“Alle Sirene giungerai da prima, / che affascìnan chïunque i lidi loro / con la sua prora veleggiando tocca”. Così Circe, nell’Odissea, mette in guardia Ulisse dal canto ammaliatore delle sirene, rischio fatale. Come fatale e inevitabile è cadere nella rete della voce maliarda di Thony, nome d’arte di Federica Victoria Caiozzo, di origini siculo-polacche, ma d’adozione romana. Eppure non v’è prigione più dolce e desiderabile. Attiva da vari anni, dopo alcune demo promettenti e un primo album, With the green in my mouth (2011), in free download nello spazio mediatico, l’imprevisto ci mette lo zampino e – per questo giro – occorre decisamente essergliene grati. Il noto regista Paolo Virzì scopre la pagina MysSpace di Federica, rimanendo folgorato dai suoi brani. È esattamente quello che stava cercando per la colonna sonora di Tutti i santi giorni, il suo nuovo film all’orizzonte, liberamente tratto dal primo romanzo di Simone Lenzi (frontman dei Virginiana Miller), La generazione. La sorpresa ulteriore arriva quando Thony viene scelta anche per la parte della protagonista, una cantautrice stralunata, donna fragile e bellissima, alle prese con un forte desiderio di maternità e la precarietà dei nostri giorni. L’11 ottobre scorso arrivano i frutti visibili degli ultimi mesi: una data univoca per l’uscita del film Tutti i santi giorni – Thony/Antonia è incantevole – e, quel che più ci interessa, del secondo disco, Birds (anche colonna sonora del lungometraggio), finalmente su supporto fisico.
14 tracce – di cui quattro qui confluite dal precedente lavoro – che invitano l’ascoltatore ad una confidenza senza eguali. L’intero album è percorso da una forte vena intimista, impreziosita da una ricerca dei suoni e della scrittura prepotentemente delicata e sorprendente. Non si torna indietro. Ogni brano si dà cambio con l’altro, lasciandoci storditi da carezze musicali tanto pungenti, da una voce calda e ineffabile che la avvicina alla suadente Feist. Lungo la scia di un folk-rock arricchito di tinte soul la chitarra gioca le sue carte migliori e s’intreccia con l’eleganza degli archi (Nick Drake docet), strizzando un originale occhiolino al miglior cantautorato femminile di respiro internazionale. In Time speaks la vita scorre, mentre la comunicazione scompare tra i due amanti, la luna si fa nera e il terrore non cede. Le note, poche ed esatte, calibrano l’animo di chi ascolta e lo preparano alla stanza segreta in cui possa aver luogo la rivelazione, mentre gli uccelli cinguettano fuori dalla finestra. Quick steps fa i conti con l’inganno delle “buone” partenze e delle troppe fermate in cui perdersi; i suoni affabulatori di una clavietta e delle percussioni aprono però la melodia ad una consapevolezza più libera dai tormenti e dalle colpe del passato (pur sempre in agguato), in una tensione continua, bisognosa di un risveglio d’amore. Flowers blossom è una deliziosa ballata, in cui il lungo arpeggio iniziale vuole accaparrarsi l’attenzione di chi assiste a tale “fioritura”. Brano commovente quanto essenziale, che racconta di un percorso di accettazione e maturazione. Chiosa la promessa di un amore che guarirà ogni paura, a dispetto di una precarietà dilagante. Clap e cori introducono e sostengono Paper cup, graziosamente pop, in cui a farla da padrone è un sentimento contrastato, eppure inevitabile, perché brulica sotto ogni centimetro di pelle. Dapprima cupa, Promises lamenta le promesse non mantenute; la batteria scandisce la lenta rassegnazione di una perdita e l’inverno piove addosso; eppure aperture inaspettate lasciano fluire lontano l’amarezza e un urlo sussurrato si leva contro il nonsenso. L’attacco accigliato di Water, lascia poi spazio a note più distese, che decidono di raccontarsi, con uno sguardo trasognato su quella culla che è il mare: la passione porta alla passione e sempre la passione