“… passando a rassegna memorie, dissezionando sogni, cercando visioni e grandi schemi perduti, idee mezze crude sono tutto ciò che ho trovato, nessuna guida per il mio futuro, nessuna prospettiva di ciò che diverrò….”. Io, come altri, non oso scordare i virgulti sonori, la liricità, la passionalità, l’afflato stoico e la necessità di comunicare la complessità di un sentire che è stato il rock progressivo negli anni che furono. Non scordo quanti draghi riuscì ad abbattere col suo canto il re Cremisi, e con lui tutti gli uomini dal fare cortese che diedero al rock lo spessore di genere “intellettuale” prima che popolare. Lo fecero sbiadendo i confini con il jazz, con la musica classica, con le avanguardie… Anni d’oro per la musica del diavolo. Sono il primo (lo ammetto) ad aver posto il freno delle mie inibizioni mentre ascoltavo (a posteriori naturalmente) le decine di band, più o meno innovative e ispirate, che durante tutti gli anni ’80 e ’90 inondavano i mercati discografici capeggiando quel movimento neo-progressivo, cercando (invano) di convincerci che Genesis, Yes, Emerson Lake & Palmer avevano discepoli ed adepti convinti e convincenti, che il progressive era vivo e vegeto… Sono fatto così, sono testardo su certe cose… ma quanto amo ogni tanto sbagliarmi dannatamente! Eccezioni a confermare la regola progressiva, o portabandiera del nuovo scrigno romantico, gli svedesi Anekdoten, pur con un gusto superbamente retrò, sfornano oggi, nell’anno di grazia 2007, un disco che non acquistare sarebbe un peccato imperdonabile. Sulla scena con estrema umiltà da ormai quasi quindici anni, andando sempre per piccolissimi passi, collezionando le contatissime presenze ai concerti in giro per il vecchio continente e soprattutto considerandosi ancora una band non-professionista, arrivano quest’anno al loro quinto capitolo discografico con l’album A Time of Day. Un disco che sa dare uno spaccato personale ed intenso del progressive filtrandolo alla luce della new wave e dell’indie rock. Del progressive conserva la metrica, il gusto barocco, l’orchestralità, quell’epico afflato romantico appunto, tutto il resto è puro eclettismo. Un disco di art rock chiaroscurale, che fa convivere in luce boschiva e misticheggiante i fraseggi di flauto ed il suono medioevale dei King Crimson con certi rimandi al prog italiano stile PFM (The Great Unknown, 30 Pieces), unendoli con le tinte oscure della prima new wave inglese (Every Step I Take, che vagamente ricorda anche gli Explosions in the Sky), merito non solo delle chitarre lucenti e del basso sempre protagonista ma anche di psichedeliche incursioni di sinth stile Japan (prima band di Richie Barbieri tastierista dei loro cugini Porcupine Tree). Suona con tutta la freddezza della loro Scandinavia l’avvitarsi di A Sky About to Rain, col mellotron a disegnare aurore boreali in un cielo comunque sempre triste e velato di nuvole, la voce sa essere una delle più suggestive, misteriose e austere degli ultimi anni, la melodia psichedelica e mai banale. Non è un disco tecnico e sofisticato A Time of Day, non come magari potevano esserlo i dischi dei padri, scorre invece elegante e presente nella nostra anima, ora dolce ora ipnotico, ora nebbioso ora radioso. La cavalcata prog-new wave di In For A Ride è semplicemente un capolavoro, trascinante, psichedelica, scomoda, obliqua, variegata, quasi sette minuti di estasi in corsa. Sia i vecchi cultori del progressive classico che i figli dei Dream Theater troveranno in questi nordici solchi sonori autentiche gemme da custodire gelosamente e quanto a me, se questo è il nuovo volto del progressive, posso sperare di restarne ancora affascinato.
Credits
Label: Virta – 2007
Line-up: Nicklas Berg (guitar, vocals) – Jan Erik Liljeström (bass, vocals) – Peter Nordins (drums)
Tracklist:
- The Great Unknown
- 30 Pieces
- King Oblivion
- A Sky About to Rain
- Every Step I Take
- Stardust and Sand
- In for a Ride
- Prince of the Ocean
Links:Sito Ufficiale,MySpace
Complimenti per i tuoi gusti e per lo stile molto… lost!
Bella rece, ma non dirmi nulla ma il prog strettamente imparentato a quello anni ’70 non è nelle mie corde. Il movimento prog anni ’70 l’ho approfondito 10 anni fa con i gruppi che hai citato ed alla fine ho scoperto la sua evoluzione dopo la stagione metal e mi sono innamorato….a me piace vivere la musica del mio tempo. I Dream theater rispetto a questo signor gruppo (molto nostalgico sembra una cover band di quei gruppi che hai citato!) ha una personalità ben definita e penso che il paragone è un pò azzardato ma cmq sono solo mie opinioni personali ;->
infatti non li ho paragonati ai D.T., ho detto solo che, secondo me, anche gli amanti di certe derivazioni progressive (metal e non) degli ultimi anni, potrebbero apprezzare queste sonorità:)… i Dream Theater non mi sono mai piaciuti, ma non perhè non li ritenga un gruppo valido (ci mancherebbe:) o perchè non voglia vivere il suono del mio tempo, ma semplicemente perchè appartengono ad un filone, quello metal, che non è nelle mie corde… ma anche sul versante meno “estremo”, moltissime band appartenenti alla schiera dei neo-progressivi, compresi i citati Porcupine Tree, non hanno nulla a che vedere (sempre secondo il mio modesto parere naturalmente) con le super band degli anni ’70… perchè? perchè dietro gruppi come i Genesis, i Jethro Tull, gli Yes, i King Crimson c’è tanta di quella preparazione, inventiva, fantasia e coraggio, che a confronto tutti questi gruppi (non me ne vogliate se sembrerò un pò blasfemo) sembravano delle parodie da macchietta… gli Anekdoten sono spiccatamente retrò, hanno iniziato come cover band dei King Crimson infatti, ma (seppur sempre vicini a questo neo-prog) sembrano voler ripercorrere umilmente quelle “lezioni” senza strafare… mi ha colpito la loro umiltà oltre che bravura. cmq non vorrei aprire uno scontro tra vecchia e nuova scuola, anchè perchè sarebbe sterile.. l’evoluzione c’è stata, ma su molte cose si è cambiato proprio approccio… è solo un mio parere :->.. grazie Vlà:)