Fumo, tanto fumo. Un palco alto, tanto alto (per la gioia delle donne con lunghezze femorali ridotte quali le mia). Gente, tanta gente, in ogni ordine di posto e spazio. Piazza del Duomo di Pistoia si è presentata così a pochi minuti dall’inizio del live degli Arctic Monkeys all’interno di uno dei festival più longevi e “lineuppaticamente” interessanti dell’estate italiana: il Pistoia Blues, appunto.
Le Scimmie Artiche hanno regalato ai fans italiani due date (la prima a Villafranca di Verona), entrambe praticamente soldout, dopo il grande riscontro ottenuto con il loro ultimo album AM, in cui hanno miscelato e reso meno pure le sonorità indie-brit che li caratterizzavano, unendoci linee melodiche che ricordano produzioni hiphop, r&b con riff sabbathiani nei tempi e nella ruvidità.
Sono le 22 in punto. Da circa 30 minuti hanno finito di esibirsi i The Kills, duo statunitense tanto rock’n’roll che è riuscito a distrarre anche gli impazienti più impazienti per il live principale. Piazza del Duomo si spegne. Il fumo sul palco aumenta esponenzialmente, creando un’atmosfera TimBurtiana a tratti. Le urla e quel riff che ha fatto innamorare anche i più scettici (aggiungiamo anche che negli ultimi giorni lo spot della Bacardi sta rischiando di rendercelo nauseante): Do I Wanna Know?, gli Arctic Monkeys ci danno il benvenuto così. Un’ora e mezza di live in cui si sono alternati pezzi nuovi e altri più datati; Alex Turner, come un vero crooner, sfodera tutta la brillantina possibile e quella patina da divo anni 50, ai confini tra un Elvis 2.0 e un Dave Gahan reduce dal set di It’s no good (pur senza paillettes), turbando i cuori delle magrissime e giovanissime indieladies nelle prime file e colpendo i timpani del resto della piazza.
Brianstorm, Dancing Shoes, Fluorescent Adolescent e Crying Lightning hanno smosso chiunque: la voce di Turner ha qualche imprecisione talvolta, ma il mood creato è eccezionalmente vivo e penetrante. Le chitarre sono suonate con sensuale decisione e scandite da una drums potente e roboante. L’impianto audio aiuta, è maestosamente prepotente. Anche sulle ballads, si sa che i rockers hanno sempre un cuore di panna, l’attenzione rimane alta: Fireside, N.1 party anthem e I wanna be yours, la dichiarazione di amore più dichiaratamente d’amore che abbia mai sentito. In scaletta anche One for the Road, R U mine, Library Pictures.
Turner diveggia per tutti i 90 minuti del live e tra un brano e l’altro dà la possibilità al pubblico di inviare da whatsapp, controllare gli ultimi aggiornamenti social, fumarsi almeno mezza sigaretta, iniziare conversazioni improbabili con vicini di postazione, cercare l’angolazione perfetta per l’ennesima foto da postare o buttare… sì, se devo trovare una pecca alle Scimmie direi che forse ho ritenuto un po’ eccessiva l’attesa tra un brano e l’altro, che ha rischiato di rovinare un po’ l’atmosfera creata.
Seppure a singhiozzo, sono stati 90 minuti di live adrenalinico, ritmato, potente e patinato. Insomma, lunga vita agli Arctic Monkeys.