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La verità è semplice: intervista a Gnut (Claudio Domestico)

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La Bellezza non fa mai troppo rumore. Si svela diretta. Splende e ti conquista, senza false seduzioni, senza troppi calcoli. Si alimenta di verità, di semplicità. E Gnut, ovvero Claudio Domestico, ne ha dato una prova eccellente con il suo nuovo ep. Un cognome diventa il titolo per un lavoro discografico che è come un diario. Questione di intimità, di condivisione, di purezza. Claudio ha talento. Ne ha da vendere. Chi ne ha non chiede, dà. Dà emozioni, perchè ne prova e le racconta senza riserve, con parole e musica che toccano il cuore chi le incontra.

La semplicità non è così scontata quando si fa musica come la tua, quando si è come sei tu. Raccontamela in questa nuova fase della tua vita personale ed artistica…
Quando si parla di espressioni “artistiche” o “forme d’arte” credo che la semplicità sia il traguardo più complicato da raggiungere.
Riuscire a creare qualcosa di semplice, che al tempo stesso non risulti banale (almeno per me), è un traguardo importantissimo.
Tornando alla domanda, la mia mia vita personale coincide perfettamente con la mia produzione musicale, quindi credo che questo “traguardo” sia arrivato grazie ad un approccio alla vita diverso, ad una consapevolezza maggiore ed alla voglia  di raccontare le cose che mi emozionano.
Mi sento di nuovo innamorato della vita e delle piccole cose, che la rendono unica. Ho voglia di godermi il presente, giorno dopo giorno, ora dopo ora e di raccontarlo nella mie piccole canzoni.

Domestico è il tuo cognome. Domestico diventa il titolo di questo ep, e sottolinea non solo una modalità di ispirazione e lavorazione, ma diventa una metafora, molto intensa, molto sottile…
Credo che il significato più profondo che si possa dare a questo lavoro è che la serenità va cercata dentro di noi e nelle piccole cose che la vita ci offre, senza vivere in funzione di grandi “svolte” o di un mondo che dovrebbe restituirci qualcosa. Sono convinto che in quest’epoca la valuta più preziosa sia il tempo che abbiamo a disposizione; molti lo sprecano per accumulare denaro o potere, ponendosi ogni giorno obiettivi più importanti da raggiungere e sacrificando il proprio benessere giornaliero. Mi sento molto più ricco, quando mi godo una passeggiata al sole, di qualsiasi politico o banchiere in giacca e cravatta, che trascorre le sue giornate in ufficio dalle 07.00 del mattino a contare i suoi milioni di euro.

Ho sempre sostenuto che Napoli nella tua musica abbia un ruolo fondamentale. Intendo la sua tradizione, la sua fisionomia paesaggistica, i suoi odori, i suoi umori. Sei così vicino a Nick Drake e sei così vicino ai vicoli e al cuore più colorato di questa città tanto terra e fuoco quanto cielo e acqua. Claudio, dimmi di Napoli. Di quella che ti ha parlato dalla tua finestra…
Napoli mi ha accolto come un figliol prodigo. Mi ha fatto sentire protetto e al sicuro dopo un periodo di grande confusione. La casetta che ho trovato ha una vista  bellissima, che mi emoziona tutti i giorni.
Ho un rapporto molto intimo con la mia città e un rispetto profondo per la sua storia e la tradizione.
Non mi piace speculare sul mio essere napoletano, non ne sento l’esigenza e Napoli non ha bisogno nè di essere difesa nè di essere strumentalizzata.

C’è un mistero dentro le canzoni che inizia dal dolore, dall’amore e dalla sensibilità di chi le scrive. Un mistero che non ha fine perché si trasforma in chi le fa proprie. Io un po’ del mistero dei dischi precedenti lo conosco, perchè ti conosco. Quindi ti chiedo di parlarmi di questa nuova stabilità e come tende la mano all’assenza, alla mancanza. Ti chiedo di parlarmi dell’equilibrio tra la pancia e la testa tra le mani
Il termine giusto è “equilibrio”, nel senso che la vita è come una bilancia e le cose che ci succedono fanno pendere la nostre energie in una direzione o nell’altra.
La serenità che ho raggiunto è fortemente legata al caos che ho vissuto negli ultimi anni, l’amore che sento è direttamente proporzionale al dolore che ho provato, la gioia alla disperazione, la semplicità alle complicazioni della vita.
Tutto resta dentro di me e condiziona quello che succede ed è un miracolo meraviglioso.

Parlare di se stessi non è così semplice. Non lo è affatto, quando si riesce, come nel tuo caso, a usare delicatezza, verità, poesia e modernità. Metterti a nudo, così a nudo, dentro i versi quanto è catartico e quanto è doloroso, a posteriori, quando ti riascolti a canzone finita?
È una cosa che mi fa stare bene e mi aiuta a capire meglio cosa sento. Non voglio piacere a tutti, anzi mi spaventerebbe. La musica che suono e le canzoni che scrivo sono un modo che ho sviluppato per avvicinare persone con una sensibilità vicina alla mia.
A volte mi sento stupido e mi vergogno un po’ delle cose che racconto ma l’esigenza di farlo è sempre più forte e quindi ho imparato a gestire le insicurezze e a sentirmi libero di fare quello che mi piace.
A volte è veramente difficile e doloroso come guardarsi allo specchio e vedersi deturpati da qualcosa, ma la verità è sempre il miglior punto di partenza per affrontare al meglio le cose.

