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Un giovane cantastorie che parla di alieni: intervista a Lucio Corsi

intervista_LucioCorsi_IMG1_201502Look anni ’60, un po’ trasandato e testa tra le nuvole… o almeno così sembra. Questo è Lucio Corsi, cantautore maremmano, meglio fotografato come cantastorie che si giostra tra l’irriverente e l’ironico, in bilico tra l’inchino e lo sberleffo. Hanno paragonato i testi dei suoi brani alla poesie storta e scura delle fiabe di Tim Burton… scambiamo qualche parola con questo giovanissimo visionario e approfondiamo il suo mondo, dunque.

Il 13 gennaio è uscito il tuo disco d’esordio contenente due ep: Vetulonia Dakar/Altalena Boy. Fin dai primi ascolti i brani sono caratterizzati da una vena spontanea e ironica… Quanto c’è di te in questo lavoro?
Chiaramente dietro, davanti, sopra, sotto, di lato e dentro alle mie canzoni ci sono tutte le esperienze che ho fatto in questi 21 anni, storie che ho sentito, fatti inventati e alcuni realmente accaduti.

Dalla Maremma a Milano, La Dakar e l’altalena, dalla campagna alla città. La nostalgia per i tuoi luoghi d’origine si avverte molto all’interno del disco. Credi che se in te non ci fosse stato questo divario, avresti composto altri pezzi?
Sicuramente avrei composto altre canzoni. Chiunque scriva o faccia qualche cosa è fortemente influenzato dal luogo in cui si trova.

Versi sghembi e pennellate di luce qua e là. I tuoi testi descrivono paesaggi realistici e dettagli spesso trascurati di periferie o personaggi marginali. Come scegli i tuoi soggetti da musicare?
Alcune volte racconto storie realmente accadute mischiandole magari con un po’ di fantasia, che, come si sa, non è una bugia. Lo faccio per rendere i fatti reali un po’ più belli o un po’ più brutti.

Chitarra e armonica trionfano nei tuoi brani che quasi scomodano reminiscenze attorno a un giovanissimo Bob Dylan. Forse il folk è la musica per accompagnare un viaggio, una voce fuori dal coro… che altro?
L’armonica la usavo quando ero più piccolo, poi decisi di non utilizzarla più. Del folk ammiro la semplicità, e per un inizio mi sembrava la forma migliore, chitarra e voce e basta, senza tanti ghirigori. Però già con Altalena Boy le cose sono cambiate, amo la semplicità musicale, ma mi diverto anche molto ad arrangiare le canzoni musicalmente più complesse, con più parti e vari strumenti.

intervista_LucioCorsi_IMG2_201502Corre voce che tu sia un amante della “musica in strada”, è vero?
Due anni fa suonai molto in strada, sia a Milano che da qualche altra parte, è una cosa molto bella, che ti insegna un sacco di cose su come rapportarti con il pubblico. Ovviamente la gente in strada non si trova lì per vederti suonare ed ascoltarti, perciò sta a te farla fermare, incuriosirla, e farla rimanere a sentir più pezzi possibile! E’un bellissimo allenamento.

Qual è il cantautore italiano col quale ti piacerebbe collaborare?
Vasco Rossi o Renato Zero.

L’ispirazione è importante e spesso non del tutto consapevole. Quale cantautore o gruppo, italiano o straniero, ha realmente influito sulla tua formazione musicale?
Le ispirazioni e gli ascolti sono fondamentali. Sicuramente hanno influito e influiscono su ciò che scrivo i cantautori italiani degli anni passati, Lucio Dalla, Ivan Graziani, Flavio Giurato, Antonello Venditti e il glam rock degli anni settanta, Bowie, Lou Reed, Iggy Pop, i T. Rex.

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