Ricordo la prima volta che ho visto Samuele Bersani dal vivo: sono passati quasi vent’anni. All’epoca aveva appena pubblicato Freak, quello che sarebbe diventato uno dei suoi tormentoni, ed era un ventenne che suonava alla festa de l’Unità di un paesotto disperso in mezzo alle campagne emiliane per cercare di farsi conoscere. Poi l’ho rivisto una decina di anni dopo. Altra situazione, altro pubblico per lui che nel frattempo aveva iniziato a riscuotere anche più successo, ma era sempre lo stesso: un ragazzo che s’intimidiva se andavi a chiedergli un autografo e che sul palco si divertiva divertendo chi gli stava davanti. Un artista che mi ha innamorato dal vivo per la sua gentilezza, per il suo modo di rapportarsi con il pubblico. Così, quando ho visto che sarebbe tornato dalle mie parti, ho preso la palla al balzo per andarlo a risentire.
L’occasione è un po’ particolare: la notte bianca di Scandiano. Arrivare lì vuol dire trovarsi al centro di una festa continua. Bambini che giocano in una fontana, artisti di strada ad ogni angolo, piazze trasformate in palchi dai quali riecheggia ogni tipo di musica. E poi profumi, colori, luci. Girando per il paese in cerca di Piazza Fiume incontri il viso di Marilyn e quello di Charlie Chaplin che ti guardano dalle pareti dove sono stati disegnati. C’è pure Pasolini davanti alla splendida rocca che ospita una mostra. Poi finalmente incontri il palco, quello che sta attendendo l’arrivo di Samuele Bersani. Piazza Fiume inizia a riempirsi: famiglie con bambini piccoli, anziani, giovani: un pubblico eterogeneo si sta assiepando davanti alle transenne per una serata che si annuncia speciale. Puntuale come un orologio svizzero, alle 23.45 l’artista romagnolo sale sul palco. Stasera si festeggiano vent’anni di carriera, vent’anni di palchi, di canzoni racchiuse nell’album Psyco, pubblicato dopo l’ultimo festival di Sanremo. “Crazy Boy oggi fa la mummia/ gira attorno alla sua colonna/ nel palazzo del museo”. La partenza è affidata a Crazy Boy, brano riproposto anche da Fiorella Mannoia. Il palco è cambiato, Samuele è cambiato. Non è più un ragazzino che prova a fare canzoni, ma un uomo che ha sfornato successi e si è conquistato una bella fetta di pubblico. Però una cosa è rimasta sempre la stessa: il suo sorriso, il suo modo di stare sul palco e di relazionarsi. Stupisce ritrovare lo stesso spirito, la stessa sincerità e quel modo di offrirsi che lo rende speciale. Per quasi due ore (un’ordinanza del sindaco obbliga l’artista e la sua band a chiudere i battenti all’1.30) le note riecheggiano tra le mura dei palazzi che circondano la piazza. Canzoni che emozionano, che stringono il cuore come Spaccacuore, Giudizi universali, Il mostro si alternano a brani più divertenti, da cantare e saltare come Freak o Chicco e Spillo. Samuele Bersani si rivela un ottimo artista, ma anche un grande intrattenitore: dal palco racconta aneddoti, parla con il pubblico, spiega la sua amicizia con il suo grande maestro, quel Lucio Dalla che per primo ha creduto in lui e lo ricorda attraverso le note di Canzone, brano inciso dall’artista bolognese, ma scritto dall’emiliano. Coccodrilli fa saltare la platea, Replay fa pensare che “Dentro al replay/ fra miliardi di altri ci sei” e che è davvero bello esserci. Non mancano le note di Un pallone e Psyco, i due inediti contenuti nell’ultima raccolta di successi. Sul finale arrivano anche le note di Cosa vuoi da me. E così quasi due ore volano via e manco te ne accorgi. Una serata da vivere intensamente grazie ad un artista unico che prima di lasciare il microfono trova pure il tempo per salutare un bambino che ha passato tutta la serata sulle spalle di suo padre. Sceso dal palco, Samuele si è fermato dietro le transenne per salutare e dimostrare ancora una volta la sua umiltà e quanto voglia bene al suo pubblico che lo ricambia.
Finita la musica torni a casa con tanta serenità dentro, con la consapevolezza di aver passato una serata speciale che ti porterai dentro per un bel po’. Il giorno dopo accendi il pc e dalle pagine di un social network escono queste parole:
“Suonare, cantare dal vivo. Non chiedo altro. Sognavo di fare questo lavoro già a 4 anni. Al di là della crisi discografica, al di là delle crisi generali, oggi mi ritengo a dir poco fortunato. Dopo 20 anni continuo a scrivere le mie canzoni così poco rassicuranti e incontro sempre gente nuova (bambini in piazza che danzano appollaiati sulla schiena dei loro padri) o rivedo persone che nel frattempo insieme a me sono cresciute (e invecchiate). Poi torno a casa e c’è il vuoto. Tutto d’un tratto si sente -eccome- che già mi mancate. Samu”
Grazie Samu per essere un grande Artista, ma prima di tutto un grande Uomo. Grazie per le emozioni che da vent’anni continui a regalare. (Foto di Katia Arduini)