E quindi ora chiamo in causa Semplice. Parlami di questa canzone, delle sue verità…
La verità è che quel giorno pioveva tanto e io mi sentivo veramente felice e innamorato come poche volte in vita mia. Ho iniziato a scrivere questa canzone per gioco e poi mi sono reso conto che stavo raccontando perfettamente quello che mi stava succedendo. Stavo scrivendo un pezzo che qualche mese prima mi sarebbe sembrato banalissimo per la semplicità di quello che raccontavo e il modo (il giro di Do in 4/4) ma mi emozionava tantissimo ed è stata una vera e propria illuminazione. “Come la pioggia cade” e bagna tutto: questa nuova visione della vita mi si presentava attraverso una musica semplicissima e una melodia da pubblicità della Bauli.

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Gli arrangiamenti di queste canzoni sono una veste davvero preziosa per le tue canzoni. Mi ha molto colpita il tocco di Daniele Sepe…
Mi sono affidato a musicisti straordinari, che passando per casa, hanno regalato a queste canzoni qualcosa di magico. Con Daniele Sepe, ormai, ho un rapporto di folle amore musicale e umano. Uno degli incontri più importanti della mia vita. Ho una visione della vita e del mondo molto vicina alla sua e musicalmente non ha bisogno di presentazioni. Credo che sia uno dei più grandi musicisti italiani di tutti i tempi. Non glielo dico altrimenti mi prende a “maleparole”.

L’ep Domestico è stato protagonista di una campagna lanciata su Musicraiser. Dici di aver voluto ricorrere a questa piattaforma per poter curare il materiale rimasto fuori dalla selezione che comporrà il disco a cui lavorerà Piers Faccini e che uscirà nel 2017. Parlami di quest’urgenza, di quest’impazienza… e dell’amore che si prova per ciò che scritto e composto non si vuole nascondere…
Avevo scritto dieci canzoni e mi era venuta l’idea di registrare a casa tutto il disco e di chiamarlo Domestico. Poi Piers l’estate scorsa ha ascoltato i provini e mi ha proposto di fare un disco insieme in Francia nel 2017.
Ha scelto i cinque pezzi che preferiva e abbiamo rimandato il discorso all’estate prossima per iniziare a lavorarci. Le canzoni scartate sarebbero rimaste nel cassetto insieme all’idea di un  lavoro “Domestico” (in Francia il gioco di parole con il mio cognome non sarebbe stato colto). Quindi dovevo rinunciare al progetto e aspettare di fare questo lavoro con lui, ma non ce l’ho fatta, così ho deciso di fare un Ep con le cinque canzoni scartate in edizione limitata a 100 copie. Erano canzoni che volevo condividere con chi mi segue da tanto tempo. Un modo per dire agli amici “adesso sto bene”!

Chi ha ricevuto l’ep a casa ha potuto vivere attimi di meraviglia, come quando si riceve una lettera scritta a mano e un pacchetto curato in ogni dettaglio. Insomma hai spedito un regalo vero. Raccontami l’ombrello, il rosso, la ceralacca e tutto il resto…
Devo ringraziare per il progetto grafico Peppe Boccia che ha curato tutto con l’aiuto di Stif (la sua coinquilina e disegnatrice dell’immagine in copertina, che abbiamo chiamato “hombrella”) e di Mary Elle! Ne abbiamo parlato molto perché volevo che chi ha finanziato il progetto avesse qualcosa di speciale e, quindi, ci siamo inventati qualcosa di casalingo: un sacchetto da panetteria come custodia, 100 taschine-contenitori dei dischi, recuperando degli scarti dal corredo di mia nonna, poi cuciti a mano da una sarta bravissima, i libretti stampati e cuciti a mano con la lana da Peppe e la Marmotta (la sua splendida ragazza) e Stif, alla fine la chiusura finale con la ceralacca.
Abbiamo passato un paio di notti da produttori di metanfetamina, con la ceralacca che si scioglieva su un cucchiaino riscaldato su una candela e io che timbravo tutte le copie con un timbro con la lettera G.

Se ti chiedessi cosa leggevi e cosa ascoltavi durante le canzoni di Domestico?
Leggevo John Fante ed Hemingway e ascoltavo tantissimo i primi due dischi di Bill Withers!

Adesso, proprio adesso dedicaci, in versi, il cielo che c’è su Napoli…
Oggi il cielo è grigio come gli occhi di una nonna
che sorride senza denti
e ti fa sentire bene
Anche quando si nasconde il sole scalda
mentre il mare resta zitto
ma io lo sento
come sento tutto il resto
dentro me.

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