In una vellutata luce cremisi si è levato un vento caldo dalla voce di sognatore e sogno, un respiro ha cominciato a dilagare dall’anima e dalla carne di un uomo che ne ha fatto musica, una musica capace di cambiare e fecondare deserti, di trasformare il riso in fremito, di scomporre il limite tra gioia e dolore, di far del silenzio il suono di un dono.
Una lunga notte ha dilatato i suoi attimi per accogliere nel suo ventre questo cantore ed i suoi compagni, insieme si sono presentati giullari per poi svelarsi incantatori veggenti… perché capaci di vedere e far vedere, di scorgere attraverso la pelle delle cose i sentimenti, di mostrare il volto di quell’amore che sa offrire all’altro il desiderio di riconquistar se stesso e di perdersi.
Questi incantatori vestiti d’ironia per ore hanno compiuto alchemiche magie, hanno conquistato occhi, posseduto anime, rapito membra mentre erano intenti a tramutare legni e metalli in un oro invisibile, ma udibile, in una preziosa materia sonora che ha ammantato i presenti, penetrando nel loro profondo fondendosi col sangue. Benvegnù ha fatto della voce un filo sottile con cui legare i corpi, delle parole dei chiodi con cui fissarli alle sedie… e con le medesime parole ha ancorato sensi ed emozioni all’impalpabile tessuto dell’anima, lasciando che palpiti e vertigini si impigliassero tra quelle maglie, facendone un cielo costellato di bagliori.
Nuovi canti sono giunti con questi sapienti musici ad innamorare, si sono intrecciati a quelli già amati, portando in sé l’eco di uno Scisma che ha frantumato ogni differenza tra musica e poesia, che ha saputo essere e permanere non come distruzione ma come origine… di una bellezza fertile, creatrice dello stupore, nutrice e nutrimento del sentire. Tra le braccia di questa generosa e maestosa bellezza sono stati evocati amori santi ed amori blasfemi che si sono con-fusi con Cerchi nell’acqua, affinché tutti si fermassero “un istante per considerare che il respiro è un dettaglio che ci rende uguali”, che nei volti e nelle mani c’è una “luce invisibile da succhiare”. D’improvviso la malia della musica ci ha lasciati tornare primitivi e, sussurrandoci quanto siamo Suggestionabili, ci ha resi consapevoli del fatto che ci muoviamo pur restando immobili, che siamo il vertice e l’assoluto, il genio e il nostro stesso assassino, l’ultima cosa che abbiamo e la prima che avremo.
Dalle prigioni noir, quelle che ognuno di noi costruisce e custodisce, il suono ci ha condotti più giù, nel Centro, fin dentro quelle profondità, le sole, dalle quali è poi possibile librarsi nell’aria… e liberi ci ha resi la musica, di tremare e farci accarezzare dalle lacrime, di assaporare la felicità.
Con un’ultima magia ci hanno lasciati i veggenti incantatori, andando via si sono fermati sulla soglia ed hanno trasformato il silenzio in canto ed incanto, è bastata una voce ed una chitarra, le anime ad amplificare, per scoprire Simmetrie ed abbracciarsi chiedendosi Che cosa sono le nuvole.
Paolo Benvegnù e il suo gruppo di ammaliatori, Luca Baldini ed Andrea Franchi, ma anche l’assente Guglielmo Ridolfo Gagliano, hanno fatto del loro esser poesia la fonte di una meraviglia che afferra alla gola, che scava la schiena, che cinge i polsi, che sussurra e genera emozioni. Questa meraviglia si è compiuta con grazia anche questa notte.
Rientrando nelle proprie case, si porta seco la consapevolezza che c’è una camera scura dove un cuore di luce rossa è acceso e pulsante, illumina costantemente Piccoli fragilissimi film che attraggono le anime, come la luna fa col mare. In quella medesima luce stanno nascendo e sbocciando parole che sono luoghi, culle fatte di Labbra dischiuse che custodiscono gli amori, ogni forma d’amore, quell’amore che rimane. La bocca sorride insieme agli occhi al pensiero di quel sognatore, che desidera e plasma sogni perché abitino questo mondo adornandolo di sensi e meraviglie… è la gratitudine che dilaga, che resta come l’amore e certe indelebili gioie. (Foto by Rosa D’Ettore)
Simmetrie/Che cosa sono le nuvole
Valentina, vorrei che fossero i miei occhi a parlare, ma dovrai aspettare per vederli.
Ma uso le tue parole per spiegarli: “è la gratitudine che dilaga, che resta come l’amore e certe indelebili gioie.”.
Grazie per avermi fatto (ri)vivere un sogno.
Lucy
Domani sera potrò chiudere anche l’ultimo capitolo. Assisterò all’ultimo dei tre spettacoli.
Chiuderò tutto in un ermetico scrigno trasparente. Lascerò guardare, ma tratterrò l’essenza. Deve rimanere intatta.
E’ bello capire dalle parole di Valentina che il messaggio colpisce sempre allo stesso modo, sfidando la geografia, a Bologna come a Roma.
La bocca sorride insieme agli occhi al pensiero di quel sognatore, che desidera e plasma sogni perché abitino questo mondo adornandolo di sensi e meraviglie… è la gratitudine che dilaga, che resta come l’amore e certe indelebili gioie.
…è proprio così.
Un inchino a Vale al signor Benvegnù
Qualcosa che resta, dici bene, come l’amore, come certe gioie: grazie per lo sguardo e per il cuore.