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Il suono dell’irrequietezza: intervista a Lorenzo Castiglioni (Krank)

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Lo spazio fuori è angusto, il mondo brutale e i sogni si sono calcificati tra le mura che ci nascondono. Krank è il suono dell’irrequietezza, dell’angoscia, dell’essere scomodo qui, ora, oggi. Il progetto solista autoprodotto di Lorenzo Castiglioni, prima voce nei Drunken Butterfly, è una scheggia che preme e vuole fare male. Il disco EP – Krank è pura tensione senza tregua. Incontriamo il creatore di Krank e scambiamo quattro chiacchiere in occasione della pubblicazione del suo video “studio session” nel quale troviamo ben tre inediti!

In esclusiva per LostHighways è disponibile per una settimana il freedownload delle tracce audio dei tre brani Mara, Via, Natura ingannevole (download dal player soundcloud in fondo all’intervista).

Da cosa nasce l’esigenza di potare avanti un progetto da solista?
Direi che le esigenze sono più d’una. Da un lato c’è l’aspetto, più sentimentale se vogliamo, di voler realizzare qualcosa di completamente mio, che esprima me stesso al cento per cento senza alcuna contaminazione, un progetto musicale che possa prendere qualunque direzione e in qualunque momento senza giustificazioni ma soltanto in base al mio umore e alle mie urgenze artistiche del momento. Quando parlo dei Drunken Butterfly dico “facciamo questo genere” e “abbiamo questi riferimenti musicali”, con Krank sono completamente io che mi esprimo attraverso musica e parole. Non è un caso che questi primi brani pubblicati non abbiano neanche una produzione. Ho anche sottoposto il materiale a Favero del Teatro degli Orrori e in un certo senso è stato lui a convincermi di procedere in maniera del tutto autonoma. Poi c’è il lato più pratico della faccenda, e in una certa misura più egoista, che è quello di poter girare l’Italia con un progetto snello, veloce, con pochissime necessità tecnico/logistiche. In un momento storico come questo in cui il mercato è fortemente in crisi, i locali sempre più in affanno e i cachet sempre più bassi, mi è sembrato un atto necessario alla sopravvivenza. Tra l’altro, se ci fai caso, ormai la maggior parte degli artisti “indipendenti” in Italia porta avanti più progetti contemporaneamente: quelli più snob dicono di farlo per soddisfare la propria vena artistica, quelli più sinceri ammettono che devono pagare l’affitto e le bollette.

Cosa significa la parola “Krank”?
Krank è un termine tedesco che significa “malato” inteso non soltanto come aggettivo riferito ad una specifica persona ma anche nell’accezione più complessa di “sistema malato”. È un nome che mi ha colpito moltissimo e immediatamente. È un nome corto e potente, può essere reso benissimo a livello grafico ed ha un significato che può essere associato sia a me, relativamente alla mia natura in perenne stato di inquietudine, che al sistema che stiamo vivendo ovvero la moderna società capitalistica occidentale. Per quanto mi riguarda il termine Krank in questo momento è talmente rappresentativo del mio mondo, del mio modo di fare musica, del mio modo di interpretare tutto ciò che mi circonda che ho deciso di non dare alcun titolo al primo EP pubblicato lo scorso Novembre. In una recensione hanno addirittura scritto che nei brani di Krank io nascondo una seconda identità, un personaggio tetro e violento che racchiude stereotipi maligni dei nostri giorni. Mia moglie, che ovviamente ha visto nascere e crescere il progetto Krank, quando ha ascoltato i brani ultimati li ha definiti disturbanti, mi ha detto di aver provato una sensazione di malessere quasi fisico. Ancora non ho ben realizzato se tutto questo rappresenta qualcosa di positivo, nel senso che coglie nel segno dei tempi che viviamo e scuote le menti, oppure se si tratta soltanto di un personale viaggio delirante nei meandri più oscuri della mia testa, magari in cerca di una qualche redenzione e salvezza.

