Ad ora La giostra risulta uno degli album indie rock più validi del 2012. Quello che contraddistingue la band piemontese è un intimismo delicato che si esprime in suoni morbidi e avvolgenti, d’alto livello tecnico. Non è sempre scontato il risultato d’armonia tra parole e musica. È invece gradevole, per chi ascolta un disco, incantarsi nelle immagini che evoca e abbandonarsi al senso di quiete che l’esecuzione musicale trasmette. Abbiamo posto alcune domande ai componenti del gruppo, certi che La giostra riscuoterà il meritato successo. (Vorrei, potrei, dovrei è in streaming autorizzato; foto di Starfooker)
Ho trovato impressionante ritrovare nel sound dell’album i luoghi in cui questo è stato autoprodotto, nelle terre pure dell’Islanda, per la precisione a Moesfellsbaer (anche titolo di una canzone), non lontano da Reykjavik. Quanto tempo avete dedicato alla produzione de La giostra? Conoscevate già l’Islanda?
La scrittura di questo disco è durata circa un anno, dalla sua preproduzione alla finalizazione e, come per il primo disco, ha avuto bisogno del freddo per trovare la luce giusta. Proprio durante la preproduzione ci siamo resi conto di quanto ci stessimo avvicinando a certe sonorità, scelte stilistiche e atmosfere evocate dalla musica nord europea che tutti noi ascoltiamo da tempo. L’idea di migrare in Islanda per registrare il disco è nata in modo molto naturale dall’esigenza di conoscere ed approfondire il nostro amore per quei suoni e per quelle terre in modo che lasciassero un segno importante sul risultato finale del disco.
Certo, conoscevamo quelle terre ma nessuno di noi vi era mai stato prima. È incredibile quanto certi posti ti possano influenzare e segnare, anche se vi siamo rimasti appena due settimane. Il ricordo più bello che ho è il cielo. L’Italia è un paese lungo e stretto, chiuso tra mari e montagne. La cosa incredibile è quanto cielo ci sia in Islanda, ti circonda quasi completamente ed è di un azzurro incredibile nelle giornate di sole.
Il disco esce per Cose in disordine da voi fondata per l’occasione. In che direzione andrà l’etichetta? Avete in progetto di produrre altre band?
L’idea di fondare un’etichetta nostra è una tappa fondamentale nel nostro percorso. Siamo sempre stati una band fortemente indipendente nelle scelte e nella scrittura; ci sembrava un passaggio quasi inevitabile, soprattutto in questo momento storico in cui il ruolo della “casa discografica” nell’industria musicale è sempre più sfocato. L’etichetta è nata in primo luogo per seguire i nostri lavori, ma non escludiamo assolutamente l’idea di produrre, o anche semplicemente di aiutare, altre band.
Musicisti del vostro livello non possono che avere un’ampia conoscenza della musica. Quali generi e gruppi appartengono al vostro background? L’impressione è che ci sia spazio per le differenze e le contaminazioni…
A livello di background siamo un gruppo molto eterogeneo. È una strana alchimia, la nostra. Abbiamo culture ed influenze molto diverse e distanti tra noi, ma che siamo, credo, riusciti a mescolare.
Tra tutti ricopriamo cinquanta/sessant’anni di musica, dai Beatles ai Sigur Rós. In mezzo c’è davvero di tutto, dal prog ai cantautori americani (Dylan, Neil Young), al cantautorato italiano, agli anni ottanta (da Bowie a Sonic Youth) e agli anni novanta della riconquista del rock più genuino e sanguigno. Insomma un gran disordine di influenze e di ascolti che è difficile raccontare e sintetizzare.
Con il precedente tour avete toccato un alto numero di province italiane ed anche quest’ultimo si presenta decisamente corposo …
Fortunatamente sì. Anche in questi mesi percorreremo la Penisola in largo e in lungo, da Milano a Palermo. Il viaggio è una parte importante di ogni tournée. È molto stimolante poter percorrere le grandi arterie nazionali per portare in giro la propria musica. Sul nostro sito potete trovare tutte le date finora confermate del tour.
Al vostro precedente album omonimo hanno partecipato numerosi artisti italiani fra cui Paolo Benvegnù, Marco Notari e Perturbazione. Sono previste nuove collaborazioni per il tour appena partito?
Per la parte primaverile del tour non penso. Stiamo però organizzando verso ottobre un concerto evento in teatro in cui penso cercheremo di coinvolgere molti degli amici musicisti con cui stiamo collaborando e abbiamo collaborato. Le collaborazioni musicali sono, a nostro avviso, sempre molto stimolanti e preziose.
Il vostro ultimo disco, La giostra, vanta invece la straordinaria partecipazione del famoso quartetto d’archi islandese delle Amiina. Ci raccontate questo incontro?
Le Amiina sono davvero un quartetto eccezionale. Durante tutta la preproduzione del disco abbiamo preparato arrangiamenti e orchestrazioni (soprattutto grazie all’attenta scrittura di Alessandro e Mattia) che potessero dare un’impressione quasi cinematografica ad alcuni momenti strumentali del disco.
Una volta in Islanda è stato quasi naturale chiedere loro di poter intervenire in qualche brano. Dopo un ascolto hanno deciso di suonare La giostra e Mi sollevo che indubbiamente sono due dei brani più rappresentativi del disco e sono stati davvero impreziositi dal loro tocco. L’incontro con loro e la loro collaborazione al disco, soprattutto perché attiva e partecipata, ci inorgoglisce molto.
Per concludere, che tipo di legame avete oggi con Novara, la vostra città d’origine?
Novara è una città di provincia. È la nostra casa e il nostro rifugio. Non ha il mare e per questo nessuno la potrà mai consolare (ride, ndr). La situazione musicale a Novara è incredibilmente difficile. C’è un solo teatro (anche se molto importante), ma soprattutto c’è un solo locale dove si può suonare dal vivo. Questo ci rattrista molto, anche perché, al contrario, c’è un fermento musicale molto stimolante che meriterebbe spazi adeguati. Sicuramente soffre molto il fatto di essere a metà tra Milano e Torino, così “emigrare” – sia per quanto riguarda il lavoro, ma anche per la cultura e l’intrattenimento – risulta molto semplice. Spero anche che la decisione di aprire la nostra etichetta possa essere di stimolo per la musica novarese. Potrebbe essere un modo tutto nostro di investire sulla cultura e sull’arte della nostra città.