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Le sue oasi di luce: Giuliano Dottori @ Mamamu (NA) 07/05/11

La musica è un’esperienza straniante, mai univoca e definita, sempre inaspettata e assoluta. Anche quando credi di conoscerla e poterla indovinare. Disponi i pezzi affinchè si liberi nell’aria, si scuota di dosso le parentesi, respiri nonostante le difficoltà. Hai presente il suo punto d’origine, provi a prevederne l’effetto una volta che l’ascolto si tramuti nella cassa di risonanza perfetta per definire ricordi rari. Eppure nessun calcolo serve poi a tanto. La musica ti sfugge ad ogni controllo, ad ogni cura. Vive da sola. Di sé stessa, ribelle e non domabile. Ed è la sua bellezza, la sua forza.
Forse è questo l’insegnamento più importante che scopro di aver messo a parte, da quando di musica riempio molta parte del mio tempo. L’ho osservata da più punti di vista, scegliendo le proiezioni che raggiungono gli orizzonti più trasparenti e schietti. L’ho attraversata e l’ho scelta, fino alla concretezza, fino alla collaborazione con un locale, il Mamamu di Napoli, per vederla prendere forma vestendo un ruolo diverso da quello di pubblico che accetta una “proposta”. Questa volta ho voluto offrirla io una proposta. E tra i vari nomi che hanno riempito alcune serate, è arrivato il turno del cantautore milanese Giuliano Dottori, accompagnato per l’occasione da Mauro Sansone alla batteria. Il duo ha anticipato l’esibizione serale con un generoso showcase pomeridiano da Fonoteca (foto), lo storico negozio di dischi al Vomero.
Ho seguito Dottori negli anni, dal suo esordio segnato da Lucida nel 2007, passando per il secondo disco solista del 2009 ovvero Temporali e rivoluzioni, fino all’ep Fantasmi del dicembre 2010, senza omettere le collaborazioni parallele tra cui brilla quella con gli apprezzatissimi Amor Fou. Quindi una scelta scaturita dalla conoscenza di un percorso validissimo e considerevole. Eppure questa conoscenza non mi ha evitato di sorprendermi ancora di quella bellezza e di quella forza di cui la musica è capace: innescare un’esperienza tutte le volte diversa, unica e irripetibile. Una verità che sai a memoria, ma che ti coglie d’improvviso accompagnando sensazioni sempre nuove.
C’è un tempo prima dell’inizio di un concerto che disegna un caos di cavi, strumenti che si incrociano, piedi su piedi, sguardi bassi, concentrazione. Poi stranamente ogni parte prende il suo posto, delinea un tutto, una scena perfetta che attende solo di riempirsi di suoni.
I campani Jacob’s Room aprono le danze, sospesi tra ricami dream pop, con eleganza e discrezione.
E’ più che passata la mezzanotte quando Dottori imbraccia la sua chitarra. Fin dalle prime note de La tua casa è piena il locale si trasforma in una bolla acustica calda e sospesa. I volti dei presenti sono colmi di attenzione e partecipazione. Silenzi è già sulle labbra di molti, segno che questo cantautore non solo piace ma conquista svelando quelle pieghe dell’intimità con una scrittura pulita e oscura al contempo. Cuore di bue si conferma splendida nella sua resa live, emozionante e delicatamente disincantata. Catene e gioie fragili e Chiudi l’emergenza nello specchio scivolano su ritmi più incalzanti che si sciolgono in Tenerti stretto un ricordo. Bastano poche note per riconoscere Guess I’m doing fine, uno degli episodi più intensi dello splendido Sea Change firmato da Beck nel 2002; Dottori interpreta alla perfezione il brano dimostrando quanto si adatti alle sue corde in un modo del tutto naturale, perché è quando si lascia andare e quando spinge che esplode la sua verità più cristallina e preziosa. Lui che riesce ad avere un’attitudine rock nella delicatezza e nella dolcezza di una profondità che conosce l’amarezza e sa domarla. Lucida riesce sempre a diventare il centro, una sorta di punto di ritorno e di rinascita. Racconterei la poetica di Dottori usando semplicemente questa canzone, lasciando stare tutte le parole. Sirene e vampiri prepara il campo a Nel cuore del vulcano, che fin dalle prime movenze è già protesa a quella metamorfosi in There There dei Radiohead, una parentesi centrale che sfuma nella coda che svela un Dottori audace e libero. E’ stato come è ormai quasi un saluto, il concerto sta finendo. Alibi è infilata su richiesta, morbida e sinuosa come sempre. L’epilogo è affidato a Le cose semplici, quelle da cui bisognerebbe ripartire tutte le volte.
Il cantautorato è come un deserto, puoi scegliere di attraversarlo senza conoscerne i segreti e per questo perderti assetato. Oppure puoi vincerlo indovinando quelle oasi di luce che accarezzano la tenacia. Dottori sa vincerlo. Portandosi dietro tutti quei fantasmi e le loro storie… “E mi pare sempre di camminare dietro qualcuno di cui sento ancora, vicini, i passi sopra le pietre”. (Lost Gallery)

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