Home / Recensioni / EP/Self Released / L’attesa – L’Inferno di Orfeo

L’attesa – L’Inferno di Orfeo

orfeo1.jpgOrfeo, figlio di Apollo e della musa Calliope, si è reincarnato in quattro musici. Il primigenio Orfeo ha saputo muovere la natura e commuovere Persefone, sedurre uomini e fiere col suo canto, più ammaliante di quello delle sirene, ha ottenuto la benevolenza di divinità infernali ed affascinato pietre ed arbusti. I quattro nuovi figli della Poesia e della Musica hanno lasciato confluire in loro, ed attraverso di loro, gli elementi dell’apollineo e del dionisiaco infondendoli in un disco che è un cammino di sette passi.
Sette passi, sette graffi, sette carezze, sette morsi, sette baci e si è nel loro Inferno, nel proprio personale inferno, in un regno in cui viene naturale sostare ad occhi chiusi, non per trovar quiete, ma per abbandonarsi, facendosi complici ed artefici di uno smarrimento che presto si profila come necessario per approdare a quell’altrove impero dell’in-canto.
Andando a La deriva si comincia il viaggio che, è subito chiaro, è un vagare sospinto dalla volontà di perdersi. Il primo incontro è quello con le corde delle chitarre e del basso che, bramose di at-trarre, legano l’anima trascinandola al cospetto di una voce incapace di assecondare qualsivoglia bisogno di meschine sicurezze, una voce che suadentemente dà corpo e suono a parole che non lasciano si implori tranquillità, che nutrono l’inquietudine e la fame dei sensi.
Ogni strumento è sapientemente accarezzato e messo in condizione di dispiegare sonorità/possibilità, di tracciare poesie di suono capaci di aggirare il raziocinio, spogliando dolcemente e ferocemente di ogni difesa. Così la musica si avviluppa coi respiri alla carne nuda sfiorando con veemenza i nervi scoperti. La batteria suggerisce al cuore un altro ritmo. La parola scalfisce la pelle mentre la voce s’insinua fin nelle più intime profondità. Le corde sembrano rendere liquida l’aria attraverso cui diffondono intense vibrazioni, immergendo noi viaggiatori, soggiogati ma conniventi, in un mare in cui restare sospesi in ascolto, lambiti ed attraversati da suoni e sensazioni.
Con L’attesa questi attuali Orfei ci insegnano a vivere gli impeti e la brame, a lasciarli essere… e non solo a soddisfarli. Ci lasciano sprofondare ne L’attesa per farci capire che, fortunatamente, siamo e resteremo pro-tesi, aneliti destinati a non trovar pace, se non in forma d’emozione nella consapevolezza che il gusto e il senso di questa vita sta nella perturbante e maestosa bellezza, in quella bellezza che non conosce pudore ed è al di là della differenza tra candore e malizia… in quella bellezza che non nega né nasconde l’orrore, ma sa trascenderlo.
L’attesa è una seduzione fatta di sette slanci, di sette lettere, di sette rose con le loro spine e il loro profumo inebriante. E’ una malia che prende e fa prendere e pretende La deriva, che si porta al centro di vortici da lei stessa creati, che rende udibile La necessità di chi “ti mangia il cuore di diritto e di traverso”, senza mai rifiutare o disdegnare “ruvidissime carezze”.
Orfeo si è reincarnato forse per ricordarci che la discesa agli inferi necessita di abilità e tenacia. Ci vuol talento per scendere la china, per immergersi nei propri antri scuri mantenendo i sensi aperti, anima e membra senzienti. Ci vuol coraggio, non per non voltarsi a cercar il volto amato della bella Euridice, ma per mantenere fisso lo sguardo anche sul buio. Non ci può bastare la luce, non ci deve bastare lo splendore del sole. Va cercata anche la notte, va assaporata, ne va sentito l’odore e il gelo o l’ardore.
Ci si deve esercitare per non distogliere gli occhi dall’oscurità, soprattutto da quella che ci abita, e questi sapienti Orfei ce ne danno la possibilità.
Sette tracce da ascoltare con le viscere e si è un po’ più capaci di sop-portare l’inferno che custodiamo dentro. Poco meno di trentacinque minuti e s’impara a non sottrarsi al proprio inferno, a sentirne le urla, i caldi respiri. Dopo sette brucianti abbracci ci si ritrova al termine di questo sinuoso vagare, a questo punto, molto probabilmente, sarà ben più difficile sfuggire, fuggire da sé. A questo punto, anche noi ci saremo lasciati muovere e turbare, scuotere e toccare, come le pietre e le fiere, da L’inferno di Orfeo.

Credits

Label: Autoprodotto 2006

Line-up: Sydney Silotto (Voce, Parole, percussioni) – Carletto Lodico (Chitarre) – Daniele Manassero (Batteria e Metodo) – Daniele Elmo (Basso) – Eugenio Mazzetto (Pianoforte) (batteria)

Tracklist:

  1. La deriva
  2. Domani smetto
  3. L’attesa
  4. Necessità
  5. Il punto
  6. Il moto verticale
  7. La casa di Morbìda

Links:Sito Ufficiale,MySpace

Ti potrebbe interessare...

fanali_cover_2024__

I’m In Control – Fanali

Immagini che si suonano. Suoni che si immaginano. Di nuovo in viaggio sinestetico con Fanali, …

4 commenti

  1. Che recensione da urlo! C’è analisi musicale, emozionale con dettagli di grande cultura. Veramente complimenti.

  2. Valentina calibra e rispetta la Parola.

  3. …è quasi più bella la recensione del disco;)
    una recensione da recensire direi:))
    scherzi a parte, trovo molto bravi questi Inferno di Orfeo, mi hanno colpito molto… mi hanno ricordato un pò un artista che amo molto che è Ivano Fossati… davvero una bella proposta, originale… Vale la tua scrittura è sempre incantevole;)

  4. …ma anche un poketto Sergio Caputo… bravi davvero

Leave a Reply