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Nessuno si deve mettere a sedere! Ripartenza!: intervista ai Fragil Vida

inte_FragilVida_IMG_1La Fabbrica Etichetta indipendente ha portato nuovamente i suoi Fragil Vida a Bologna. La location è nel cuore pulsante dello storico Pratello, al Barazzo Live. La forza empatica dei Fragil Vida ha conquistato tutti coloro che sono entrati nel locale, compreso anche uno dei personaggi più pittoreschi e conosciuti di Via del Pratello in una sorta di battesimo del fuoco per il nuovo album, Papà ha detto che la vostra musica è schifosa, che la band emiliana ha presentato.
Prima del live, tra la cena ed il caffè, abbiamo incontrato la band al completo per una lunga e calorosissima chiacchierata. Per tutti coloro che sono di passaggio su questa pagina virtuale, l’invito è di fermarsi, leggere, lasciarsi trasportare dall’entusiasmo della band e riscoprire lo stupore!

L’ultimo nostro incontro ufficiale risale al lontano 2011. Era appena uscito il vostro disco Giorni Sospesi. A distanza di 3 anni ci ritroviamo per parlare del vostro nuovo album. È da una vita che suonate: sinceramente, all’inizio, pensavate davvero che tutto questo potesse durare così a lungo?
David: Io ci ho sempre creduto! All’inizio il nostro era un progetto cantautorale più rock, poi dal 2000 sono entrati Diego e G (Gianluca Galletti,ndr) e con lui è entrato il teatro. Da lì è partito il vero e proprio progetto Fragil Vida, e tuttora siamo quello che da quei giorni abbiamo voluto essere. Il nuovo album è composto da 15 canzoni, è il nostro settimo album in carriera (quinto in studio). È il nostro terzo album con La Fabbrica che questa volta ci ha aiutato sia con il booking che con la realizzazione del disco.

Nella nostra precedente chiacchierata si era anche parlato di come gli eventi della vita avessero mutato voi ed ispirato i vostri brani. In particolare David diceva di essere diventato papà. In questi tre anni sicuramente sono successe tantissime cose nelle vite di ognuno di voi, ma una cosa vi accomuna più delle altre: il terremoto emiliano. Usciamo dall’ambito musicale ed entriamo in quello puramente umano: cos’è un terremoto per chi non lo ha mai vissuto veramente?
G: Il terremoto è stato per noi “una fine ed un inizio”. Noi viviamo sul primo epicentro del terremoto emiliano del 20 Maggio 2012, dunque possiamo dire di aver vissuto il terremoto veramente. Mi accorgo, a distanza di tempo, che abbiamo cavalcato questa situazione del terremoto… sia a livello creativo che in termini di “vita” non avevamo voglia di suonarcela e cantarcela, lisciandoci le penne dicendo “come siamo bravi noi emiliani”, “ce la facciamo lo stesso”, ecc… questo porta dentro sempre e comunque una componente di vittimismo. Noi abbiamo voluto saltare questo, come dovrebbe fare chiunque intende lavorare con la creatività. Nel nostro disco il tema del terremoto è presente non come narrazione dell’esperienza (seppur violenta e forte) ma come ripartenza nel vivere e vedere le cose. L’essenziale, asciugare il tutto per arrivare allo scopo, ciò che veramente vuoi. Noi ci siamo trovati davanti al pensiero “qua si muore”, io stesso me lo sono detto. Questo aiuta a comprende ciò che serve davvero nella vita. Il disco infatti suona più irruento, più teso. Sarebbe stato un album diverso senza questo evento.

E per un musicista cosa significa la parola terremoto?
David: Più che come musicista, la cosa che ha stupito è riconoscere una comunità. Per esempio: il vicino di casa che solitamente non vedevi mai… adesso puoi dire di averci convissuto in tenda per due mesi, e per un motivo o per l’altro ci si aiutava. Per il musicista, invece… il nostro circolo musicale è stato danneggiato. Abbiamo suonato a diversi concerti di beneficienza; la nostra stessa etichetta ha raccolto una somma che poi è stata consegnata al nostro sindaco.
Daniele: Siamo dovuti stare fermi del tempo. I tempi del disco sono cambiati, doveva uscire prima, invece è uscito solo da poco. Sono cambiate molte cose.

