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Strange Mercy – St. Vincent

Il fatto che la signorina Annie Clark con i primi due dischi ci abbia dato un’immagine di sé e della sua musica inquadrabile più o meno perfettamente nelle varie sfumature del sostantivo “grazia” non comporta come causa conseguente l’interpretazione del suo nuovo lavoro all’interno di tale stereotipo. Tempo ne è passato dal suo esordio del 2007 e non è un caso che, oggi, a quel sostantivo si sia affiancato l’aggettivo “strana”. E, del resto, basta scorrere con uno sguardo le copertine dei dichi in ordine cronologico per rendersi conto che qualcosa è cambiato.
Il punto risiede proprio qui: St. Vincent è cresciuta. E se i brani di Marry Me erano stati composti da una ragazzina alla fine dell’adolescenza che ancora aveva sperimentato poco e niente della vita, mentre Actor mostrava quel mondo un po’ fiabesco che i suoi arrangiamenti inevitabilmente tradivano, questo nuovo Strange Mercy è più viscerale, umano e quindi adulto. Non è un caso che siano scomparsi quasi del tutto quegli archi e fiati da orchestra da camera che avrebbero di certo distratto dal suo messaggio e che ci sia stata una decisa sterzata nei confronti di quello stile chitarristico lercio e asimmetrico, stracolmo di suoni ed effetti che la polistrumentista americana ha creato e perfezionato nel tempo. Tantomeno casuale è che a chitarre di ogni tipo ed ogni genere si accostino sempre synth e beat elettronici che diventano il principale contrappunto di tutti i brani, nonché segno preciso dei tempi che corrono. Così, sono proprio i riff di chitarra a rimanere impressi nella mente, tra lontani echi disneyani che ancora si mostrano, ritmiche disco dance anni ’70, strutture slegate che trovano sempre una risoluzione melodica stupefacente, attitudine punk rock, grooves coinvolgenti, solennità corale e assoli di synth estranianti. E le stesse chitarre, i synth e i beats rimangono centrali anche quando si rallenta e viene fuori la co-protagonista di questo grande spettacolo: la voce soave della Clark. St. Vincent è cresciuta e quello dei suoi 28 anni, con la conseguente perdita della giovinezza, è un argomento più volte ribadito all’interno del disco (Northern Lights, Champagne Year), tra versioni sadomaso del film di Rohmer del 1972 (Chloe in the Afternoon), sentenze sul corpo come oggetto del desiderio sessuale (Cruel), demistificazione della figura della Cheerleader, riferimenti alla morte (Hysterical Strenght), strane profezie (Dilettante) e chiare riflessioni sui tempi moderni, sulla fine del capitalismo e la recessione dell’attuale società americana (Year of the Tiger). Ed è proprio il contrasto (sapientemente cercato) tra questa violenza, rabbia, mistero e l’immagine angelicamente perfetta che Annie Clark ha sempre mostrato di se stessa, sostenuta dai toni della sua voce sottile, tenue, quasi bambinesca, a costituire uno dei punti più interessanti ed intriganti dell’intero lavoro.
Un bel passo avanti nella direzione di uno sviluppo del suo percorso artistico, realizzato con la sapienza e la capacità che ci si aspetterebbe da una che ha già sfornato due ottimi dischi e lavorato per Polyphonic Spree e, soprattutto, per Sufjan Stevens.
Strange Mercy è, di certo, l’album più potente di St.Vincent, una potenza che si esprime attraverso la sincera umanità delle tematiche e quella sua chitarra elettrica che tanto fa godere l’udito.

Credits

Label: 4AD – 2011

Line-up: Daniel Hart (additional string arrangements, violin) – John Congleton (drum programming, producer) – McKenzie Smith (drum kit) – Phil Palazzolo (additional woodwind engineering) – Brian LeBarton (additional keyboards) – Evan Smith (saxophone, clarinet, flute) – Bobby Sparks (synthesizer, clavinet, electric piano) – Annie Clark (vocals, guitars, keyboards)

Tracklist:

  1. Chloe in the Afternoon
  2. Cruel
  3. Cheerleader
  4. Surgeon
  5. Northern Lights
  6. Strange Mercy
  7. Neutered Fruit
  8. Champagne Year
  9. Dilettante
  10. Hysterical Strenght
  11. Year of the TIger

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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