Irene Grandi portò Fuori a Sanremo, nel 1994. Io avevo dieci anni, la sapevo a memoria e facevo questi spettacolini  davanti a zii e nonni… Immagina questa nanerottola che canta a squarciagola “stasera butto giù tequila bum bum”! Aneddoti a parte, ho sempre cantato, da che ho memoria, ma l’intenzione vera di fare la cantautrice è arrivata soltanto qualche anno fa, quando ho iniziato a scrivere le mie prime canzoni e ho messo su il progetto unePassante.

Il tuo nome è Giulia Sarno, ma hai scelto di farti chiamare UnePassante. Il richiamo è a Baudelaire e ai suoi Fiori del Male. Cosa ti identifica con questa citazione al punto tale da desiderare questo secondo Battesimo?
Il mio nome d’arte è legato a una delle prime canzoni che ho scritto, il cui testo è la traduzione  in inglese della poesia di Baudelaire A Une Passante, a detta di molti uno dei testi più significativi della poesia moderna. Poco dopo aver registrato alla buona le mie prime canzoni, ho pensato di pubblicarle su MySpace, e serviva un nome da dare al profilo: scegliere unePassante è stato un attimo, come una piccola rivelazione. L’identificazione non è tanto con la Passante della poesia (che è una stangona dalle gambe di statua), quanto con un certo modo epifanico di vivere l’esperienza di cui parla Baudelaire, e con una certa attitudine al vagabondaggio che caratterizza la mia vita da quando ho lasciato Palermo a 18 anni.

unepassante_inter02Ascoltando More than one in Number, nulla però appare come quella bellezza sfuggente di cui parla lo stesso Baudelaire. Anzi, tutto è molto curato, ricco e pregiato. Questo è frutto di collaborazione con altri artisti e musicisti. Che significato dai al loro appoggio? Quale spinta ti ha mosso un giorno a con-cedere le tue creazioni all’ascolto di orecchie esterne?
Non parlerei di “appoggio”, quanto di condivisione di un progetto. Il disco è frutto di un vero e proprio lavoro collettivo di arrangiamento e produzione artistica, con la band in primo luogo (Guido Masi, Sergio Schifano, Michele Staino e Simone Sfameli), con gli altri musicisti e con il nostro produttore, Gianmaria Ciabattari. Spesso le mie idee originali vengono sconvolte dal percorso che fanno in sala prove, ed è questo il bello di lavorare insieme. E’ una riscrittura costante, che parte da un’idea per arrivare a qualcosa di più complesso e articolato.

Hai il dono di creare grandi suggestioni con l’uso di parole perfettamente messe in musica. Come sei arrivata a creare il tuo sound? Sei sempre stata questo o hai dovuto trovare la tua strada?
Per quanto riguarda le parole, sono senz’altro una componente importantissima della mia musica, sia da un punto di vista contenutistico che sonoro. Cerco sempre di trovare una sintesi tra suggestione sonora – la scelta delle vocali e delle consonanti che calzino con la melodia –  e pregnanza di significato. Per la costruzione del sound invece si tratta di un lavoro più graduale, che si perfeziona canzone dopo canzone, che si rimette in gioco costantemente. Siamo in continua evoluzione, e non in una sola direzione: le strade da trovare sono ancora tantissime!

Sei palermitana ma nella tua biografia compaiono Firenze, Siena, Parigi. Un certo gusto per l’eclettismo attraversa in modo evidente il tuo disco: è come se ogni brano respirasse l’aria di una città diversa. È solo una mia impressione o il viaggio e le variabili ad esso legato hanno influito sulle tue registrazioni?
E’ un’impressione corretta. Mi è capitato di vivere in tante città diverse, e in generale di spostarmi moltissimo. Al momento non saprei nemmeno rispondere alla domanda “dove vivi?”. Più che avere un’influenza sulle registrazioni, però, direi che la condizione di viaggio plasma dall’interno la scrittura delle mie canzoni. Viaggiare molto in qualche modo aiuta a tenere fresca la prospettiva sulle cose, la visione. Sono contenta che tu abbia percepito questa cosa!

Per restare in tema. Immagino che tu abbia conosciuto le realtà musicali dei posti in cui hai vissuto. Mi riferisco in particolar modo alla tua esperienza francese. Quali sono le differenze e gli elementi di unione che hai ritrovato?
La realtà musicale parigina è molto vivace. Devo dire che purtroppo l’ho vissuta con meno intensità di quanto avrei voluto, perché ero lì per altri motivi (non facevo ancora la musicista, ma l’aspirante critica letteraria) che mi tenevano piuttosto occupata. Frequentavo molto le zone di Belleville e Oberkampf, che sono piene di localini dove si fa musica dal vivo. In generale si respira una bella aria. Ho vissuto anche a Londra, per un anno, e anche lì l’aria non è niente male… Ma io non sono una detrattrice dell’Italia: secondo me in questo momento da noi ci sono proposte molto interessanti. La vera differenza che ho notato è nell’atteggiamento del pubblico rispetto ai concerti. A Londra in particolare è normale andare a sentire un concerto di una band sconosciuta, comprarne disco, mentre qui sembra che aspettiamo che una band sia famosa e alla moda prima di andare a sentirla.

unepassante_inter01Se ogni canzone è un figlio, tutte dovrebbero essere uguali agli occhi del proprio genitore. Ma non ce n’è una in particolare da cui non ti separeresti mai?
Non mi separerei mai da nessuna delle mie canzoni! Non riesco davvero a pensare a una canzone cui tengo più delle altre… Certo, forse A Une Passante… per il significato che ha avuto nella genesi del progetto. Ma lo dico con riluttanza: mi sembra che in questo momento tutte le altre mi stiano guardando offese! Quindi facciamo che non l’ho detto, ok?!

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