Quest’album di esordio del collettivo londinese, registrato con lo zampino di Andy Savours (My Bloody Valentine, Sigur Ros, Patrick Wolf, tra i tanti), vuole essere dichiaratamente una trasposizione fedele del sound live messo a punto in tre anni di attività, mescolando con virtuosa irruenza sperimentalismo rock, jazz e attitudini punk. Lo dimostra subito la dinamica apertura fatta di percussioni danzanti di Instrumental, un ritmo tiratissimo cui si aggiunge un fraseggio d’organo in trance ossessiva che va avanti ostinato come inceppato in un loop di follia, anche quando i fiati balcanici, che allargano il fronte d’azione sul versante etnico world, si trasformano improvvisamente nel set adrenalinico di un’avventura di James Bond. Athens, France si muove invece su un riff a metà tra i Red Hot e i Primus, con quel groove frizzante di basso sbilenco e voce parlante, aprendosi con chitarre squillanti come nei Physical Graffiti dei Led Zeppelin per poi planare su un piano meditativo, “It’s a great wide gulf between intentions and what ground met me“, vagando con la calda voce narrante di Isaac Wood e fiati che si gonfiano, fino a riavvolgere finalmente il nastro nell’ariosa coda, che si snoda su tenue, ripetuto fraseggio di sax. Science Fair, retta dal ritmo agitato quasi del solo charleston, è una dichiarazione montante di riscatto (“Okay, today, I hide away / But tomorrow, I take the reins“) che s’incunea tra fraseggi noise, violenze free jazz e mostruosi synth che sfociano in un nuovo episodio di Lark’s tongue in aspic dei King Crimson, disegnando un finale apocalittico. E dalle ceneri risorge come la Fenice una solitaria chitarra satura e distorta che riecheggia il lamento di una creatura ormai estinta, per questo la band inforca Sunglasses e parte per un nuovo viaggio, ancora nel segno di un post rock recitativo, sorretto dalla batteria su di giri di Charlie Wayne, che dilaga sulle trame dapprima epiche e poi disarmoniche e primordiali dei fiati. Ne scaturisce una nuova incarnazione, una reinvenzione distopica e spavalda dei crooner “I am ‘modern-Scott Walker’ / I am a surprisingly smooth talker / And I am invincible in these sunglasses“, macinando nel frullatore Les Claypol, free jazz e crossover. La classe della Penguin Cafe Orchestra rivive nell’incastro armonico di chitarra, violino e tastiera dissonante di Track X, la cui strofa viene modulata col sostegno ritmico di fiati velocissimi, aprendosi con leggiadri cori muti per le voci di Tyler Hyde e May Kershaw. Da quelle morbidezze deriva l’intro per chitarra, sax e violino di Opus , ma è solo un breve riscaldamento prima che si scateni la festa danzante di un film di Kusturica, un’orgia frenetica in cui il gatto nero e il gatto bianco si rincorrono con le code ritte, mentre un osservatore nascosto osserva le fiamme divampare rapidamente fino ad ardere tutto in inevitabile e caotico sacrificio.
Credits
Label: Ninja Tune – 2021
Line-up: Isaac Wood (vocals, guitar) – Tyler Hyde (bass) – Lewis Evans – (saxophone) – Georgia Ellery (violin) – May Kershaw (keyboards) – Charlie Wayne (drums) – Luke Mark (guitar)
Tracklist:
- Instrumental
- Athens, France
- Science Fair
- Sunglasses
- Track X
- Opus
Link: Sito Ufficiale Facebook