Massimo Ice Ghiacci è lo storico bassista dei Modena City Ramblers. Nel 2008 debutta da solista con l’album Come un Mantra Luminoso per la Mescal/MCRecords. Il disco, suonato, cantato e prodotto dallo stesso Ghiacci, è composto da 13 brani che amalgamano folk, rock, psichedelica, country. Ricordi e sentimenti personali sono gli elementi portanti, mentre le sonorità si rifanno chiaramente agli anni ’60/’70. Per questo album Massimo Ghiacci ha tirato fuori dal cassetto alcuni brani custoditi per diverso tempo. Brani da tirare fuori, da portare alla luce. Massimo Ice Ghiacci si racconta a Losthighways. (Foto di Rosa D’Ettore)
Dopo quindici anni di militanza nei Modena City Ramblers hai deciso di pubblicare il tuo primo disco da solista. Come nasce l’album?
L’album nasce dall’esigenza di esprimere una parte di me che, dal punto di vista artistico, necessariamente risulta in ombra nel contesto del gruppo cui appartengo, sia per il mio ruolo che per la nostra stessa identità di band. Dopo tanti anni, e canzoni accumulate nel cassetto, ho finalmente trovato il momento per ritagliarmi, in tutti i sensi, un mio piccolo spazio.
Cosa hai provato da solista?
Sicuramente questa dimensione è lontana da quella che vivo e ricerco nei Ramblers. In questo caso, per una volta, ho lavorato in completa libertà, senza quello che nei Ramblers, e voglio dire giustamente, rappresenta uno step importante ancorché talvolta frustrante, ovvero il confronto artistico. Per una volta sono stato libero di sbagliare da solo!
Già dal primo ascolto si intuisce che il tuo è un album di ricordi, emozioni, riflessioni e sentimenti personali, mi ha colpito molto la scelta della copertina: una polaroid che ritrae te e tuo figlio, come a voler sottolineare l’intimità del disco…
Sì, l’idea della copertina mi è venuta guardando proprio questa foto, dove mio figlio Davide, allora di pochi mesi, volge lo sguardo all’obiettivo e la luce lo avvolge. Mi è sembrata un’immagine adatta per un disco permeato di riflessioni personali, malinconico, ma, tutto sommato, proiettato verso il lato “luminoso” delle cose.
Il tema dominante dell’album è la memoria, lo scorrere del tempo con tutte le sue conseguenze: dagli amori finiti ai suoni che rimandano agli anni ’60/’70…
Sì, è così. Probabilmente, anche se molte di queste canzoni avevano già tanti anni sulle spalle, il tema che idealmente le accomuna in sé mi appare molto significativo, vista la mia “virata” anagrafica oltre i quarant’anni. Un’età che ti regala un grande bagaglio di ricordi pur facendoti ancora “apprezzare” il futuro, e lasciandoti almeno l’illusione di poter investire in esso! Per quanto riguarda i suoni e le influenze musicali, credo che in quei due decenni da te citati sia stata prodotta la musica più bella ed originale da quando il rock esiste, con tutte le sue evoluzioni e trasformazioni.
Il disco sembra diviso in due tempi: Tempo al tempo, infatti, è introdotto dal ticchettio di un orologio a pendolo…
E’ proprio così. L’idea mi è venuta pensando di dividere l’album attorno a Tempo al tempo e la successiva Tatuaggi. Due canzoni che, oltre ad iniziare con la stessa parola, si confrontano apertamente con la tematica del trascorrere del tempo e delle tracce che esso lascia su e dentro ognuno di noi.
Dall’album sono stati estratti anche due video ufficiali, Come due amanti e Brenda tra i treni, girati dal regista Alessandro Scillitani. Cosa ci racconti?
Si tratta di due piccole produzioni realizzate con un mio vecchio amico regista, con il quale ho definito l’impostazione di base dei clip che poi lui ha girato e montato. Il risultato mi ha lasciato davvero soddisfatto, Come due amanti ritengo sia un clip particolarmente interessante per la ricerca stilistica e per i rimandi estetici che si possono ritrovare. La collaborazione con Alessandro è stata l’ultima in ordine temporale a livello di mia interazione creativa con coloro che hanno collaborato al disco. E, come per le altre, ho scelto amici di vecchia data coi quali condivido ormai una vita di passioni musicali e di sintonie artistiche. Girare i due clip è stata anche la sola “concessione” promozionale che mi sono potuto permettere a livello di investimento, e ci ho tenuto molto poiché con i Ramblers è ormai una vita che non realizziamo video, e la ritengo una mancanza nell’epoca di YouTube.
Cosa pensi della situazione della musica italiana attuale e della musica in rete?
La musica italiana mi pare stia attraversando una stagione di grande vitalità, benché sotteranea. Il problema sta nella scarsa visibilità e nelle occasioni, sempre più rare, che possono offrirsi ai giovani musicisti per tentare la carta del “vivere di musica”. Di soluzioni io non ne posso portare, non è del resto il mio ruolo, ma sono convinto che investendo tutti nella cultura e promuovendo la curiosità si possa arrivare ad una “rinascita”. Senz’altro la rete offre grandi opportunità, ma non serve a molto se non si vendono più dischi e, soprattutto, nessuno si arrischia più a investire in concerti di band “emergenti”. E per “investire” intendo anche chi, nonostante se lo possa facilmente scaricare, acquista il cd pagandolo!