Un sabato, una periferia di Torino, un concerto sold out. Il tour de Il cammino di Santiago in taxi sta portando molta fortuna a Brunori Sas che registra il pienone sia all’Alcatraz di Milano che all’Auditorium Flog di Firenze. E anche all’Hiroshima Mon Amour i biglietti per lo spettacolo finiscono in pochissimo tempo, sbranati dalla folla di fan che riempiono il locale all’inizio della serata. In apertura Losburla, progetto solista di Roberto Sburlati. Il cantautore, nato nella provincia di Asti e trapiantato a Torino da anni, presenta il suo disco d’esordio I masochisti del 2013: un ironico sguardo alle storie di città e quartiere in perfetta sintonia con l’indie rock di questi tempi disillusi. È a suo agio sul palco Losburla, due battute col pubblico tra sorrisi disinvolti e la giusta presentazione del tanto atteso Brunori. Qualche secondo di silenzio anticipa luci soffuse e l’attenzione si focalizza su quella scritta BRUNORI SAS su sfondo nero, dietro il palco. E allora inizia il pianoforte, leggero, prepara il pubblico che sa già di che brano si tratta, come se lo avesse ascoltato da sempre. È il nuovo singolo, Arrivederci Tristezza. Seduto al pianoforte, gli occhiali da nerd hipster ben piazzati sul faccione dalla barba rigogliosa. Ogni tanto il cantautore cosentino guarda di sfuggita giù tra le prime file, stretto in una giacca elegante nera. È un pezzo altalena tra l’esaltazione e la malinconia che cattura il pubblico fin dall’inizio. Entra il resto della band e, imbracciata la chitarra, parte Pornoromanzo con la quale ci si scalda sui toni pungenti e i modi di fare da mattatore di Brunori. E ancora la citazionista Il santo morto agita i corpi in un lungo intermezzo strumentale. Il cantautore saluta il pubblico torinese prima di un vecchio pezzo, Lui, lei, Firenze. Ci si scioglie in una visione nostalgica in bianco e nero evocata da una corale voglia di lasciarsi andare. Kurt Cobain aumenta questo pathos. Applausi e volti sorridenti. Dall’umorismo del buontempone all’amarezza senza pigli di chi se la tira: questa cesta di capelli ricci riesce a coagulare entrambe i due poli. Le tristezze quotidiane sono descritte nei testi con serica arrendevolezza, il linguaggio è semplice, nazional-popolare se si vuol veder così, o sincero e svogliato di giri di parole. Seguono le intimiste Nessuno, Come stai e Fra milioni di stelle; quest’ultime due sono successi di qualche tempo fa che ancora fanno presa sull’enfasi del pubblico. La gente attorno a me canta e se la canta a squarciagola “con il culo per terra e il morale alle stelle” in impeti e sbuffi di liberazione. E si torna ad agitare i bacini con Mambo Reazionario, perla di percussioni dal gusto post moderno pieno zeppo di tragicomici paradossi dell’oggi. L’atmosfera è quella di una festa che si avvia ad un tasso alcolico evidente che si riversa in raccoglimento e abbandono, in una tristezza dolcissima: Domenica notte. È scesa una calma sospesa in sala Majakowskii, “questo senso di vuoto senza una ragione”, pochi minuti in cui versi e musica sono capaci di far rivivere istanti affini a molti. Come la ballata Vigilia di Natale che va dietro a scocciature e noie di quel periodo dell’anno, sogni di mari lontani e pesci tropicali. Di “tradizione brunoriana”, così la presenta lui. Poi il cantautore si ferma un attimo e fa notare a tutti che la prima fila è un po’ addormentata mentre lui è “sudato come un maiale”. Eppure l’energia non viene meno al fanfarone selvatico tra gli strumenti, capace di prendere la folla per mano e scompigliargli le malinconie. Autoritratto ironico, non troppo ironico, Italian dandy dal primo disco del 2009 che riesce a far esplodere in gridolini il pubblico anche a fine spettacolo con un caldo esagerato e molta difficoltà nell’accaparrarsi ossigeno. Dario Brunori regala ancora qualche altro fotogramma dal passato con Guardia ’82, pezzo dal retrogusto molto alla Rino Gaetano, un po’ come tutto il suo stile del cantato. Sol come sono sol e Rosa chiudono il concerto tra una pausa e l’altra; applausi ed urla come coda di questa serata torinese. Dal palco la star ringrazia il pubblico e se ne va. Se avesse avuto un cappello se lo sarebbe tolto sfoderando un inchino. (link fotografia: Brunori Sas facebook)
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