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L’educazione al gusto: intervista a F. Rotunno e A.Vinotto registi e produttori del primo videoclip italiano in 3D

Qualche mese fa è stato presentato il primo videoclip musicale italiano, Wild dogs run (Hollowblue w/ Sukie Smith), con tecnologia di ripresa tridimensionale. Nonostante quanto ne dicano i Negramaro (e tutti i mezzi stampa a loro asserviti), non è toccato a loro il primato italiano, bensì ad una realtà molto più piccola, esile se si può dire, ma di certo più ispirata. La band di cui parliamo sono i toscani Hollowblue, una tra le eccellenze della scena indipendente italiana; la regia e la produzione del video è di Red Eye Film Studio, un dinamico duo composto da Francesco Rotunno ed Alessandra Vinotto, con sede a Genova.
Come ha fatto una piccola realtà nostrana a spingersi fino a Los Angeles dove ha trovato il primo premio al 3DFF in competizione con personaggi della musica (e relative potenzialità economiche di produzione) come Slash e tante altre blasonate star internazionali? Vuoi vedere che i prodotti tipici e di qualità d’esportazione italiana stanno tornando a non essere solo il Chianti, il prosciutto di Parma ed il formaggio Grana? ((Foto di Alessandra Vinotto e Aldo Manara)

Da tempo teniamo gli occhi puntati sugli Hollowblue, una band che consideriamo importante nel panorama italiano, ma mai avremmo potuto pensare che il vanto del primo videoclip musicale con tecnologia 3D in Italia potesse un giorno essere loro . A chi è venuta questa ambiziosa idea e come è nato l’incontro tra la band e voi registi?
Alessandra: L’idea è venuta a Francesco Rotunno, la parte più “tecnologica” di REDEYE, il missing link tra l’uomo ed il robot (ride), l’occhio quasi cibernetico attento a tutto ciò che di innovativo esiste sul pianeta. L’incontro con la band è avvenuto grazie ad Andrea Bruschi (Marti), per il quale avevamo girato il videoclip di They’re so small.

Il 3D è normalità perchè i nostri occhi vedono e percepiscono in questo modo. Il cinema 3D però ha trovato la sua applicazione solo recentemente nonostante l’invenzione non sia assolutamente nuova: perchè questo ritardo e perchè questa fatica ad entrare nella quotidianità?
Francesco: Credo che il ritardo possa essere dovuto ad una questione di costi, sia per gli sviluppatori sia per gli utenti finali. Oggi girare in stereo 3D costa circa il 30-35% in più rispetto ad un film in mono, in controtendenza rispetto a quello che stiamo vedendo oggi sul fronte del videoclip: ovvero l’orientamento ad abbattere i costi che molto spesso si traduce in un abbassamento generale del prodotto finale. Credo che l’Italia sul fronte della distribuzione sia al passo con il resto dell’Europa, anche se in leggero in ritardo. Ora la palla passerà in mano ai grandi network e ai grandi marchi, starà a loro convincere il consumatore a passare al nuovo sistema. E sicuramente starà a noi registi e produttori proporre contenuti accattivanti!

Prima con il cinema d’animazione, poi alla ribalta con Avatar di J. Cameron, poi si parla del futuro business del porno e intanto le partite di calcio e di rugby arrivano sulle televisioni italiane in diretta: stiamo parlando della stessa tecnologia o sono cose differenti?
Francesco: Il principio è lo stesso, cambia solo il modo di girare e soprattutto cambiano i tempi e i costi. Ma la tecnologia è la medesima.

Come definireste il rapporto musica-videoclip allo stato attuale? Il periodo rivoluzionario di Video kills the radio stars è decisamente superato, però il fenomeno della fruizione dei video online è enorme: aiuta o non aiuta? Si adatta all’arte visuale o è quest’ultima che si deve adattare alle nuove situazioni di fruizione rapida, frammentaria e spesso distratta del web?
Alessandra: Io credo che aiuti, assolutamente. La comunicazione è online, quindi anche l’arte deve essere in grado di viaggiare sul web. Ma l’arte, in quanto tale, “è”, ovvero si manifesta. Ci sarà chi, più allenato, più attento, sarà in grado di coglierne l’epifania, altri si limiteranno a guardare e godere del lato estetico, senza badare troppo ai contenuti. E va benissimo anche così, perchè un video deve comunicare un piacere estetico. Ma parlare di un’arte che si adatta, che si riduce, questo no. Credo profondamente che il gusto vada educato (e casomai innalzato), non che ci si debba appiattire per adeguarsi ad un eventuale generico imbruttimento.

