L’aria sa di primavera mentre percorriamo la breve strada che da casa porta agli Arcimboldi (Teatro) dove nel piazzale una folla eterogenea per età e per modi e maniere attende di entrare al teatro. E’ sempre così ai concerti di Battiato, quattro generazioni lontane per stile ed età, studenti, signore dai sfarzosi monili, facce da concerti indie, facce da concerti di classica e jazz, tutti lì per ascoltare Mister Tamburino. Poliedrico come pochi, riesce a rendere ogni concerto diverso dall’altro e così è anche per questa data dell’Up Patriots to arms, dall’atmosfera più intimistica rispetto a quella di settembre al Castello di Pavia. Inizia con quartetto d’archi e pianoforte, inizia con un saluto, L’addio, come a voler ossequiare i tre grandi cantori che ci presenterà di lì a poco in tre reinterpretazioni di commovente grazia: Aria di neve, Te lo leggo negli occhi di Endrigo, La canzone dei vecchi amanti di Brel, e Inverno di De Andrè, struggente e superba da togliere il fiato. Poi, in un crescendo di atmosfere suggestive e suoni che riescono, con una semplicità surreale, ad unire culture e stili che sembrano così lontani, il Maestro catanese ripercorre in due ore, cariche di energia emozionale, la sua lunga carriera costellata di brani che sono sempre stati capaci di unire critica e pubblico in una sorta di armonia simbolica che riporta all’alto pensiero che esce dai testi di colui che fu primigenio dell’indie italiano in quegli anni settanta che lo videro indiscusso protagonista della sperimentazione musicale. Musiche e testi sempreverdi che racchiudono essenze condivise dalle tante e diverse facce del piazzale degli Arcimboldi, musiche e testi che ogni volta donano lo stupore della loro forza attuale che riesce ad unire in simbiosi quattro generazioni che fanno la storia di questa Povera patria. Un Battiato che gioca e si diverte sul palco con una bellezza che nasce dalla forza interiore che intuisci abitarlo, un Battiato coinvolgente che scherza con bonaria educazione d’altri tempi raccontando aneddoti, un Battiato che porta il pubblico ad abbandonare le sedie per andare sotto il palco a ballare e a batter le mani al tempo delle giravolte dei dervishi. Un artista che tra note mistiche e cambi di prospettiva ti porta in un vortice da cui esci ogni volta più ricco di un qualcosa che non si può spiegare ma solo sentire con un orecchio nascosto che si trova in fondo, dentro da qualche parte, nascosto, dove lui riesce ad arrivare sempre.
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