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La collina come luogo della mente dove seppellire le nostre paure: Intervista a Creme

Prendete Neil Young, Edoardo Bennato e Nick Drake, frullateli bene ed uscirà Creme, il nuovo songwriter, la nuova speranza della musica italiana. Supportato da Cristina Donà e da tutta la stampa, LostHighways l’ha fermato dopo lo showcase alla Fnac di Napoli per approfondire la sua poetica.

Qual è il concept che si cela dietro il titolo dell’album? In altre parole cosa hai seppellito sulla collina?
Non c’è un concept… un filo che lega i brani, però è come se ci fosse perché è denso di riferimenti autobiografici. Quando scrivo canzoni parlo di situazioni che riguardano me e persone che conosco. Fondamentalmente le vicissitudini umane si assomigliano un po’ tutte. Sulla Collina è più un testo legato ad un viaggio mentale, nel senso che racconta molto di stati d’animo e di luoghi della mente.

Per me, la collina è una metafora: la possibilità di seppellire ciò che non si ama più o affrontare delle paure che, come dico nella canzone, non sempre ritornano, si pensa erroneamente che le ombre di queste paure ci possano perseguitare a vita ed invece possiamo crearci un posto nella nostra mente dove rinascere, ripartire. Ogni morte conduce ad una rinascita, non nel senso religioso, fisico ma mentale.

Noi di LostHighways siamo molto legati a Cristina Donà (n.d.r. il nostro primo articolo è stato un’intervista a lei). Cosa ha significato per te questa collaborazione, soprattutto per questo tuo disco d’esordio?
Devo molto a Cristina, le è piaciuta tanto la mia musica. Ha provato tanto piacere ad aiutarmi in questo disco come facevano una volta molti grandi artisti… ora non lo fanno più. Lei ci prova a far emergere un artista che apprezza. Il fatto che ha cooprodotto il disco è un atto d’amore verso la musica. E’ un fatto di amicizia, compiutosi con sincerità. Non ci può essere la speranza di un ritorno economico immediato perché io sono un artista emergente e faccio un tipo di musica che avrà il suo spazio ma sarà limitato rispetto ad altri generi. Quindi nasce tutto dalla stima.

Quindi è la passione assoluta verso la musica che ti muove…
Esatto. Quindi avere la voce di Cristina nel mio album è un dono di amicizia, per me è come portarsi degli amici in un’occasione speciale. Questo perché il disco, oltre ad essere un prodotto discografico, è frutto di sacrifici, di anni di gavetta. Quando fai un disco gli dai questa importanza. Il disco come oggetto ha ancora un suo valore e tutte le collaborazioni, compresa quella di Cristina, sono per impreziosire le canzoni, volendo vivere e partecipare ad esse e non solo semplicemente presenziare. Per me è stato molto importante che amici artisti abbiano voluto dare un loro contributo ad una mia canzone perché si sono riconosciuti, perché hanno fatto proprie certe mie canzoni ed hanno capito quello che volevo trasmettere con quel determinato testo o con quella determinata atmosfera musicale.

Diciamo che è il massimo traguardo per un artista riuscire a trasmettere le emozioni che erano alla base della nascita di una canzone.
Cristina impreziosisce il brano Sulla collina, la sua presenza è ben incastonata nel brano: lo ha fatto suo e questo si sente nel disco. Non c’è distanza, la sua voce è immersa nella canzone.

Il tuo songwriting è basato essenzialmente su testi esistenziali correlati ad immagini metaforiche forti come “la lama che affonda dietro le spalle” o “la verità che ti spacca i denti”… come nasce la tua vena compositiva?
Bella domana! Eh! Quando scrivo una canzone e lei che viene da me. Io non ho mai provato a scrivere una canzone partendo da un tema di base. Le frasi in italiano hanno già una loro metrica e questo può far sembrare più facile che scrivere in inglese. Quindi una frase che mi frulla in testa ha già il suo suono e con la chitarra do un senso a quelle parole. Sono principi casuali.

