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Musica e impegno politico ad oltranza: intervista a Marco Messina (99 Posse)

In un periodo in cui l’impegno politico-sociale ha perso identità e sostanza nella confusione generale generata dalla classe dirigente di questo Paese, dove la musica riflette la rassegnazione e il disincanto delle nuove generazioni, LostHighways ha voluto intervistare Marco Messina dei 99 Posse, unico progetto musicale che non  ha mai smesso di affrontare in maniera netta e inequivocabile certi temi socio-politici nelle proprie canzoni, come dimostra l’ultimo disco Cattivi Guagliuni. Questa è una delle pagine più politiche di LostHighways, fortemente voluta per dare spazio a quella musica impegnata a puntare gli occhi dritto in faccia allo stato decadente della società italiana, senza cinismo ed ironica rassegnazione. Troverete anche spunti interessanti sulla musica underground e l’avvento della rete.

Sono passati ben dieci anni tra NA9910º e l’ultimo lavoro Cattivi guagliuni. La vostra musica come inno alla resistenza e alla rivalsa sociale è rimasta inalterata, se non inasprita. Questo è sicuramente frutto delle mutazioni etico-sociali che L’Italia ha subito durante questi anni?
Sicuramente, quando ci siamo rincontrati abbiamo realizzato un pensiero preciso: non avremmo mai immaginato di ritrovarci in questo incubo dopo dieci anni, neanche  dopo un’immensa peperonata mangiata a cena ci saremmo risvegliati in una tale situazione. Infatti uno dei primi brani, che poi non è stato terminato e non è incluso nel disco, doveva parlare proprio di ciò. L’inasprimento è stato determinato non solo da questo aspetto ma anche dal fatto che siamo arrivati molto carichi di sfoghi e cose da dire dopo tanti anni che eravamo stati in silenzio musicale.

Sul nuovo disco quanto hanno influito le esperienze musicali che ognuno di voi ha realizzato durante il periodo di scioglimento dei 99 Posse?
Hanno influito moltissimo. Nel periodo di scioglimento ci siamo dedicati a vari progetti musicali e quindi le prime basi che passavamo a Luca per la scrittura dei testi generavano brani amorfi fuori dalla struttura canzone, dove il confine strofa-ritornello non era ancora ben delineato. Questo è stato determinato per esempio dalla mie ultime esperienze nella composizione di musica elettronica (mia primaria passione) per colonne sonore e nel sound design ed anche dalle esperienze da tastierista nell’ambito jazz. Solo il bassista aveva continuato a scrivere nel formato canzone collaborando al progetto reggae del fratello. Quindi c’era stata una sorta di perdita di attitudine alla composizione secondo la forma canzone. Le intro lunghe, quasi da colonne sonore di telefilm, in brani come Antifa e Mò basta sono proprio figlie di queste mie ultime passioni.

Trovo Italia spa un brano eccezionale.  Realizza una fotografia storico-sociale in versi di 150 anni del nostro Bel Paese. E’ possibile davvero creare un’unità che guardi oltre i confini nazionali di una terra compresa tra le Alpi e il mare? Gli ultimi episodi di cronaca parlano di un paese che si macchia di omicidi dettati da razzismo e per nulla di integrazione multietnica…
Con questo brano abbiamo cercato di dare una chiave internazionalista alla giusta rabbia che alberga nel Sud per anni e anni di sfruttamento dove al danno si è aggiunta anche la beffa. Grazie alla Lega, che è diventata forza di governo, il Sud da un serbatoio di voti e di mano d’opera e da pattumiera per lo sversamento di rifiuti tossici del resto dell’Italia è improvvisamente diventato il Problema, il Fardello dell’Italia. Qui si parla di questione settentrionale quando la questione è assolutamente soltanto meridionale. Abbiamo cercato di dare questa chiave internazionalista proprio perché la reazione meridionale spesso a questo stato di cose è di tipo secessionista, cioè praticamente speculare al desiderio della Padania. Questo ragionamento è stupido perché al contrario della realtà basca in Spagna dove c’è veramente un territorio dietro ad una sola bandiera, ad una sola identità culturale e ad una sola lingua, in Italia invece una secessione ci porterebbe indietro di svariati secoli, e il frazionamento dovrebbe arrivare fino a piccoli agglomerati di comuni. Noi lavoriamo per abbattere i confini e non per crearne altri. Questo però non significa avere uno spirito nazionalista, verso il quale abbiamo già espresso la nostra criticità in svariate canzoni del passato.