Come cambia il concetto di qualità di un filmato che il 90% delle sue visioni saranno realizzate attraverso una finestrella di YouTube? E’ un impoverimento o semplicemente un cambiamento?
Francesco: Ritengo sia un solo un cambiamento che nell’immediato futuro diverrà la quotidianità. Ed è assolutamente un’evoluzione del concetto di tv: non a caso le tv che oggi sono in commercio sono sempre più multimediali.

Torniamo ora al vostro videoclip: la scelta del soggetto, dei luoghi, degli oggetti, delle situazioni riportano ad un clima onirico, cupo e passionale. Quali sono state le vostre ispirazioni?
Alessandra: Il grande teatro della vita, David Linch, su tutti: maestro insuperato nel descrivere il lato paradossale dell’esistenza. Il nostro video vuole essere un piccolo omaggio ad un grande regista.

Qual è la sinergia tra video e canzone in Wild dogs run? Cosa di quel brano musicale si è voluto rendere visuale con il videoclip?
Alessandra: La sinergia tra parole-musica-immagini per noi è molto intensa, sebbene non ci sia nulla di descrittivo del testo. La coppia che si racconta nel pezzo presenta dei conti in sospeso, e molte parole non dette. Quello a cui abbiamo voluto dare forma è proprio il non detto, il lato oscuro della passione, tutto ciò che non è stato. Volevamo visualizzare la solitudine che solo un amore problematico può dare.

Questo lavoro vi ha portato notevoli soddisfazioni anche in ambito internazionale: importante è il riconoscimento come miglior videoclip tridimensionale al 3DFF a Los Angeles. Cosa significa per voi questo?
Alessandra: Un punto di partenza, e non di arrivo. La conferma che i soldi non comprano il talento, se vuoi, ovvero che non basta avere un altissimo budget per realizzare qualcosa di valido. Significa aver ricevuto proposte internazionali, per poter comunicare quello che abbiamo da dire. La realizzazione di un sogno: erano molti anni che una produzione interamente italiana non vinceva ad Hollywood!

Il premio del PIVI vi sarà consegnato al MEI di Faenza il 27 Novembre in un contesto ben diverso da quello che avete vissuto in America: qual è la vostra opinione sul binomio musica e video in Italia? In questo ambito quali sono le differenze tra l’ambiente indipendente e quello delle grandi major?
Alessandra: Domanda difficilissima che necessiterebbe di una lunga dissertazione! Senza voler polemizzare, ma limitandoci a riportare un fatto reale, diciamo solo che, quando in un festival oltre ad un terzo dei video in concorso appartengono al medesimo regista, sorgono spontanee alcune domande.

Poco dopo l’uscita del videoclip Wild dogs run si è innescata una fastidiosa polemica promossa da un’altra band musicale italiana, ben più blasonata (e patinata) degli Hollowblue. Ci potete raccontare di ciò e delle vostre reazioni?
Alessandra: Subito, a caldo, la delusione di vedere come i mass-media siano corruttibili, e in grado di dare pesi diversi alle notizie a seconda di chi le comunica, a volte addirittura (come in questo caso) travisando e strumentalizzando la realtà. Immediatamente dopo, premurarci insieme a Gianluca Maria Sorace, il leader degli Hollowblue, di far circolare il più possibile, sia sul web che con articoli “cartacei”, la verità (provata da documentazioni reali): il nostro è stato il primo videoclip in stereoscopia 3D italiano.
Francesco: Il bilancio è comunque stra-positivo: moltissimi giornalisti coraggiosi (come voi) hanno pubblicato articoli in nostro favore, dicendo come stavano davvero le cose.

Finita la serie di presentazioni che state realizzando insieme agli Hollowblue, quali saranno i vostri impegni?
Franscesco: Siamo appena tornati dal Belgio, e siamo già in partenza per gli USA. Nel frattempo, stiamo lavorando ad un corto che vorremmo girare a breve, stiamo preparando un documentario e un paio di videoclip, e in primavera ci aspettano New York, la Germania, Parigi. Diciamo che non abbiamo il tempo di annoiarci!

Da piccolo collezionavo una rivista dedicata ai dinosauri; al suo interno c’erano delle immagini 3D con relativi occhialini a forma di Tirannosaurus Rex, lente rossa e lente blu… per il vostro video in anaglifo vanno bene anche quelli?
Alessandra: Sono quelli! Naturalmente, anche se non sono fatti a Tirannosaurus Rex, vanno bene lo stesso… (ridono).
Francesco: Ma effettivamente l’anaglifo sembra un fenomeno del Giurassico. La magia del 3D polarizzato è assolutamente ineguagliabile, perchè la resa dei colori e delle immagini è incredibilmente superiore, ed ora la cosa fantastica è che si può avere comodamente a casa propria, con un semplice televisore 3D!
Alessandra: Che dire… vi stupiremo con effetti… tridimensionali!

Hollowblue & Sukie Smith – Wild Dogs Run 3D

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