This Life Denied Me Your Love, ultima fatica del musicista salentino Giorgio Tuma, è un disco dal forte impatto emotivo, nato da quelle suggestioni più istintive localizzate tra stomaco e cuore e che si agitano per venire alla luce, proprio come un bimbo che scalcia nel grembo della madre perché pronto a venire al mondo.
Losthighways ha avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con l’artista, per enfatizzare la sua grande sensibilità e il percorso introspettivo e professionale che lo ha portato alla composizione del suo nuovo lavoro.
Se dovessi raccontare di te attraverso un libro, un disco e un film, quale o quali sceglieresti?
Domanda impossibile! In questo momento i primissimi che mi vengono in mente sono: Lo Zibaldone di Giacomo Leopardi e Il mestiere di vivere di Cesare Pavese per quanto concerne i libri. Relativamente ai dischi: Pink Moon di Nick Drake, Pet Sounds dei Beach Boys, Emperor Tomato Ketchup degli Stereolab, Daphnis et Chloé (Suite n°2) di Maurice Ravel. Infine con riferimento ai film: Umberto D e Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, Splendore nell’erba di Elia Kazan e Persona di Ingmar Bergman.
Il titolo del disco This Life Denied Me Your Love pone l’accento sul concetto di “negazione dell’amore” e rimanda al continuo dilemma circa l’esistenza o meno di un disegno già scritto per ciascuno di noi. Qual è la tua opinione in merito, ovvero esiste o no un destino a cui l’uomo non può opporsi?
Ci sono stati momenti della mia vita in cui ho creduto fortemente che ci fosse un disegno già scritto, ma penso sia un modo (molto umano) come un altro per dare una parvenza di significato a qualcosa che per sua stessa natura non lo ha. L’assenza di amore, qualunque possa esserne la causa, porta con sé un senso di vuoto e sconforto difficili da gestire. Oggi forse potrei dirti (da un punto di vista puramente soggettivo) che il concetto di “sentirsi amato” non lo avverto come un bisogno primario, al contrario una vita ricca di amore ricevuto (e donato) è una vita sicuramente più “compiuta”.
Come hai tradotto in musica questo tuo percorso introspettivo? E qual è stata quindi la genesi di questo nuovo lavoro?
Ci sono voluti più di dieci anni e tre dischi prima di arrivare a TLDMYL. Ad ogni modo è stato qualcosa di naturale e istintivo. Avverto la melodia come un “genoma dell’anima”, cioè la sintesi di tutto ciò che si è spiritualmente. Nasce dentro dal nulla, casualmente, in un momento qualunque della giornata (io la immagino sempre localizzata tra lo stomaco e il cuore) e cerca di uscire per schiudersi e compiersi nel migliore dei modi possibili, esattamente come il corpo di un bimbo che pronto alla vita inizia a scalciare nel grembo della madre. E’ impossibile trattenere una melodia, imploderla dentro sarebbe davvero non vivere. E’ una sensazione bellissima, complessa da descrivere. Nel mio piccolissimo sono contento d’averla vissuta più volte, la migliore delle quali per quest’album.
Il comporre e/o ascoltare musica come un toccasana per la vita. Hai mai pensato che la tua musica possa avere un tale potere benefico?
Io vivo di Musica, non potrei immaginare una vita senza, non so cos’altro aggiungere alla mia affermazione. La vita di una persona appassionata di musica è fatta anche di dischi che, esattamente come i momenti significativi della propria esistenza, incidono nelle nostre storie personali in egual misura; sarei contentissimo se qualcuno potesse provare, ascoltandomi, quello che io ho sentito e ricevuto dai miei “dischi della vita”.
TLDMYL vede la partecipazione di numerosi musicisti (Laetitia Sadier, Matilde Davoli, Lori Cullen e Mike Andrews per citarne alcuni). Come nascono queste collaborazioni e qual è stato il loro valore aggiunto?
Per ognuno di questi nomi c’è una storia lunga e servirebbe tanto spazio per raccontarle singolarmente. Posso dirti però che le canzoni non sarebbero uscite così “compiute” senza il grande aiuto di questi musicisti straordinari. Vorrei anche aggiungere alla lista (dei nomi che hai menzionato) Matias Tellez dei norvegesi Young Dreams, l’arrangiatore Giuseppe Magagnino e Stefano Manca del Sudestudio, oltre ai miei grandi amici e importantissimi collaboratori Giuseppe Manta e Alice Rossi.
Qual è il brano del disco a cui sei maggiormente legato?
Maude Hope: se mi avessero detto che un giorno avrei scritto qualcosa di così articolato, con tanti arrangiamenti e strumenti e cantato insieme a Laetitia Sadier degli Stereolab, non c’avrei creduto.
Dall’ascolto di TLDMYL emerge chiaramente una forte sensibilità, che si manifesta attraverso testi immaginifici e una sofisticata impalcatura sonora. Ci sono altri aspetti di TLDMYL che non sono stati colti e che vorresti sottolineare?
La tua domanda sintetizza perfettamente l’album, non c’è da aggiungere nient’altro, posso solo confermare che TLDMYL è un disco dalla forte componente emotiva e pieno di passione e amore.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Cercare di suonare dal vivo, mi piacerebbe tanto. Chi fosse interessato ad ospitare un mio concerto mi scriva.
Vorrei chiederti di selezionare, per i nostri lettori, cinque brani di altri artisti (italiani o stranieri) che hanno maggiormente influenzato questo disco e più in generale la tua musica…
Cinque sono pochi… ad ogni modo ci provo pensando a questo disco:
Parasite di Nick Drake, Very Early di Bill Evans, Come On! Feel the Illinoise! di Sufjan Stevens, Sun in your eyes dei Grizzly Bear, Grown Ocean dei Fleet Foxes.