La musica al tempo dello streaming non è quella di Father John Misty. E Padre John non è certo tipo da curarsi delle logiche scellerate che la governano in questi tempi così complicati. Non deve sorprendere quindi che quando tutto si consuma sul filo dei 3 minuti, con strofe ritornelli e ancora strofe tutte uguali, beh lui semplicemente prosegua deciso lungo il proprio cammino alternativo, sfoggiando l’adorabile noncuranza di sempre. In termini di scrittura, questo Mahashmashana appare come un ulteriore passo avanti nella personale ricerca del tempo perduto che Tillman ha avviato ormai da molto (se avete bazzicato dalle parti di Pure Comedy o God’s Favorite Customer allora capirete cosa intendo. Non sapete di cosa parlo? Beh continuate a leggere, Padre John saprà essere misericordioso). Musicalmente, più probabile si tratti di uno scarto di lato. O meglio ancora, di un giro su sé stesso. Prendendo in prestito un pizzico appena di quella sua noncuranza, lesti potremmo dire però che non ci importa poi molto. Quello che conta invece è che nei cinquanta minuti di questo nuovo lavoro ci si trovi dentro davvero un po’ di tutto. Mahashmashana infatti è probabilmente l’unico disco in circolazione che all’ascolto può darti sia la sensazione di trovarti in una sala per concerti circondato da archi e ottoni che l’impressione di essere sulle strade di San Francisco nei favolosi ‘70 durante un inseguimento a folle velocità o nella sala fumosa di un club malfamato che a tarda notte non vuole proprio saperne di chiudere. In mezzo, nuances che sanno di Arcade Fire, momenti intimi alla Cave, echi in pieno stile Coldplayiano, ritmi rallentati quasi dub. Tutto insieme. In un caos ben organizzato. Una vertigine di stili portata all’eccesso si sviluppa intorno ad una direttrice verticale ben riconoscibile, il senso cinematografico per la musica di un autore davvero notevole.
Dunque le tracce:
1. Mahashmashana, i migliori posti in platea, non vergognatevi se ad un certo punto avrete gli occhi lucidi.
2. She Cleans Up, via lo smoking adesso, è il momento di scatenarsi in pista.
3. Josh Tillman and The Accidental Dose, forse abbiamo esagerato con le dosi, slow down please.
4. Mental Health, difficilmente troverete un’altra canzone al mondo che contiene il termine Panopticon.
5. Screamland, stay young get numb keep dreaming, oh Screamland. Ripetete all’infinito: è catartico.
6. Being You, avanza ipnotica, progressiva. E non vi lascerà più.
7. I Guess Time Makes Fools of Us All, a BoJack Horseman piace questo elemento.
8. Summer’s Gone, gli occhi ora velati dalla malinconia, l’estate dell’essere che si avvia alla fine.
Veniamo a noi, adesso.
Da quanto tempo desideravate imbattervi in canzoni (canzoni!) che durano 10 minuti? Da quanto vi chiedevate: dove sono finiti gli strumenti musicali, quelli veri, c’è ancora qualcuno in grado di suonarli e fissarne le mille sfumature sul solco di un vinile? Che fine ha fatto l’ambizione di lavorare su testi davvero articolati e arrangiamenti corposi, dal vago sapore retrò, classicheggianti? E la voce? parliamo della voce. C’è ancora qualcuno in giro capace di usarla in modo così confidenziale, caldo, umano? Beh, se questi sono anche i vostri tormenti, con la sua ultima fatica, Father John Misty si propone di offrire non certo delle risposte, quelle no. Il ragazzo è più tipo da domande del resto. Suggestioni sì, però. E perché no, anche lo stimolo per una riflessione un pelo più profonda di un post sui social.
Ambizioso? Certamente sì. Pretenzioso? Non credo proprio. E sapete perché? Perché tutto ciò avviene nel bel mezzo del grande terreno di cremazione, questo vuol dire più o meno Mahashmashana in sanscrito. Un luogo della mente dove siamo soli, posti di fronte a domande impossibili che si fanno musica per via dell’assenza di risposte. Domande che abbiamo tutti bisogno di esorcizzare, ridendone anche un po’certo, perché ormai siamo consapevoli che time just make fool of us all. Questo ci racconta Tillman, con quella sua aria un po’ così.
E allora ascoltatelo questo disco, lasciatevi portare via dalla sua musica, affidatevi con fiducia a questa voce così splendidamente Americana, leggetene i testi potenti affilati da quella sua penna così insolita. È il momento di prendervi cura di voi stessi, è il momento di dedicarvi del tempo per riflettere sul tempo che passa. Father John Misty non vi darà l’illusione di poter giungere a comode conclusioni né la sensazione di sentirvi meno soli, ma saprà ripagarvi con 50 minuti di buona musica che sembra scritta apposta per voi.
Credits
Label: Sub Pop – 2024
Line-up: Adam Faruqi (Choir/Chorus) – Andrew Bullbrook (Violin) – Ann Sheridan (Choir/Chorus) – Christine Kim (Cello) – Connor Gallaher (Pedal Steel Guitar) – Dan Higgins (Flute, Saxophone) – Danielle Ondarza (French Horn) – David Loucks (Choir/Chorus) – Father John Misty(Vocals) – Fletcher Sheridan (Choir Conductor) – Jacob Scesney (Saxophone) – Jake Braun (Cello) – Jarrett Johnson (Choir/Chorus) – Kathryn Shuman (Choir/Chorus) – Kim Dawson (Choir/Chorus) – Laura Jackman (Choir/Chorus) – Mark Hollingsworth (Clarinet, Flute) – Matthew Lewis (Choir/Chorus) – Steven Holtman (Trombone) -Suzanne Waters (Choir/Chorus, Soprano) – Tony Barba (Saxophone) – Valerie Tambaoan (Choir/Chorus) – Wayne Bergeron (Trumpet) – Will Goldman (Choir/Chorus) – Wynton Grant (Violin) – Zach Dellinger (Viola)
Tracklist:
- Mahashmashana
- She Cleans Up
- Josh Tillman and the Accidental Dose
- Mental Health
- Screamland
- Being You
- I Guess Time Just Makes Fools of Us All
- Summer’s Gone
Link: Sito Ufficiale
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