Ma la sala prove ora?
Daniele: Ora è perfetta!
G: Da maggio a Novembre 2012 siamo stati fermi. Poi è giunto l’aiuto de La Tempesta ed altre band, come Lo Stato Sociale, i Gazebo Penguins. A Castelfranco realizzarono un evento, AbbassaFestival, nel quale raccolsero diverse migliaia di euro proprio per il circolo musicale.
David: Fra non molto tempo, il 28 e 29 Giugno, al LatoB di Finale Emilia, ci sarà la “seconda festa del ringraziamento”.
G: Nella prima le band vennero a salutare il circolo che loro stessi avevano salvato! Tutta la situazione del circolo LatoB è probabilmente unica in Italia: è nato alla fine degli anni ’80 – inizio ’90 dal connubio tra i musicisti del tempo (Libero Superbi, che è ancora il Presidente, la Flowers Blues Band, gruppi storici del nostro territorio) ed in accordo con il sindaco hanno preso in gestione con un comodato gratuito le scuole elementari di Canaletto, una frazione di Finale. Ci troviamo con sei sale prove, una trentina di band a rotazione, a gestirlo autonomamente pagando solo le spese vive. Tu capisci che per i gruppi della zona è fantastico! Noi abbiamo bisnonni, nonni, padri che hanno suonato e figli che ora suonano: una normalità che è stata ripristinata con l’aiuto di altri musicisti.

inte_FragilVida_IMG_2Ora parliamo del vostro album. Il titolo è fantastico. Quando l’ormai famoso bambino salito sul palco vi ha detto quelle parole… come avete reagito?
G: È successo a Seccagrande, vicino a Sciacca in Sicilia. Tutto è nato perchè ci era saltata una data e ci siamo trovati un pomeriggio in questa spiaggia con una casetta di legno, un bar, ed abbiamo chiesto al ragazzo che lo gestiva se potevamo suonare lì. Così lui ha incominciato a fare telefonate, mandare messaggi, invitando un po’ di gente a venire al concerto. Mentre noi stavamo montando tutto su questo palco improvvisato (poco più di un’aiuola abbandonata) un bambino ha iniziato a saltare da tutte le parti, diventando subito la mascotte! Abbiamo un po’ giocato, scherzato, lo abbiamo preso in braccio… poi abbiamo iniziato a concentrarci per preparare il live, e lui non è stato più considerato. Dopo essere corso dal papà è tornato e di fianco a me al microfono ha urlato: “Papà ha detto che la vostra musica è schifosa!”, e tutti hanno applaudito ridendo!
Daniele: L’idea del titolo poi è venuta dopo, ci scherzavamo sopra, e ci è sembrata carina. È diventato il nostro tormentone, poi il titolo dell’album.

Questo è un disco particolarmente lungo, ricco di brani ma anche diverso dai precedenti. Come si sono sviluppati i brani e a quando risalgono?
David: Sì, alcuni testi risalgono addirittura anche a più di dieci anni fa. È un album più cantautorale degli altri, con varie tematiche affrontate. Ma è soprattutto grazie al grande lavoro di Diego che il disco è riuscito con ben quindici canzoni.
Diego: In realtà abbiamo fatto un lavoro usuale per molti gruppi, ma che noi non avevamo mai fatto: lavorare su dei provini. Con una tecnologia base come una scheda audio ed un portatile in sala prove abbiamo iniziato a registrare i provini già a metronomo, che poi sono diventati i punti di partenza per le registrazioni. Tenendo a casa tutto il materiale, eventuali integrazioni le provavo io con gli strumenti, poi le proponevo ai ragazzi. Così facendo si è potuto guadagnare molto tempo. C’è stato molto lavoro prima delle registrazioni, ma anche durante (a fasi alterne, siamo stati in studio sei mesi).
David: Abbiamo inserito anche strumenti nuovi e collaborazioni. Ad esempio c’è il trombone, poi canta con noi Massimiliano Cranchi (un cantautore mantovano), c’è il bandoneòn…
G: Ora Diego ha fatto molto del lavoro che fino al 2011 faceva con noi Francesco Bori prima di allontanarsi (al basso ora abbiamo Luca Cotti). Quel lavoro che dava struttura e sonorità ora lo ha svolto Diego. Prima c’era una componente più jazz, c’era bossanova, del popolare… ora è in parte diverso. Uno stacco notevole dato però da un normale fluire. Le sonorità che abbiamo inserito… ce le siamo prese! Con questo album abbiamo fotografato quello che siamo ora, al cento per cento. Infatti ci siamo accorti che in questo momento siamo, dal punto di vista creativo, completamente vuoti! Abbiamo messo tutto dentro questo disco che adesso ci rappresenta al meglio. Forse solo un brano è rimasto fuori, La fatica.
David: Però il tema trattato in quel pezzo è ripreso in
Siamo sempre in giro, che vuole essere anche una dedica ai tanti amici, specialmente del sud, che abbiamo incontrato suonando.
Daniele: Credo si senta molto anche sotto al palco, che era forte in noi l’esigenza e la voglia di suonare una scaletta nuova, realizzare uno spettacolo nuovo perchè per noi era veramente giunta l’ora.

