Quinta uscita discografica per i Wise (Wild Inner Soul Eyeful), nati a Milano nel 2005 e con all’attivo ottimi lavori (ricordiamo ad esempio Attanasia, che li ha visti coinvolti in una promozione che si è spinta fin oltreoceano). Fabbriche Temporanee è l’album della maturità: scritto in italiano, con ispirazioni e rimembranze dei grandi della letteratura internazionale, arricchito da collaborazioni con altri musicisti di grandissimo livello, questo album è una perla nell’attuale panorama musicale. Abbiamo incontrato Vincenzo Tangorra per saperne di più.
Fabbriche temporanee è un album crudo, cupo, con una grande componente di pessimismo, quasi, ma con alcuni rari slanci di rivelazione, di forza, di speranza. La solita lotta tra bene e male. Chi vince?
In Fabbriche Temporanee purtroppo spesso vince il male, solo gli affetti si salvano dal logorio avido di una società che gli statisti definiscono in progresso, ma che in realtà è in regresso. Ditemi voi cosa resta del vivere oggi se ci privassimo di chi amore dà e amore vuole? Ormai siamo sempre più soli e vuoti. La tecnologia apparentemente unisce, ma in realtà porta ad isolarsi, ad avere più maschere pirandelliane. Quando ho iniziato a scrivere Fabbriche Temporanee volevo tirar giù un album che fosse la fotografia di un periodo storico, ossia si collocasse in un lasso temporale. A differenza dei lavori scorsi volevo parlare di attualità e volevo farlo scrivendo i testi in italiano. È un’idea che ho realizzato mentre ero a San Francisco e guardavo l’Italia da lontano. Lo Stato è presente solo nel riscuotere, non c’è lavoro, non c’è futuro per i giovani, in questo Paese non funziona niente, insomma un paese vecchio e per vecchi. Ma perché nascondere ciò? Bisogna ammetterlo. Così sono nate le nove storie con nove personaggi che abitano questo periodo storico nel Bel Paese. Personalmente sono un tipo ottimista e la gran componente pessimista, il suono crudo e cupo che vien fuori non è altro che il negativo di questa fotografia.
Gli artisti che vi hanno ispirato ma che vi vergognate di ammettere?
In realtà non ci sono veri e propri personaggi della musica da cui troviamo ispirazione, la musica la intendiamo come un unico contenitore fatto di stili e generi diversi, ma che parlano la stessa lingua attraverso le note. Più che band o singoli, trovo ispirazioni per scrivere testi e musiche da vicende odierne che attraversano la mia quotidianità, bella o brutta che sia, dolce e tormentata. Poi la sequenza delle note detta lo stato d’animo. Ma comunque non proverei neanche vergogna se ce ne fossero. Artisti che invece ammiro ce ne sono tanti, ma li ammiro in primis per il loro essere uomini, ma a ben vedere ammiro chiunque si mostri una bella persona. Nel mio fare traggo più ispirazione da scrittori e da loro opere letterarie. Trovo più interessante il loro modo di intendere la vita rispetto a quello di tanti musicisti o che si atteggiano a tali.
Le citazioni letterarie si susseguono nei vostri brani: Pasolini, John Fante etc. In quali modi, secondo te, la letteratura si lega alla musica?
Credo camminino in parallelo. Per quanto mi riguarda la letteratura è la mia maggior fonte d’ispirazione. Quando devo scrivere un brano tiro giù prima un racconto con il tema che intendo trattare, e il testo di una qualsiasi canzone dei WISE non è altro che la sinossi di un vero e proprio racconto. Un lavoro meticoloso, ma che trovo molto affascinante. Chissà, magari un giorno pubblico tutti i racconti. Le citazioni in questo disco erano d’obbligo, anche se datate di 40 anni sono attualissime, le ho inserite come riflessione e con un messaggio in codice, i cosiddetti “corsi e ricorsi storici” del pensatore solitario di fine ‘600 Gianbattista Vico. Prima o poi quindi aspettiamoci una rivoluzione.
Le collaborazioni con altri artisti, nella realizzazione del vostro disco, sono state importanti e numerose: Nicola Manzan, Laura Masotto, Alessio Trevor Nicolini. Con chi vi piacerebbe collaborare in futuro?
Prima che collaboratori ,con due di loro siamo amici e ci tenevo ad invitarli su questo disco. Con Trevor è da tempo che progettiamo un qualcosa in duo acustico, chissà, magari un giorno arriverà anche quello. La presenza di Nicola Manzan in questo lavoro invece è stata la chiave di volta, è un grande musicista, ha aggiunto ai brani quella malinconia che ti crea il nodo in gola. Discorso diverso per Laura che ho avuto modo di conoscere in studio in quanto è stata chiamata dal nostro produttore artistico per alcuni arrangiamenti. Se proprio dovessi scegliere un nome mi piacerebbe scrivere e suonare un pezzo lento e riverberato con Bobby Hecksher.
Come vedi la situazione musicale odierna? Quali artisti ritieni meritevoli? Pensi anche tu che il mercato discografico sia ormai irrecuperabile?
Al giorno d’oggi si vende poco, il mercato è saturo, non esistono più talent scout come una volta, non esiste più chi investe su di te. Necessariamente ci si ritrova a dover essere imprenditori di se stessi. Ma forse questo diventa uno stimolo in più per far bene, per raggiungere obiettivi prefissati con maggior senso di responsabilità e senza la finta attitudine da rockstar che molti indossano. Penso che nella scena meno conosciuta ci siano alcune band o solisti che meritano davvero attenzione, gente talentuosa, ma che non rientra nel commerciale, ossia non sono vendibili e quindi non riescono a raggiungere una notorietà. Ormai il mercato è vecchio, sono sempre gli stessi nomi da 6/7 anni a questa parte, pompati da etichette e promossi in una cornice patinata da agenzie, ma che ormai non hanno più stimoli.
In che cosa vi sentite diversi e in che cosa vi sentite uguali agli altri gruppi contemporanei?
Diversi perché non scimmiottiamo nessuno, come fa quasi il 90% delle band in circolazione. Uguali sono nell’essere nello stesso limbo.
C’è qualcosa che vuoi dire e che non ti ho chiesto?
Tra un mesetto esce il nuovo video, da gennaio saremo un po’ in giro per l’Italia per 10 date, poi ripartiremo a maggio dopo aver rilasciato un ep contenete due brani inediti più una versione acustica di Angelo Verde.