Mi piace sottolineare questo aspetto d’intergrazione multietnica che stenta ad imporsi in Italia, visti gli ultimi eventi. Perché in Italia non è possibile avere questo tipo d’integrazione così normale in paesi come la Francia e l’Inghilterra?
Sicuramente per questi paesi colonizzatori il discorso è più facile perché gli stranieri sono già insediati da seconda e terza generazione, però certamente bisogna dire che in Italia ci sono stati anche politici della classe dirigente che in maniera criminosa hanno buttato benzina sul fuoco sui classici problemi di convivenza che possono sorgere tra popoli con usanze diverse. Gli operai delle fabbriche non devono credere che il problema della perdita del lavoro sia dovuto alla presenza dell’immigrato in quanto forza a minor costo, ma devono capire che la causa è nel mercato del lavoro senza regole che è adottato e sfruttato dall’imprenditore  medio, questo è il vero problema.

Canzoni come University of Secondigliano, Cattivi guagliuni sono manifesti della Napoli periferica, ghettizzata e condannata ad una vita a senso unico. Questa immagine forte, che è stata descritta nei libri di Saviano e nei film Gomorra e Tatanka tratti da essi, non rischia di deviare l’attenzione dal problema sociale ed economico di queste aree aggiungendo un’altra cartolina turistica di Napoli, un altro simbolo folklorisitico come il mandolino, la pizza ed il Vesuvio…
Sì, sicuramente. Noi pensiamo che la camorra e la mafia siano il cancro che devasta ulteriormente Napoli e con queste canzoni vogliamo evidenziare che la causa principale di questi fenomeni sociali non è determinata dai cosidetti “piscitielli di cannuccia”, cioè i piccoli delinquenti che aderiscono a queste cosche, ma è la condizione di periferia disagiata che alimenta la presenza di questi sistemi criminali. Io abito nei quartieri spagnoli che, pur essendo centrali a Napoli, possono essere considerati per il loro stato socio-economico un quartiere periferico. Ecco, in questi quartieri di solito trovi un lavoro da cameriere, di commessa e il più delle volte a nero e con stipendi da fame, tipo 700 euro al mese. Quindi è naturale che la mafia e la camorra riescano a porsi come allettante alternativa allo stato. E’ impossibile non pensare che sia strano che lo stato italiano non sia riuscito a debellare la mafia e la camorra in quasi quaratant’anni. E’ evidente che queste associazioni criminali  fanno comodo, espletano una valida funzione di ammortizzatore sociale.

Resto umano ricorda Vittorio Arrigoni. Già dite tutto nel testo del brano, ma ribadiamo ancora chi era Vittorio Arrigoni e che è stato spiacevole che i media abbiano dato così poco spazio alla scomparsa di questo nostro vero eroe all’estero?
E’ stato spiacevole sicuramente che i media abbiano dato pochissimo spazio alla scomparsa di Vittorio Arrigoni, ma di più che non stiano dando attenzione a questo processo farsa che sta avvenendo in Palestina. Vittorio Arrigoni era un ragazzo come noi che sentiva così forte l’esigenza di fare qualcosa per la popolazione più bistrattata del pianeta. I palestinesi si trovano da anni con la loro terra occupata e giorno dopo giorno, invece di vedersela restituire, gli vengono sottratti nuovi pezzi di territorio. La morte di Vittorio Arrigoni ci ha colpito molto perché lui aveva scelto di vivere in quelle terre dove respirava la morte ogni giorno per aiutare quella popolazione. Abbiamo molto sofferto per la sua scomparsa. Mentre registravamo il disco ci capitava di ascoltare le sue interviste su YouTube ed è proprio durante uno di questi ascolti che abbiamo pensato di costruire un brano da frammenti delle sue interviste e così è nato il brano Resto umano. In quest’ultimo periodo, tra l’altro, stiamo cercando di aiutare la famiglia di Vittorio nel progetto di realizzare un dvd documentario basato sul reading del libro Restiamo umani di Vittorio, con al centro proprio la cronaca di giornate di conflitto israelo-palestinese. Sul sito www.produzionidalbasso.com si può partecipare alla coproduzione del documentario acquistando in anticipo delle quote (10 euro l’una). Il sito Produzioni dal basso è molto interessante perchè permette una nuova forma di finanziamento a certi progetti, una nuova comunità economica.

Le giovani generazioni sono ugualmente ricettive rispetto a quelle degli anni ‘90 per quanto riguarda quello che denunciate nelle vostre canzoni? Cosa pensate dei movimenti degli indignati?
Quando avevamo vent’anni sognavamo di cambiare e migliorare la nostra vita, oggi parlando con i ventenni scopri che quasi più nessuno sogna, c’è una totale disincanto che è preoccupante. C’è da dire che c’è anche molta più confusione. Ai nostri tempi le linee di demarcazione erano ben definite. Noi facciamo uso dei social network per continuare a fare politica e promuovere la nostra musica. Abbiamo notato con sgomento  che anche tra il nostro pubblico c’erano persone che non avevano capito il nostro discorso per quanto riguarda il movimento dei forconi, per esempio. Noi appoggiavamo le ragioni della protesta che stava nascendo in Sicilia ma è spaventoso che a capeggiarla ci siano esponenti di Forza Nuova. Lo troviamo inquietante, e non solo perché siamo antifascisti. Il fascismo è il cane da guardia del sistema contro il quale mi sto opponendo, come mi ci posso allineare? La divisione di bandiere è importante perché non posso combattere contro qualcosa che mi rende la vita difficile alleandomi con chi supporta questo qualcosa. Quindi leggere opinioni sui social network mette in evidenza questa confusione che abbiamo anche  sintetizzato nel brano Confusione totale per analoghe diatribe.