Bunker. Terrorismo e musica. Quanto è importante che la musica parli anche di politica?
Secondo me la musica, così come qualunque altra forma d’arte, deve riflettere il proprio tempo e interpretare la società. Soltanto in questo modo possiamo elevare questa disciplina ad una vera e propria forma d’arte, altrimenti rimane soltanto l’intrattenimento, il sottofondo che ci accompagna nei diversi momenti della giornata. Partendo da questo presupposto è evidente che il terrorismo mondiale oggi è entrato prepotentemente nelle nostre vite, nel nostro linguaggio, nel nostro modo di pensare e di agire. Guarda, conosco persone che da qualche tempo hanno smesso di viaggiare perché temono di finire coinvolte in un attentato durante il loro soggiorno all’estero. Dunque io semplicemente parlo dell’oggi, di tutto ciò che mi circonda e per la semplice proprietà transitiva finisco per parlare di terrorismo e di politica, di sentimenti non più tanto nobili tra gli esseri umani, delle difficoltà che tutti noi possiamo incontrare nel cercare di vivere una vita dignitosa in Italia nel 2017. Poi, a ben vedere, se penso a tutti quelli che musicalmente per me hanno un valore importante mi vengono in mente De Andrè, Battiato, i CCCP – Fedeli alla Linea, Il Teatro degli Orrori, insomma tutti esempi in cui musica e politica sono fortemente intrecciati, testi che hanno sempre un contenuto sociale molto ricco.

Credi che l’elettronica e la sperimentazione siano il linguaggio che possano farti esprimere. al meglio?
Penso che comporre andando a pescare dalla sperimentazione e dall’elettronica mi viene molto spontaneo e naturale, se poi questo mi faccia esprimere al meglio non lo so, ho ancora molto da studiare, da approfondire, da ricercare sia a livello di suoni e strumenti che di parole e melodie, per cui ancora non sono in grado di dare una risposta. La cosa certa è che cerco di mantenere sempre un approccio curioso nei confronti della musica, mi piace scoprire nuovi strumenti e diavolerie elettroniche, come le definisce Pierpaolo Capovilla. Soprattutto con il progetto Krank, dove sono solo e completamente libero, cerco di seguire diversi metodi compositivi, a volte parto dalla musica, a volte da una melodia della voce, a volte preparo la canzone in maniera meticolosa secondo una precisa logica, altre mi lascio trasportare di più dalle emozioni del momento. Devo anche dire che più cresco e più mi rendo conto che il difficile non sta tanto nello sperimentare, nel fare “lo strano”, quanto nell’utilizzare questa stranezza intesa come ricerca musicale e metterla al servizio di una forma canzone fruibile da quante più persone possibile. In questo senso credo che i Radiohead siano i maestri assoluti, non sono definibili a livello di genere, utilizzano un’infinità di strumenti ma tutto è sempre finalizzato ad ottenere una buona canzone.

Chi o cosa è Carne fresca nel 2017?
L’ispirazione per questo testo mi è arrivata da un vecchio film con Sergio Castellitto e Francesca Dellera in cui i due protagonisti consumano il loro amore in maniera ossessiva e morbosa fin quando lui la uccide e se la mangia a pezzi. Il film non era un granché ma la storia mi ha fatto riflettere su quanti rapporti amorosi siano costruiti con delle premesse sbagliate e quanto vengano trascinati negli anni solo grazie a compromessi e vite segrete vissute parallelamente sullo smartphone. Purtroppo è davvero difficile trovare la persona giusta in questi tempi, ed è ancora più difficile puntare tutto su di essa nella speranza di condividere una vita intera. È una grande banalità ma alla fine è verissimo, l’amore non dovrebbe mai essere egoista ma dovrebbe compiersi pienamente nel vedere felice la persona che ami, anche quando questa felicità non coincide con la tua. Francamente l’assenza di spazi propri, il controllo dell’altro, la mancanza di obiettivi condivisi sono tutte cose che mi spaventano parecchio in una coppia. Carne fresca è un po’ la sintesi di queste paure, è una metafora nel vedere chi ti sta accanto come un pezzo di carne che puoi decidere di cuocere e condire più o meno a tuo piacimento, lo puoi mangiare tutto oppure soltanto un pezzo e buttare via gli avanzi.