La componente teatrale è sempre presente, sia sul disco come, ovviamente in modo più completo, sul palco. Nel tempo ha cambiato forme ed obiettivi preposti?
Diego: Ecco G, ora puoi parlare te, dai! [si ride dell’esuberanza di G, tanto che anche la barista mentre ci serve il caffè, chiede: “lui non ha un tasto per spegnerlo, vero?”] G: Ahahah! Per la parte teatrale inizio parlandoti di Alba, che è l’ultimo pezzo dell’album. Un pezzo assurdo, un monologo da recitare. E quando l’ho proposto ai ragazzi, loro mi hanno spiazzato accettando con naturalezza e mettendosi subito al lavoro! Per il resto in questo album gli interventi teatrali sono minori: le musiche sono più dinamiche e rock, quindi era più difficile inserirle. Nello spettacolo dal vivo, invece, ci sono molte più parti di mimo che meglio si integrano.

Trovo anche più interessante che la parte teatrale sia un qualcosa che appare poco nel disco, in modo da essere ancora più soprendente, ed inaspettata, quando lo spettatore la scopre dal vivo..
G: Sì, esattamente! E tornando ad Alba è importante anche sottolineare l’uso dell’elettronica, per noi nuovo: lascia il monologo in primo piano, ma è risultata essenziale nell’economia dello spettacolo. Semplicemente serviva, ce la siamo presa e l’abbiamo utilizzata fin dove era necessaria.

Se c’è, qual è il filo che unisce tutti i brani di Papà ha detto che la vostra musica è schifosa?
G: Come ti dicevo: la ripartenza! Una ripartenza che vuole seppellire un vittimismo tipicamente italiano. Il terremoto ci ha fatto un dono: la consapevolezza che il tempo è prezioso perchè il 20 Maggio potevamo morire. E non riguarda solo il tema del terremoto, ma un po’ tutto! C’è il dramma, ma poi si riparte, si fa, e tutto quello che si fa dopo deve essere costruttivo e non distruttivo. Ne è testimonianza anche l’inizio del disco con
Amico due punto zero: appena parte il brano, subito c’è David che canta! Noi vogliamo dire: “noi siamo pronti, dai! nessuno si deve mettere a sedere! noi partiamo… chi c’è? chi ci segue? Dai!”. Nel disco ci sono anche brani più lenti, densi, introspettivi; non parlo di “leggerezza” ma di dinamismo. Via!
David: Certo, poi c’è il tema del papà, del bimbo, della scuola…
G: Sì, il pezzo finale di Alba: “il bimbo desidera già da bimbo un tempo circoscritto in cui sognare”… ma come? Un bimbo deve sognare in eterno! “È uno scandalo!” C’è qualcosa che non va bene. Il Fragil Vida ti porta a vivere naturalmente la creatività, il sogno!

I vostri live poi sono sempre stati molto colorati, con un forte lato “ludico”…
G: Sì, ludico ma anche drammatico! Il vero clown, per esempio, è stratificato. Prima ti fa ridere, poi ti fa piangere. E così vale anche per noi, non nel voler far piangere, ma nella volontà di distruggere l’aspettativa: devi accogliere quello che proponiamo. Ci ascolti, ci guardi, poi pensi: ti piace? non ti piace? Va bene tutto… ma fatti sorprendere! E lasciati divertire, anche con poco.

Playlist – Spotify

Abbiamo chiesto ai Fragil Vida di indicarci alcuni dei loro variegatissimi gusti musicali. I primi cinque brani sono stati scelti da David Merighi mentre i secondi cinque da Gianluca Galletti (in questa seconda selezione non è stato possibile inserire Io non mi sento italiano di Giorgio Gaber e Opto per la radio di Nicodemo, in quanto al momento della pubblicazione di questo articolo i brani non erano disponibili su Spotify)

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