Sono lei sei. Un mattino di qualche stagione. Il sonno è ancora lì, rappreso nei gesti umidi delle mani che mettono il caffè sul fuoco. Le mani di Abdul, ancora vivo. Le mani di un vedovo, nudo. Le mani di certe madri, coraggio. Fuori vorrebbe piovere. Lo vorrebbe un cielo petrolio che non riesce a sbadigliare via la notte. Accade, invece, un’alba sfacciata, di un sole rosso, basso, fedele. Lo specchio del bagno non somiglia a nessuno, ad esclusione degli occhi. In mezzo a quel volto, gli occhi restano un gesto estremo di resistenza. Gli occhi e il rumore dello sterno. Vedere e respirare, sentire. Niente zucchero nella tazza gialla. L’amaro in bocca mette malinconia e va bene così. La bocca di Marta, che si vende il corpo e la sete. La bocca di Rocco, che ha i giorni marci come i denti. La bocca di un padre, che ha quattro bocche da sfamare. Scendere le scale. O salirle. Uscire fuori e cercare in tasca una moneta, farla scivolare fra le dita, mentre la lingua fruga il palato perché la memoria, in fondo, è nascosta lì. Suonano campane, sirene, supposizioni, voci. Rimbomba il silenzio meschino delle suole abituate ad andare. Andare avanti. Sono le otto o forse è già un tramonto. Non importa? Dovrebbe importare. Batte il tocco. Sale la fame. Sale dallo stomaco allo stesso modo della rabbia, della storia, dell’amore. Sale e dovrebbe mordere, infettare. Invece un panino, qualche bestemmia, arrivederci. Non importa? Dovrebbe importare. Ancora un giro di giostra, un domani in meno, fermare il cuore a tradimento perché la notte non lo senta tremare. Succede. È l’ultima notte del suicida, la notte di mezzo del bottegaio, la notte a stento di chi non dorme nel suo letto, mai. Non importa? Dovrebbe. Ascolto Waterloo e dico che importa: quel paio d’occhi che resistono, il costato e la vita. Importano la dignità, l’informazione, la scelta, i mezzi. Contano i perché, certi laddove, le cause e gli effetti che contengono. Conta che sia giusto, fosse anche solo il consumarsi dell’amore. Operaio e colto, Waterloo è un disco rock, d’epidermide newyorkese, di carne e sangue nostrani, semplice come le storie che lo abitano, doloroso proprio come quelle storie. Talentuoso e in movimento, Waterloo è una domanda e certe risposte scomode, quelle che non si usano più, quelle che non piacciono a chi giudica eppure non vuole essere giudicato. Coinvolgente, godibile, attenta al rumore delle ossa del cuore: la musica delle volte arriva dove noi non abbiamo più voglia di andare. Non importa? Dovrebbe.
Credits
Label: Via Audio Records – 2011
Line-up: Fabrizio Coppola (voce, chitarre, strumentazione varia) con Paolo Perego (basso, batteria), Diego Galeri (batteria), Fabio Deotto (batteria) , Luca Tonani (basso), Lorenzo Corti (chitarre, track 3), Elena Taverna (cori, track 10) (batteria)
Tracklist:
- La stupidità
- Respirare Lavorare
- La mia rovina
- La ballata dell’uomoformica
- Ancora vivo
- L’altalena
- Ogni cosa è illuminata
- Al suolo
- Waterloo
- Verso casa
- Una luce che non spegni mai
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