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Facendo suonare i boschi di montagna: intervista a Carlot-ta

OLYMPUS DIGITAL CAMERAAbbiamo con molto piacere incontrato ancora la cantautrice vercellese, questa volta per parlare di Songs of Mountain Stream. Un album denso di dettagli sonori, basti pensare ai field recordings registrati tra i boschi delle Alpi che sono poi diventati drum kits, grazie alla produzione artistica di Rob Ellis. Insomma un magistrale secondo capitolo della talentuosa pianista Carlot-ta che ancora una volta dimostra di essere pronta per grandissimi palcoscenici.

Quali sono stati i maggiori cambiamenti musicali che ci sono stati in questo secondo disco rispetto al primo? Quale ruolo ha giocato Rob Ellis?
Il lavoro produttivo su questo disco è stato più delicato in un certo senso e più incisivo in un altro. Nel mio primo album ogni brano era stato arrangiato e prodotto come se fosse un caso a parte, c’era la volontà di dare una certa “velocità” alle canzoni rendendole il più dirette possibile. Per Songs of Mountain Stream c’è stato più “rispetto” per i miei provini e si è cercato di creare un suono che rappresentasse il disco intero, che anche dal punto di vista compositivo è sicuramente meno eterogeneo; è anzi una sorta di concept album, se vogliamo. La differenza principale credo che sia però questa: mentre registravamo e arrangiavamo i pezzi non abbiamo mai pensato alla loro destinazione, solo a dare forma a un disco coerente alle mie idee iniziali e al gusto di Rob.

Quali sono stati i boschi della Alpi in cui hai realizzato i field recordings che poi sono diventati i drum kits di Rob Ellis? Perché l’introduzione di questo approccio elettronico/sperimentale nella tua attitudine più classica?
I suoni sono stati registrati in Valsesia, una valle piemontese vicina a casa cui sono molto affezionata. Sono stata in alcuni dei miei luoghi preferiti, ho seguito alcuni amici boscaioli e ho registrato molti animali. È stato molto divertente. La scelta di utilizzare questi suoni deriva forse dal mio modo di scrivere musica. Non ho un approccio molto percussivo, ma quando immagino le “batterie” dei miei brani penso sempre a drum kit e programmazioni. L’idea di utilizzare i suoni del luogo raccontato mi è parsa utile a risolvere l’esigenza di creare delle “basi ritmiche” in modo personale e non forzato. E poi anche l’elettronica può ormai appartenere all’ambito “accademico”; non sono certo la prima ad aver utilizzato i field recordings in questo modo e anzi credo che questo sia ormai un processo assodato dalla musica cosiddetta “colta”. Non mi dispiace utilizzare degli elementi già consolidati nella tradizione musicale, mi piace anzi molto prendere a prestito questi stilemi.

Carlot-ta_in3Ci puoi parlare delle figure fantastiche, oniriche che si incrociano nei testi di Songs of mountain stream? Sembra di essere in un romanzo di Michael Ende…
Durante la scrittura del disco ho letto molte leggende e storie alpine che inevitabilmente hanno ispirato alcuni personaggi. Nell’album si trova per esempio un Basilisco, un rettile mitologico metà serpe e metà gallo. Ho letto una leggenda in cui uno di questi esemplari si insedia nella bara di una giovane donna e ho pensato che sarebbe stato divertente interpretare il suo punto di vista… Poi c’è un barbagianni che ama il cinema espressionista tedesco, un pianoforte cui confessarsi come dallo psichiatra, etc. Ma ci sono anche molti paesaggi e luoghi. In generale, mi piace pensare alle mie canzoni come a delle immagini musicate, un po’ come i quadri di un’esposizione di Mussorgsky (certo, a lui son venuti meglio).

Anche nel precedente disco hai musicato delle poesie, questa volta c’è una poesia di Paul Valery… perché questa scelta?
Quello di musicare poesie altrui è un processo che mi interessa molto. Mi sento principalmente una musicista e mi piace esplorare i testi delle canzoni, come se fosse un livello successivo rispetto all’ascolto musicale. Per questo amo trovare al loro interno rimandi, richiami e citazioni. Una sorta di enigma da decifrare, solo se il linguaggio musicale è risultato di per sé comunicativo.

Mi ha colpito Sick to the Heart, perché svela la tua versatilità vocale quando è accompagnata da una chitarra. Me ne parli?
Sick to the heart è una cover o meglio una rielaborazione di un brano tradizionale del XIII secolo, il cui titolo originale è Lord Randall. L’ho ascoltato per la prima volta in una versione cantata da due controtenori e me ne sono innamorata. Per questo ho deciso di incidere una mia versione e di inserirla in questo disco. Il brano è un dialogo tra madre e figlio, in cui la prima scopre che il secondo è stato avvelenato dalla sua Carlot-ta_in2amata con una bella zuppa di serpenti (spacciata per zuppa di anguille). Una murder ballad insomma…

Hai realizzato per gioco la cover di Baby One more time di Britney Spears… Se ti chiedessero di fare un patto con il mainstream rendendo la tua musica il più pop e R&B possibile, di diventare la nuova Alicia Keys… lo acceteresti?
Non me la cavo molto bene con le coreografie, se no accetterei al volo (scherzo, mi sento un po’ lontana dalla musica dalle sfumature black).

Con quale artista italiano ti piacerebbe duettare?
Franco Battiato

Qua’è la tua top five della vita (cinque canzoni imprescindibili)?
Mi hanno chiesto di creare una playlist con 5 canzoni che amo particolarmente proprio pochi giorni fa, ma visto che da quell’elenco ne sono rimaste fuori un centinaio, ne elenco altre 5, così diventa una specie di top 10.
Gabriel Fauré – Après un reve, Franco Battiato – Summer on a solitary beach, Coro S.A.T. – ‘Ndormenzete popin, Björk – Declare indipendence, Joanna Newsom – Cosmia.

The Barn owl – Spotify streaming

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