Ritmi pulsanti ossessivi, atmosfere plumbee, scenari agonizzanti: rappresentazione del reale esistente o volontà di suscitare qualche inquietudine necessaria in chi ascolta?
Giuro che non ho alcuna intenzione cosciente di ammorbare ed intristire chi mi ascolta, da sempre mi piace definirmi una persona realista più che un pessimista. Ma torniamo al discorso di prima, la rappresentazione del reale è il fulcro centrale e nevralgico del progetto Krank, e in questo momento storico l’esistenza reale non è forse fatta di ritmi pulsanti ossessivi, di atmosfere plumbee e di scenari agonizzanti? Quando corri come un matto per star dietro al tuo lavoro soltanto per guadagnare soldi che ti danno l’illusione di essere padrone della tua vita e di poter comprare cose che per la maggior parte dei casi sono pressoché inutili, che cosa stai facendo? Quando non curi i tuoi affetti, quando passi sopra tutto e tutti pur di arrivare primo, come stai vivendo? Ad ogni modo devo anche ammettere che la mia è una natura profondamente inquieta, mi accontento difficilmente, sono costantemente alla ricerca di qualcosa e vivo proiettato nel futuro cercando di organizzare quanto più possibile quello che dovrò fare e gli obbiettivi che cercherò di raggiungere. È altamente probabile, dunque, che questa inquietudine in qualche modo attraversi le mie canzoni, che la mia musica ne sia in un certo senso imperniata. Comunque ti dico la verità, se la mia musica serve a scuotere qualche mente, a farla riflettere, a creare un pensiero che non necessariamente sia uguale al mio, io ne sono più che felice.

Perché si suona poco dal vivo? È il sistema ad essere fallimentare o é colpa delle persone che hanno perso l’interesse nella musica?
Direi un po’ entrambi gli aspetti che porti come esempio. Il fallimento del sistema sta in una semplice legge economica, ovvero l’offerta è troppo alta rispetto alla domanda e in queste condizioni i prezzi crollano. Tradotto: una miriade di gruppi che non possono essere smaltiti dai locali presenti sul territorio e cachet che si abbassano a dismisura. Purtroppo il fatto che oggi suonano praticamente tutti non è che abbia portato dei grandi miglioramenti alla qualità della musica italiana, forse lo dico anche con un pizzico di presunzione perché suono da più di vent’anni ormai, ma tanti dischi pubblicati oggi sono davvero inutili. Ad ogni modo anche l’altro aspetto a cui accenni tu ha sicuramente contribuito in maniera determinante, la società dei consumi ha prodotto e continua a produrre persone che masticano velocemente tutto quello che viene proposto loro e sputano velocemente per passare alla cosa successiva. Non c’è tempo di assimilare, non si vuole approfondire, tutto è pericolosamente superficiale, e non soltanto nella musica ma nella vita in generale. Per cui se c’è il grande nome, quello sulla bocca di tutti in quel momento, allora si segue la massa altrimenti chi se ne fotte. Ma diciamoci la verità, non è seguendo questa strada che un popolo si evolve culturalmente.

Qualcosa che vorresti fortemente realizzare nel campo musicale nel futuro prossimo?
Come qualunque altro musicista, credo che l’obiettivo primario sia quello di far arrivare la mia musica a più persone possibile. In questo senso sento che con i Drunken Butterfly, pur non avendo raggiunto un successo conclamato, mi sono tolto davvero molte soddisfazioni, abbiamo prodotto diversi dischi che a mio modesto parere hanno una loro ragion d’essere, girato l’Italia con il furgone, conosciuto tantissime persone che ci hanno gratificato per la musica che abbiamo composto e lavorato con artisti e addetti ai lavori che stimiamo profondamente. Ora che mi sono lanciato in questa nuova avventura vorrei, per lo meno in una prima fase, riuscire ad ottenere con Krank tutto quello che ho ottenuto con i Drunken. Dopodiché spero di riuscire a mantenere una condizione in cui produrre la mia musica con regolarità e girare il più possibile per presentarla dal vivo. In questo momento sono molto soddisfatto di come è partito il progetto Krank, l’ep di esordio sta riscuotendo dei consensi praticamente unanimi e i primi concerti che ho fatto sono andati molto bene sia come risposta del pubblico che come vendite del merchandising. Sembrerà un’affermazione egoista ma sto lavorando tantissimo e ad una velocità che prima potevo soltanto sognare. Per cui che dir? Lunga vita a Krank!

Studio session – video

KRANK_Studio Session from Lorenzo Castiglioni on Vimeo.

Freedownload [ESCLUSIVA LOSTHIGHWAYS]

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