Nel cuore di Napoli. Un portone. Un luogo: Lanificio 25. Tra palazzi antichi. Attraversando archi e vicoli oscuri si giunge ad uno squarcio di cielo. Un cortile che si apre all’arte. Uno spazio racchiuso da volte in cui si delineano stanze intrecciate. Un muro di suono le attraversa e mi conduce, tra luci soffuse, allo stage. Il primo incontro è con le visioni sonore dei Sixth Minor. Il duo partenopeo propone con una certa originalità una miscela esplosiva di post-rock misto ad impeti elettro-noise. Il mood dei loro brani è una nostalgia carica di colori accesi che ha presa facile sul pubblico accorso questa sera per la presentazione di You’re dead and it’s all your fault, debut album degli headliner Dasauge. Giunge quindi il momento del secondo incontro in questo lanificio storico. L’attesa per questo disco è stata tanta, ed è il frutto di anni di esperienze e riconoscimenti accumulati. Si nota nei loro volti la gioia di essere risorti dopo tante morti. C’è qualcosa di taumaturgico nell’aria. I pezzi nuovi funzionano alla perfezione nella dimensione live. Carapace è una hit perfetta, geometrie di chitarre ben architettate secondo gli stilemi classici dell’alternative rock americano che aprono ad un uncino melodico di presa sicura. Brani come Hiroshima e Legs distillano tutta la capacità dei Dasauge di attingere colori da entrambe le tavolozze del post-rock e del hardcore e di riuscire a fondere il tutto in un suono denso di emotività. I punti fondamentali che impressionano del progetto sono la compattezza del suono messa in scena dalla band e le modulazioni del cantante che riesce ad alternare linee melodiche a slanci tiratisismi con una facilità estrema. Una bella performance per chi doveva scegliere tra l’affondare ed il nuotare. Con You’re dead and it’s all your fault i Dasauge sono in grado di nuotare ed attraversare un oceano intero.
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