LostHighways ama fermarsi agli incroci delle strade ed osservare. La strada della musica (a noi più affine e prediletta) è disseminata di incroci entusiasmanti. Oltre al cinema ed alla letteratura, sovente si può incontrare l’immagine, in tutte le sue forme. In uno di questi incroci abbiamo osservato il ricco lavoro di Gianluca Costantini, ci ha incuriosito ed infine proprio a lui abbiamo chiesto un passaggio. Curiosi, abbiamo domandato dei suoi progetti, delle evoluzioni del fumetto, cercando (e trovando) parallelismi con il mondo della musica.
Verso la fine del 2013, Giuda Edizioni ha pubblicato Cattive Abitudini, un volume nato dall’incontro di Gianluca Costantini con i testi di Emidio Clementi tratti dal penultimo album in studio dei Massimo Volume, uscito nel 2010. Da questo lavoro è iniziata la nostra chiacchierata.
Entrambi insegnate all’Accademia di Belle Arti di Bologna (“Arte del fumetto” per te, “Scrittura creativa” per Clementi) ma dubito che vi siate incontrati per la prima volta in aula docenti: quando vi siete conosciuti?
In verità è avvenuto proprio così: ci siamo conosciuti per la prima volta in Accademia. Mentre cercavamo di intrecciare le due materie, cosa poi sfociata nel progetto My Back Pages, abbiamo deciso di fare qualcosa insieme. Visto che funzionava con i ragazzi avrebbe potuto funzionare anche con noi.
Come è nata la collaborazione per Cattive abitudini, e su iniziativa di chi?
Io volevo realizzare un libro interamente da un album dei Massimo Volume, usando tutte le canzoni. Alla fine abbiamo scelto Cattive abitudini perchè aveva testi molto visionari e affascinanti.
Puoi raccontarci come si è sviluppato il lavoro? I testi dei brani ovviamente erano già pronti, con il loro carico di immaginario scaturito dalle canzoni, pertanto mi chiedo come ti sei mosso in questo campo (per niente sgombro) e se con Clementi c’è stato uno scambio durante il tuo lavoro oppure solo al termine.
Ho affrontato canzone per canzone, cambiando lo stile in modo da adattarsi alle parole. Le canzoni non sono semplici e i disegni non dovevano essere un banale accompagnamento alle parole. Emidio ogni tanto mi spiegava qualcosa, ma dopo un po’ il lavoro si è fuso facilmente.
Nei vari brani hai utilizzato differenti stili e tecniche: come sono nate queste scelte? Puoi farci un esempio?
In tutti i miei libri lo stile e la tecnica si adattano al contenuto del testo, queste canzoni avevano bisogno di disegni morbidi e caldi. Ci sono molte tecniche che vanno dalla matita alle foto, alla computer grafica. Non ci sono limiti.
Il tuo lavoro di fumettista ed illustratore si è incrociato altre volte con la musica in modo più o meno diretto. È recente la pubblicazione Bronson Drawings, ampia raccolta di tuoi disegni che raffigurano molti tra i tanti artisti/musicisti che hanno calcato il palco del Bronson di Madonna dell’Albero (RA). Com’è nato questo lavoro e perchè?
Circa due anni fa ho disegnato Maria Antonietta che suonava al Bronson, così per caso e divertimento. Il disegno è piaciuto molto e così abbiamo deciso di seguire le date dei concerti del locale con i disegni. Alla fine ne abbiamo fatto una selezione pubblicata in libro, ormai sono veramente tanti disegni.
In rete ho trovato un altro punto d’incontro tra il tuo tratto e la musica: This song is not a love song, un progetto originale ed interessante per il quale hai lavorato alla prima delle 28 pubblicazioni. Ce ne puoi parlare?
Sono stato contattato da Andrea Provinciali che stava organizzando questo progetto. Così ho potuto scegliere una canzone da una lunga lista (Heroes); sono sempre stato affascinato da David Bowie, dalla sua immagine e dai suoi testi… la scelta è stata semplice ed emotiva.