Ci sono tante collaborazioni in questo disco. Senza fare torti a nessuno, quale tra queste è quella che vi è più piaciuta in termini umani ed artistici?
Non per fare il piacione, ti devo dire la verità… non c’è un’artista preferito tra quelli che hanno collaborato con noi. Di solito scegliamo gli artisti con cui collaborare sia perché pensiamo che possano veramente dare una marcia in più al pezzo e perchè pensiamo che possa essere divertente lavorarci, sia nel caso di una lunga conoscenza e sia sulla base di una sensazione di compatibilità senza frequentazione come nel caso di Caparezza e Clementino.

Senza un singolo da promuovere e un disco, nei locali non ci volevano. Allora abbiamo ricominciato nei centri sociali, da dove eravamo partiti, ma ora che hanno visto i sold out ci chiamano tutti“, è un atua dichiarazione. M piacerebbe chiederti un parere riguardo il sistema musica in Italia, dalla promozione al booking. Voi siete un gruppo che si è trovato a cavallo dell’avvento dell’era di internet. I nuovi mezzi mediatici come la rete hanno aiutato l’underground o hanno creato solo un piccolo mondo parallelo al mainstream con le stesse regole ma semplicemente con risorse economiche inferiori?
L’avvento di internet nella musica ha avuto i suoi lati positivi e negativi, come tutte le cose. Mia personale opinione a rigurado è che se da un lato internet ha dato la facile possibilità a tutti di far ascoltare la propria musica, dall’altro ha intasato il canale creadno una sorta di overload. Io stesso ero ammaliato all’inizio di MySpace, poi ho smesso di navigare con tutte queste piattaforme di condivisione della musica. Inoltre la qualità si è abbassata notevolmente. A miei tempi la prima demo era registrata molto bene, ora con la possibilità di registrare dischi in casa si possono sentire delle demo veramente di basso livello.

Inoltre ci sono anche le piccole etichette indipendenti che non rischiano più, molto spesso producono progetti molto similari a quelli mainstream…
Su questo concetto sono d’accordo, ma devi pensare che le etichette molto spesso si trovano davanti a bivi di sussistenza e se sbagliano un’uscita rischiano di chiudere. Ti dico questo perché ero coinvolto con dei ragazzi di Napoli in un’etichetta di musica elettronica Retina.it e mi ricordo che questo progetto per noi era figlio di sola passione per velocizzare il processo di uscita dei nostri dischi, poi abbiamo scoperto che i soldi ricavati per un disco a stento riuscivano a coprire le spese per il successivo. Quindi entri in un vortice di paura di osare per la sopravvivenza dell’etichetta.
E’ un discorso complicato. La musica, come tutta l’arte, è una cosa bella che dovrebbe essere accessibile a tutti. Oggi con l’avvento dell’mp3 possiamo dire che la musica sia realmente accessibile gratuitamente a tutti. Solo una piccola minoranza feticista o supporter sfegatata di un progetto musicale acquista il cd o l’mp3. Questo accade perché siamo in un’era capitalista dove le cose girano se ci girano intorno i soldi, una dinamica che ha complicato anche la vita dell’underground. Faccio un esempio: tra Curre Curre Guaglio’ e Corto circuito dei 99 Posse o tra Figli di Annibale e Sanacore degli Almamegretta sentirai una grossa crescita. Questo era stato determinato dal fatto che i due gruppi erano con delle etichette indipendenti che avevano fiutato fin dai concerti che si trattava di progetti che avrebbero venduto, quindi si potevano fare dei grossi investimenti nella produzione. Sanacore degli Almamegretta non sarebbe stato Sanacore se non ci fosse stato alla produzione artistica Adrian Sherwood, produttore della On-U Sound. Questa possibilità di avere un produttore fa crescere un gruppo perché chi fa il mestiere del produttore in un anno ha la possibilità di dare ma anche di acquisire da vari progetti e quindi disseminare la sua esperienza. Oggi, siccome le etichette si limitano solo a stampare il disco nella migliore delle ipotesi, non ti danno il recording-budget, come direbbero gli inglesi, ed i gruppi registrando solo nei loro studioli crescono più lentamente.

Cattivi guagliuni – Video

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