Adagio furioso – Ronin

Elisa Des Dorides Album, Recensioni Lascia un commento

Ronin, progetto coagulato e portato avanti da Bruno Dorella (oVo, Bachi da Pietra), dà alla luce il quinto disco: Adagio Furioso. Un disco dalle molteplici sfumature melodiche, capace di amalgamare strumenti di tradizione classica come gli archi di Nicola Manzan o il flauto di Claudia Muratori, e strappi sonori di origine punk.
Questi due mondi che si guardano l’un l’altro dando vita ad atmosfere dal gusto diversissimo iniziano ad ammaliare fin dal primo brano, La Cinese, per continuare poi con Gilgamesh che insinua nelle frequenze del folk rock quasi un saltarello medioevale capace di evocare antiche divinità. Lenta e inesorabile procede Caligula, tra i passi pesanti del basso e della batteria sempre più sul punto di esplodere, e ancora Far out spezza la densità strumentale del disco essendo l’unico pezzo cantato. Francesca Amati regala un tocco di carezzevole sensualità con la sua voce in una lenta, onirica ballata assieme all’altra metà dei Comaneci, ovvero Glauco Salvo. Mistica nelle melodie e sgretolata nelle incursioni strumentali all’inizio è Adagio Furioso, brano da cui prende il nome il disco: una danza di corte giocata tra corde di chitarra che rincorrono il ritmo di pensieri in fuga, sparsi lungo prati di qualche campagna inglese, con la malinconia del violino che affaccia i suoi virtuosismi sul tramonto. Ex, invece, sul finire, disfa le linee letargiche del disco e con un’improvvisa virata ritmica lascia urlare gli strumenti in una furiosa chiusura, impeccabile.
Un lavoro dalla ombrosa, sinuosa, classicheggiante aurea inconfondibile.