Il tuo lavoro, però, si concentra principalmente su una strada ben precisa quanto varia: l’attivismo grafico. Perchè per te è così importante il “graphic journalism”? Dove e quando è nata in te questa “necessità”?
Il mio lavoro in verità è un ibrido, non un vero e proprio graphic journalism. I miei disegni, che sono iniziati nel 2004, raccontano da lontano quello che avviene. Sono flash di notizie, spesso minori che prendono importanza grazie al disegno. Sono tutti raccolti nel sito Political Comics. Con l’arrivo dei social network poi questi disegni sono entrati nelle vite di chi veramente vive gli avvenimenti.
Giuda Edizioni è una tua creazione della quale sei anche direttore artistico. In cosa si distingue questo progetto editoriale? Cosa significa il motto “Arte è potere”?
In Giuda tutto è provocatorio, il disegno e i contenuti prendono strade strane e avventurose. Abbiamo pubblicato ormai più di venti titoli tutti molto diversi tra loro ma che sono accomunati dalla sperimentazione, sia narrativa che grafica. L’arte è rivoluzione, un potere alternativo al potere ufficiale, anche artistico.
La tecnologia, e le nuove possibilità che essa offre in termini di produzione e diffusione/fruizione, è vista nel mondo musicale in modo contrastante. Alcuni demonizzano tutto ciò che riguarda il download o lo streaming, per esempio, altri la considerano l’unica via. Tu sei molto presente ed attivo sul web, hai realizzato siti e piattaforme molto interessanti, e leggendo un’intervista (sempre online) datata 2001 sono venuto a conoscenza della pubblicazione di una raccolta di tue opere su CD-ROM, cosa che 13 anni fa era forse rivoluzionaria! Quale pensi sarà la strada del futuro per il fumetto?
Per quanto mi riguarda non è l’unica via ma una via alternativa. Quello che si pubblica on-line è molto diverso dalla pubblicazione cartacea. Il mio primo sito web è datato 1996, parliamo veramente di tanti anni fa, ed è proseguita con la bella esperienza di inguine.net con la quale abbiamo sperimentato la narrazione on-line del fumetto già dal 2000 in poi. Adesso per quanto mi riguarda molti progetti partono e rimangono solo on-line. Il mio intento è comunicare, e questo è lo strumento più veloce e diretto.
Sì, il cd-rom venne fatto dallo Sciacallo Elettronico tanti anni fa… fu molto avveniristico, in pochi lo capivano.
Il tuo ultimo lavoro pubblicato è Arrivederci, Berlinguer (BeccoGiallo, testi di Elettra Stamboulis) ed immagino non sia stato facile umanamente ed artisticamente rapportarsi ad un personaggio di tale rilievo. Cos’altro troveremo prossimamente sugli scaffali (o nel web)?
Sì, non è stato facile, ma è stato allo stesso tempo divertente. Si parlava parallelamente degli anni ’80 e, come saprai, sono stati anni strani e variegati. Molti progetti si stanno ora muovendo, l’ultimissimo ha come sito di riferimento www.untitled.org.uk. Si tratta di un racconto disegnato del mondo dell’arte contemporanea.
In questi ultimi tempi il fumetto sta ottenendo una sorta di riconoscimento pubblico e popolare: penso al recente successo commerciale di alcuni fumettisti italiani, penso al chiacchierìo intorno alla proposta di candidatura dell’ultima opera di Gipi al Premio Strega, penso alle tue rubriche tenute su diverse testate… ecc. Il fumetto sta uscendo dai soliti spazi. Vedi questo sviluppo come qualcosa di reale e profondo o forse, cinicamente, una “moda del momento”?
È sicuramente un momento vitale, spesso entusiasmante. Il fumetto sta avendo degli sviluppi impensati. Si può fare di tutto e c’è molta attenzione. Naturalmente ci sono anche delle brutte cose ma anche delle cose bellissime e nuove.
Per quanto mi riguarda, io sono un “artista” che si muove anche dentro il fumetto, a me interessa il disegno in tutte le sue forme e in questo momento sono molto dentro al fumetto perchè è molto vitale.