Quando la musica è arte pura e riesce a raccontare la poesia oscura della vita umana. La paura della morte e la malinconia del tempo bastardo che scorre inesorabile, richiedendoci solo lotta e resilienza, simboleggiati perfettamente dalla scultura Bagatelle di Janez Pirnat del 1975. Quanto la finzione diventa realtà, proprio nel quattordicesimo disco de The Cure ritroviamo un Robert Smith molto vicino a quella solitaria rock-star Cheyenne, interpretata magistralmente da Sean Penn nel film This Must Be the Place di Paolo Sorrentino. Songs Of A Lost World nasce dalle riflessioni di un uomo segnato dall’accettazione della caducità dell’essere umano (perdita del padre, della madre e del fratello di Smith, nonché una diagnosi di cancro per il tastierista O’Donnell). Questa è una raccolta di brani incentrati sui temi dell’amore, della perdita e del rimpianto. Il brano iniziale Alone fonde il trauma personale con la disperazione per la distruzione della Terra e l’impotenza dell’umanità di modificarla. In un mondo dove la musica è sottofondo di video Tik Tok, dove una canzone deve essere breve e immediata, Robert Smith chiede l’attesa di lunghe intro strumentali prima di ascoltare la sua imutata voce di ultimo bardo post-punk. Dal punto di vista “lirico” questo lavoro sembra essere in connessione spario-temporale con Faith del 1981 con Pornography del 1982, mentre dal punto di vista più strettamente musicale ci muoviamo nella densità orchestrale di Disintegration del 1989 e Bloodflowers del 2000. Lo squisito arrangiamento di pianoforte e archi e l’impennata delle tastiere della tenera And Nothing Is Forever sono un esempio. In questo brano e in I Can Never Say Goodbye e nella finale Endsong si può intercettare un ponte invisibile tra il post-punk ed il post-rock. Come se The Cure, fonte d’ispirazione di band come Mogwai e Sigur Rós contraccambiassero la reciproca influenza. A Fragile Thing riflette il suo ritornello di amore personale per il mondo naturale: “Questo amore è il mio tutto/Ma niente che tu possa fare/Per cambiare la fine”. La tempestosa e discordante burrasca di chitarre di Warsong accosta i drammi personali alle amare distruzioni della miseria, causata dalle macchinazioni geopolitiche. La psiche schizoide guidata dai bassi dell’agitato Drone:Nodrone è un dialogo introspettivo che si contorce dentro se stesso. Con i suoi 10 minuti Endsong rappresenta l’implacabile colpo d’addio di Smith. Songs of a Lost World è un vasto capolavoro di riflessioni malinconiche ambientate in un paesaggio sonoro sinfonico. È un disco che richiede di essere ascoltato per intero. Questo è il disco dell’anno senza se e senza ma.
Credits
Label: Universal – 2024
Label: Robert Smith (vocals, guitar, six-string bass, keyboards, songwriting, arrangements, production, mixing, recording assistance, sleeve concept, pictures of stone) – Simon Gallup (bass) – Jason Cooper (drums, percussion) – Roger O’Donnell (keyboards) – Reeves Gabrels (guitar)
Tracklist:
1. Alone
2. And Nothing Is Forever
3. A Fragile Thing
4. Warsong
5. Drone:Nodrone
6. I Can Never Say Goodbye
7. All I Ever Am
8. Endsong
Link: Sito Ufficiale.