Nella sua solitudine da salotto Amaury Cambuzat, leader storico e mente dei francesi Ulan Bator, si concede l’esperimento colto di questo The Sorcerer, escursione tutta privata in collezioni di partiture minimaliste e meditabonde elucubrazioni in chiave elettroacustica, dove non c’è mai volontà di rimandare ad un concept di fondo ben definito quanto ad esplorare un’idea di mosaico sonoro, fatto di caselle diverse incoerenti per scelta stilistica. Una stregoneria del tutto personale che nasce però da un intento ben preciso, quello di musicare il controverso capolavoro della filmografia muta Tabù. A story of the South Seas del regista Friedrich Wilhelm Murnau del 1931. In un’ottica simile la musica si pone l’obiettivo di essere osservata più che avvertita solo dai sensi uditivi, ed ogni brano dà infatti l’idea di una sequela di note di fondo per immagini che hanno bisogno di essere raccontate. Il tabù che esplode in un’esternazione quasi orgiastica come il primitivismo del film di Murnau, i seni nudi delle donne delle tribù polinesiane, i gesti che precedono la parola e l’azione. Si parte dalla planimetria world/esotica offuscata di South-Seas che in Voodoo Doll muta in danza e rituale magico. The Rope è un breve esercizio glitch rarefatto di scuola Autechre, mentre la successiva The Sorcerer (Theme) è puro primitivismo dronico, incastonando in appena un minuto e quindici una sorta di mantra buddista, incompiuto e teso, imbevuto di echi e schernito da pulsioni lancinanti a creare il vuoto; sullo stesso programma le prosopopee corrosive e folkdrone di Tropical Waves. Le malattie futuristiche di La Nuit tratteggiano paesaggi lunari desertici ed inquietanti interferenze radio mentre il conciso tribalismo aborigeno di Palm Trees consacra sull’altare del sacrificio il suo tributo umano alla dea della fertilità. Le gelide malinconie tumefatte di The Pearl come l’onirismo imbrattato e disteso di Romanticism cristallizzano e riassumono in un bozzetto contemporaneo le visioni post classiche di un Max Richter o di un Jóhann Jóhannsson. L’elettro scomposto e motoristico di Money suona, nonostante tutto, come un divertissement un po’ fuori luogo specie ascoltando il tema acustico alla Jim O’Rourke di The Sorcerer (Part 2), che giunge d’appresso e va ad aggiungere malinconia ad altra malinconia e dispersione ad altra dispersione. Chiude il magnetismo futurista floydiano al chiaro di luna di Tabú, un’avventura in avanscoperta che, come per il coprotagonista dell’omonimo film, si rivela un’avanguardistica rincorsa alla verità contro gli schemi imposti, destinata a chiudersi come un’ennesima lotta contro i mulini a vento. A onor del vero per Cambuzat non è che sia stata una fatica sprecata quella di questo The Sorcerer, lavoro che pur nella sua eterogeneità rappresenta un esperimento coraggioso e mediamente riuscito. Certo, come tutte le opere che per coraggio o pretenziosità decidono di varcare i confini di genere, non si può gridare al capolavoro con troppa sicumera. Ciò di cui siamo sicuri è che, lontano da ogni velleità avanguardistica, Amaury Cambuzat con questo disco apre il cassetto e decide di condividere una sequela di partiture cinematiche con chi, per tramite dei suoi Ulan Bator, è abituato ad apprezzarlo in vesti più rock e nervose, dimostrando una grande sensibilità e aprendosi a prospettive artistiche decisamente più ambiziose. Che sia il primo passo di Cambuzat verso movenze e scelte più “colte” non lo sappiamo, fatto sta che ascoltare ogni disco che porti la sua firma continua ad essere un’esperienza di entusiasmo.
Credits
Label: Acid Cobra/DeAmbula Records – 2010
Line-up: Amaury Cambuzat
Tracklist:
- South-Seas
- Voodoo Doll
- The Rope
- The Sorcerer (Theme)
- La Nuit
- Palm Trees
- Tropical Waves
- The Pearl
- Romanticism
- Money
- The Sorcerer (Part 2)
- Shaman’s Malediction
- Tabú
Links:Sito Ufficiale,MySpace
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