Penso che nulla sia casuale. E’ frutto di un flusso di coscienza immanente a noi stessi che ha bisogno solo di essere finestrato come nelle canzoni…
Infatti, anche per me. Parto delle canzoni con delle frasi che non avrebbero senso neanche per me, però poi quelle parole fanno riemergere ricordi della mia infanzia che riemergono inconsciamente. Quelle parole ti riportano su quei nodi irrisolti, quelle cose non dette. Quindi le mie parole possono essere un po’ pesanti come la lama che affonda dietro la schiena perché certi ricordi sono più forti di altri. Se hai ricordi intensi, profondi riemergono in una canzone con parole infuocate perché in quel momento si incendiano in virtù di un atto di libertà di sfogo che stai espletando. Quando scrivo una canzone io mi accendo… non c’è nulla di preordinato. Tutti iniziano con lo scrivere semplici canzoni ma ti accorgi di incrementare il tuo spessore di cantautore quando le tue canzoni danno prima di tutto qualcosa a te stesso. E quando avviene ciò il tuo songwriting diventa veloce, acquisisci spontaneità nel maneggiare la lingua italiana.

Possiamo dire che i tuoi riferimenti potrebbero essere Neil Young, Nick Drake, Elliot Smith?
I miei riferimenti sono tanti anche se sono ristretti. Nick Drake mi piace tantissimo. Elliot Smith lo conosco poco ma non sei il primo che me lo dice.

Anch’io ho commesso l’errore di non seguirlo in vita ma se lo approfondisci, ti folgora. Mi permetto di dirti questo proprio in base alle tue risposte date sino ad ora.
Io sono un cantautore anche se nel disco ci sono pezzi che sembrano suonati da un band. Tutto il disco l’ho arrangiato io e questo rientra nella mia natura egocentrica per certi aspetti. Delle volte è dignitoso ammettere il proprio egocentrismo. Neil young mi ha dato delle suggestioni che si sono sintonizzate subito in me, come Bob Dylan o il primo Bruce Springsteen di Nebraska, Beatles e Rolling Stones. Li ascoltavo da piccolo, quando in casa avevamo pochi dischi.

Il 5 dicembre ti esibirai nell’ambito della rassegna dello Spazio Aurora e, siccome noi supportiamo tale manifestazione, volevamo chiederti cosa ne pensi a riguardo. Cosa pensi delle iniziative che tendono ad avvicinare gli artisti emergenti agli artisti più affermati ed all’arte in senso generale, alla gente nelle grandi metropoli o in questo caso nella provincia?
Posso solo pensarne bene perché la musica e l’arte in generale non sono mai dannose. Sono una risorsa e per qualcuno anche una salvezza. La cultura e l’arte sono connaturate all’umanità quindi escludere l’arte dalla vita delle persone significa privarle della loro umanità. Significa soffocarli. L’arte può solo dare respiro, può far riflettere, può annullare il pensiero anche per un attimo, può far trascendere ma soprattutto fa parte della natura umana. Escludere l’arte dalla vita è disumano.

E in questa direzione… quale apporto può dare il mezzo che sembrava più freddo, mi riferisco alla rete che si sta dimostrando uno strumento democratico per la divulgazione dell’arte?
Immenso. Si è passati dall’idea romantica del vinile, del disco registrato tutto in analogico a queste tecnologie che permettono ad un giovane ragazzo, che non ha molte risorse, di prodursi un disco anche decente e anche di diffonderlo. Questo vale per qualsiasi forma d’arte… che sia cinema, fotografia, ecc. Io scrivo canzoni per arrivare alla gente, se Internet mi permette di farlo ben venga.

Parliamoci chiaramente, molte etichette discografiche stanno fallendo proprio perché sono cieche rispetto a questi nuovi canali alternativi di distribuzione. Molti artisti indie che hanno un bel bacino di fruitori sfruttando questi canali, poi quando arrivano alle Major scompaiono del tutto a causa di ciò.
Questo avviene perché non esiste un sistema legislativo ad hoc e quindi chi è scettico verso il web lo è fondamentalmente a causa dell’impossibilità del controllo soprattutto economico, non c’è guadagno. Anche se quello potrebbe venire dall’esibizione dal vivo che mai si potrà digitalizzare. L’amplificatore valvolare è una tecnologia antica e comunque lo si continua a comprare. Arrivare a tante persone è un grande traguardo, tanto mai nessuno mi potrà togliere il diritto di esibirmi dal vivo che è quello che contata di più per me.

Grazie mille.
Grazie a voi.

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2 commenti

  1. Parole assolutamente Giuste.
    Che bella intervista, Vlady…
    lineare, piacevole, rilassata.
    Complimenti.

  2. Un’inchino all’arte della domanda che osa senza invadere, che cerca la verità senza suggerirla.
    Grande, maestro. Come sempre.

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