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Reward – Cate Le Bon

cate-le-bon-reward-album-cover-artworkAl quinto album in 10 anni e dopo l’accurata produzione di Why Hasn’t Everything Already Disappeared? dei Deerhunter, la gallese Cate Le Bon, superando l’indolenza indie e le contorsioni lunari del precedente Crab day (2016), firma un piccolo gioiello di minimalismo. Scritto in solitarie notti al piano, l’album si distende con placida linearità a partire dall’iniziale Miami, che oscilla come un pendolo lento, un perfetto equilibrio di elementi che avanzano in corteo sulle sabbie di una spiaggia deserta, colti dai raggi orizzontali dell’alba verso la quale si leva il canto greve di Cate, sottolineato da un basso sassofono e da controcanti leggeri. L’attacco di Daylight Matters sembra ispirato dalla spensierata allegria dei Wings di Paul McCartney, sulla quale s’imbastisce una delicata armonia stratificata, dalle frasi profonde ai coretti svolazzanti. Una lieve eleganza che si nutre di elementi disparati, come le tastiere orientali alla Sakamoto in Home to you, che incrociano una ritmica scarnificata fatta di colpi isolati di batteria e accordi appena accennati alla chitarra, sfociando in un coro incalzante a più voci in controtempo. La nevrosi metropolitana di Laurie Anderson s’infila nella tamburellante Mother’s mother’s magazine cercando una via di fuga al ritmo di fiati sincopati alla Madness e percussioni parlanti come il kalangu di Baba Sissoko. Here it comes again è lo spettro di Nico, della sua voce grossa, profonda e dolce che si palesa in una notte d’inverno per rivelare oscuri segreti custoditi a lungo. E tristi. Sad nudes in una stanza vuota, mossi dalle poche note di un arpeggio di piano, mentre da una distanza indecifrabile si alza un palpito di fiati che rievocano il prog arioso degli Stars like fleas. Fa infatti giorno e arriva The light, come una delizia leggera, innalzata da lunghe note di sassofono sulle quale si inerpicano docili acuti in un mare di chitarre acquose, sulla cui superficie parte la ritmica navigazione di Magnificent Gestures seguendo la rotta sperimentale e stramba dei Talking Heads con le sue eclettiche trame discendenti. E al ritmo di shuffle anomalo si approda sulle rive impressioniste di You don’t love me, dove riecheggiano le frasi scandite di Grace Slick dei Jefferson Airplane e scampoli di psichedelia West Coast in una cornice di stravagante art-rock. Ma la chiusura di Meet the man rivela la sinistra inquietudine del titolo dell’album, Reward, la ricompensa, che nelle parole dell’autrice stessa diventa una drammatica rappresentazione dei rapporti umani nel mondo attuale in cui “words are used as slogans, and everything is slowly losing its meaning“.

Credits

Label: Mexican Summer – 2019

Line-up: Stephen Black (Bass, Clarinet, Engineer, Saxophone) – H. Hawkline (Design, Guitar, Layout, Percussion, Slide Guitar) – Samur Khouja (Engineer, Guitar, Producer) – Josh Klinghoffer (Guitar, Synthesizer) – Cate Le Bon (Bass, Composer, Guitar, Mellotron, Percussion, Piano, Producer, Synthesizer, Vocals) – Stella Mozgawa (Drums, Percussion) – Josiah Steinbrick (Percussion, Producer, Synthesizer)

Tracklist:

  1. Miami
  2. Daylight Matters
  3. Home To You
  4. Mother’s Mother’s Magazines
  5. Here It Comes Again
  6. Sad Nudes
  7. The Light
  8. Magnificent Gestures
  9. You Don’t Love Me
  10. Meet The Man


Link: Sito Ufficiale Facebook

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