Scicli è forse uno dei paesini più caratteristici della costa siciliana.
Meravigliosamente aggrappato alle pendici di una granitica roccia, Scicli è da qualche anno rinata a turistica notorietà grazie al Triskelia (festival di cultura celtica che si tiene nella Valle Ventura) e alla fiction Il Commissario Montalbano che in queste contrade vede ambientate parte delle sue avventure.
Ed è proprio qui, in questa valle selvaggia della terra sicula che si è tenuta quest’anno la seconda edizione del Sicily Music Village. Una location sui generis, all’interno di un gigantesco campeggio che sale da un torrente e si snoda per uliveti fino ad arrampicarsi sui pendii della valle stessa. Una location percorsa da ragazzi sorridenti e felici, tatuaggi a far bella mostra di sé, dreadlocks che pendono su collane d’osso, qualche chitarra ad aspettare fuori dalle tende in disordine, odore di mariagiovanna qua e là, insomma una sorta di Woodstock nostrana dove il dialetto siciliano incontra quello milanese e dove, con teutonica puntualità, ieri sera si sono esibiti gli Afterhours.
Un concerto che aspettavo da tanto e, soprattutto, che aspettavo con curiosità da quando ho digerito le nuove sonorità di Padania.
Quando le luci dello scarno e possente palco si spengono tutto inizia velocemente. Metamorfosi apre quello che sarà uno dei live degli Afterhours più carichi d’energia che mi sia mai capitato di vedere negli ultimi anni.
Con Terra di Nessuno la sicurezza del vocalist aumenta fino a raggiungere una perfetta e violentissima La Verità Che Ricordavo in cui la chitarra disturbata da Iriondo sembra portarci ai fasti rumoristi dei tempi che furono.
L’esibizione oramai ha preso il volo, fra i fluidi movimenti di Dell’Era e gli atteggiamenti da chitarrista mistico di un già citato Iriondo in forma smagliante. Guardandoli, mentre cercavo di scansare gli assalti di pogo di ragazzini poco più che ventenni, mi sono reso conto di come il trio Agnelli-Iriondo-Dell’Era sia effettivamente l’anima visuale dello show. Xabier che quasi aggredisce la chitarra, Roberto con i suoi movimenti languidi di bacino e Manuel che rotea il microfono come una fionda da scagliare contro un Golia immaginario sono uno spettacolo per gli occhi, l’incarnazione del Rock.
Costruire Per Distruggere fa dondolare e saltare, dolce e amara, così meravigliosamente tranquilla, acida e sorpassata in bellezza solo da Nostro Anche Se Ci Fa Male, forse la più bella ballad degli ultimi Afterhours, quasi il contraltare di Spreca Una Vita, stupendamente rumorosa, tremendamente disturbata.
Ecco arrivare Male Di Miele, dove il pubblico si scatena, di più rispetto ai brani nuovi.
Comunque sia, fra una schitarrata e l’altra, Agnelli legge un passaggio da Paolo Borsellino e l’agenda rossa. Un passaggio sulla responsabilità e sul perché si rispettano le leggi di uno stato democratico. Un passaggio toccante, che fa alzare applausi e cori di “Bravo!” e che mi fa pensare, a me, figlio di un Sud massacrato sia da mafie locali che, spesso, da uno Stato con una memoria prettamente demagogica, mi fa pensare, dicevo, che la misura della Memoria non è mai colma. Che non ci si deve mai stancare, mai si deve arrossire pensando che “forse stavolta potevamo non tirarli in ballo”, mai si deve pensare che gli Eroi possono essere messi da parte, fosse anche solo per mezz’ora. Mai ci si può permettere il lusso di dimenticare.
Del resto, se gli Afterhours ci ricordano che non bisogna dimenticare, il loro più che gradito ospite Cesare Basile ci ricorda che l’Informazione è un diritto, certo, ma è soprattutto un dovere di una comunità responsabile. È così che attacca Strofe Della Guaritrice, uno dei suoi testi più crudi di quello che forse è il suo lavoro migliore, Sette Pietre Per Tenere Il Diavolo A Bada.
Quando Basile termina la sua meravigliosa esibizione live, il gruppo lombardo si riappropria del palco con una carrellata di brani della loro più che ventennale carriera.
Bungee Jumping e Sulle Labbra sono quelle che il pubblico non si aspettava, ed è infatti con un boato che vengono accolte, ma anche Il Paese è Reale riceve le sue ovazioni.
Il Sicily Music Village esplode poi quando partono Ballata Per La Mia Piccola Iena e Quello Che Non C’è.
La solita pausa ed ecco altri tre brani dei tempi andati, dove Bye Bye Bombay mi catapulta in altri tempi di elettricità e passione, impegno e troppo alcol a bagnare le notti. Tempi andati.
Altro siparietto ed ecco i nostri tornare sul palco, Manuel alza la birra verso il pubblico, poi la posa e la band attacca, senza fermarsi un attimo, Posso Avere Il Tuo Deserto, Dea e infine Lasciami Leccare L’Adrenalina.
Finisce così, come un’apocalisse elettrica e disturbata, dove si è pensato ma si è anche saltato.
Gli Afterhours hanno fatto un’esibizione coi controcazzi, dove la potenza del rock era presente dalla prima all’ultima canzone.
Il fatto comunque resta, gli Afterhours si confermano ancora una volta come la più bella realtà del nostro panorama musicale, bella a volte anche nelle imperfezioni.
Una realtà che ha concesso poco alle logiche di mercato, e saldamente ancorata ad un modo di vivere la musica come attitudine e non come atteggiamento.
Un bel concerto, decisamente appagante (Foto di Nino Russo).
Home / Editoriali / Tra la terra e la rabbia: Afterhours @ Sicily Music Village (Scicli, RG) 12-08-12
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