Come musicare un’opera letteraria nell’anno corrente. Come musicare la decadenza nata dalla mente di Frank Wedekind, nel 1904, e catalizzarla in quella dell’anno corrente. 2011: il trasformista metropolitano Lou Reed ed i santoni del trash metal Metallica arrivano a collisione. La galassia del glam rock si fonde con quella dell’heavy metal. Nasce Lulu. Oltre 87 minuti di singhiozzi e deliri. Chi teme il risultato copia e incolla per due generi diversi tra loro sbaglia. Il primo ascolto disarma, disorienta. Ma non è un lavoro di cui si può parlare senza approfondirne l’ascolto. Anche questo è essere artisti: sperimentare, osare. Provocare. Al Brandenburg gate un arpeggio di chitarra stende un tappeto di velluto rosso ed il parlato di Lou accorda una calda, tenera, black vision del mondo attraverso gli occhi di una small town girl. La protagonista di questi vagiti metallizzati è Lulu, donna serpe in seno della morale borghese della società da sempre in cerca di capri espiatori. Lo spettro del sesso sopra ogni cosa. A replicare la ferocia della stretta dimensione di Lulu viene la batteria di Lars Ulrich a pioggia fitta. A James Hetfield spetta l’incursione di voce per alcune strofe. The View è il primo singolo estratto dall’album. Lou si immola nei versi che declama, gli corre appresso, li affossa mentre il costrutto sonoro, compatto e denso, è un pesante muro di chitarre e batteria. Alienante l’intro di Pumping Blood dove un violino elettrico e un drone armonico ci guida verso una spirale di accelerazione sonica stregonesca. Batteria che gioca con colpi sospesi e ripresi si ingolfa in un turbine ed infine si placa. Un bordone di organo a corteggiare con blasfemia l’apertura di Mistress Dread. Riff vorticosi segnano la materia prima dei Metallica, e tocca corde dell’inconscio questa dualità: la dolente, profetica lentezza di Lou Reed e lo sfrigolante vigore della base heavy metal. “You can’t put a butterfly in a jar”, indugia Iced Honey, in un rock’n’roll aggressivo dove non c’è spazio per la melanconia. Un languore in sordina si fa strada all’inizio di Cheat on me con un violino languido, a tratti ursigno. Consapevole è Lulu della sua vita volta alla scoperta di piaceri e di lussi dei più edonistici. Non vuole fermarsi. Perché dovrebbe farlo quando alla fine dei giochi c’è solo un’unica grande verità? “Your love means zero to me/a passionateless wave”: nell’ampia spira del cuore d’amore annichilito si consumano le voci di Lou ed Hetfield che si fanno eco. Con Frustration siamo nel secondo disco. Acido l’inizio, un muro di suono impastato con lo stoner, costellato dalla suburbana e notturna interpretazione di Lou. Little dog è una storiella rimata dei bassifondi. “You sniff your shit in the wind”, una sospensione acustica nell’inferno sonoro. Dragon: 11 minuti e più di sperimentazioni e divagazioni elettriche. Ci passano in mezzo i Velvet Underground, si distingue la vera natura di Lou Reed. Fino a quando il tempo accelera, scroscio ossessivo di batteria e chitarre. Fino a che ci si imbatte in Junior’s Dad. 20 minuti di visione della propria linea: dalla vita alla morte. Con la faccia di tuo padre che invecchia, con la tua faccia che diverrà come la sua. Una chitarra ci fa galleggiare via assieme all’idea di avere un destino comune. Archi a rischiarare la ferocia di ciò che si intravede. E così sgonfia il phatos ebbro inscenato per tutto il tempo.
Credits
Label: Warner Records – 2011
Line-up: Lou Reed & Metallica
Tracklist:
- Brandenburg gate
- The view
- Pumping blood
- Mistress dread
- Iced honey
- Cheat on me
- Frustration
- Littledog
- Dragon
- Junior dad
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