alimenta la passione. Tre i pezzi strumentali: il banjo iniziale di Blue Wolf carica la molla di un antico carillon dai risvolti magici. Nella drammaticità dei suoni, il violoncello cresce in ampie pennellate circolari, tanto da rendere incontrovertibile un dolore che aleggia. Tende cristalline scuotono l’aria e la voce soffia fuori vocali e grigiori. Near to zero è un dialogo intimo tra piano e chitarra, che si ha il privilegio di spiare. Nulla è caricato, è un’atmosfera di neve, la sofficità del non detto. In Birds interlude – altra traccia strumentale – le luci appaiono sempre soffuse, appena accennate. Forse è l’alba e si attende sulla banchina di un molo. La titletrack sputa fuori il dubbio e il malessere, con un orizzonte allargato sul finale: mostra ancora una volta l’onestà di una ricerca che, lungo tutto il disco, non vuole accattivarsi le simpatie di alcuno, quanto piuttosto dar accesso agli scantinati malridotti dell’animo, per raccontarne comunque l’esistenza e l’insospettabile bellezza. La malinconica Dim light, brano di grande suggestione che sorride a Jeff Buckley, costringe ad abbandonarsi totalmente – se non fosse fin qui già accaduto – alla voce abissale di Thony e ad un amore che sembra alleviare e incantare tutto, per condividerne la rarità, senza imbellettamenti superflui e inutili. Piuttosto diversa dagli altri pezzi, con un piglio più rock e aggressivo – Cat Power risponde all’appello –si propone Sam: un lamento a cielo aperto, dove una storia sull’orlo del fallimento crea ossessioni e cinismo, raggrinzando le pieghe del cuore. La raffinata Home ha sapor di miele. È un ritorno a casa, trasportati da un violoncello che preannuncia una rinascita. La purezza che osa, perché sa che non c’è nulla da temere. Commemorando questa gioia futura, ci si dissolve nel blu di Nyctinasty, dove la voce cambia le regole del gioco, fiorisce e si disperde in ogni direzione: rincorrersi si rivela una dolce confusione, in cui a prevalere è la voglia di affrontare il nuovo giorno che è arrivato, uscendo allo scoperto.
L’intero album è un atto di coraggio, musicale ed emotivo, che recupera un intuito dimenticato dal tempo, una voce primordiale, e non si risparmia nell’indagine dei chiaroscuri: “È imbarazzante questo sentire / si sgrana nel rosario degli alberi / spinoso e denso – così impulsivo / mette un seme che immediato germoglia / come le felci invade il sottobosco / del mio resistere” (Antonella Bukovaz). Thony da brividi.
Credits
Label: Gdm Music / Sony Publishing – 2012
Line-up: Hanno suonato: Thony (chitarra acustica e classica, chitarra elettrica, ukulele, piano, violini pizzicato, zither, voci) – Leonardo Milani (synth, piano preparato, chitarra e ukulelesu Blue Wolf, piano su Home, batteria su Sam) – Francesco Arcuri (kalimba, autoharp, ukulele e sega musicale su Quick steps, banjo su Paper Cup) – Stefano Mariani (wurli, piano e basso su Paper Cup) – Giuliano Dottori (basso, piano, seconda chitarra su Promises) – Leziero Reascigno (batteria su Dim Light e paper Cup) – Daniele Cerofolini (Batteria su promises e Quick Steps, cori su Paper Cup) – Andrea Ruggiero (violino) – Zsuzsanna Krasznai (violoncello) – Gabriele Lazzarotti (basso su Dim Light) – Pepe Ragonese (tromba e flicorno su Promises) – Cisco Portone (marimba su Dim Light) – Sergio Cocchi (cori su Paper Cup) – Matan Rochlitz (cori su Birds). Prodotto da Thony (quick steps, Paper cup, Dim light e Promises coprodotte con Stefano Mariani). Tutte le canzoni sono scritte da Federica Caiozzo in arte Thony, ad eccezione di Home, Blue wolf, Sam (F. Caiozzo / L. Milani), Quick steps (F. Caiozzo / F. Arcuri)
Tracklist:
- Time speaks
- Quick steps
- Flowers blossom
- Paper cup
- Promises
- Water
- Blue Wolf
- Birds
- Dim light
- Sam
- Near to zero
- Home
- Birds interlude
- Nictynasty
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