Mediometraggio del plenilunio: fotogrammi di un momento di pienezza, di energie che invadono, di ferite che sanguinano di più, di una luna “adulta”, al massimo del proprio splendore, a sentire daccapo il legame con la terra, ad indagarlo, a metterlo in discussione.
L’incipit, Luna in piena, è incalzante, un viaggio attraverso ed incontro: attraverso la nuance blu notte della passione, incontro alle debolezze perché si frantumino nell’attimo dell’abbandono. Un attimo che possa accadere nonostante la pioggia, nonostante la polvere sollevata dalla corsa del tempo, dal calpestio del mondo, dallo sbadato ripetersi dei giorni, uno ad uno, mentre “sanguinano brividi e rancori/la pioggia rossa cade sopra i muri”(Pioggia d’estate). Un attimo che salvi, ipnotizzi, che metta coraggio laddove la memoria mette ombre, quando la paura diviene pazzia e la pazzia ricordo, perché il ricordo possa invecchiarsi in saggezza (Distese).
In un flash-back di tinte rosso fuoco si consuma l’incontro-scontro con il caso, con l’ineluttabilità di certi destini d’amore e non è rabbia quella che si scatena, piuttosto un tumulto allo stomaco, un desiderio di potere, una smania di in-consapevolezza (Il sole è grosso). Poter credere, per un momento almeno, che la luce di cui si brilla non è solo luce riflessa; per poi scoprire, con una tranquillità che finisce per lasciare disarmati, che a rimanere è proprio e solamente quella luce. Si tratti del mondo, di fede, di una coppia di amanti, a rimanere, dentro ad un silenzio che secca la gola, è la cicatrice della nostalgia, la colla del bisogno, “sempre la stessa miseria” (L’attaccapanni).
Su pellicola color seppia, invecchiata, a raffigurare l’abbandono trafugando il sogno, La verità è un monologo doloroso che trasuda, insieme alla delicatezza della comprensione, la mestizia della delusione, dell’irreparabilità dell’oramai accaduto. Le stesse tinte, ed un sussurro di voce, raccontano dell’amore quando ancora può, quando ancora deve credere di potere tanto, se non addirittura tutto (Questo giorno). Sfuma nel bianco e nero la combinazione di amarezza e afflizione per l’assenza di una qualsiasi logica “nella natura dei sentimenti”: l’amarezza dell’incomprensione, l’afflizione per i pianti causati, intuiti, non impediti (Combinazioni).
L’epilogo si consuma in due tempi. Prima il tempo del dispetto, dell’ossessione, della “maledetta” sete “che è rabbia”, del ghiaccio che “fredda il cuore”, della tempesta di vuoto che investe e non lascia scampo se non il duello contro le proprie forze (Tutto a posto). Infine il tempo dell’ammissione, del vuoto che è soprattutto solitudine, paura della solitudine, paura che sconfigge i dettagli e lascia assetati, svuotati, immemori (Niente più).
La voce di Nada è uno strumento accordato al diapason del cuore, cuore che è memoria, abbandono, esperienza. La voce di Nada è una chitarra, un’elegante chitarra a sei corde, pizzicata dalle sapienti dita della passione, una passione onesta, altra. La sua voce è un mantello che lascia scoperte le spalle, perché sono le spalle a raccontare il peso, la leggerezza, il piacere, la femminilità; perché non è la purezza di un’intonazione a scolpire la bellezza di questo disco ma è la personalissima, intrigante forma canzone che assumono i flussi di pensiero nel farsi note, confidenze, armonie. La maestria degli strumenti, animati uno ad uno da ingegnose ed accurate mani, si stringono attorno ai timbri delle corde vocali come a proteggerli, quasi a salvaguardarne il raro fascino, esaltandolo.
“Non so ballare niente né un tango né un valzer/non so ballare niente mi dondolo in disparte” (Luna in piena): non si tratta di un’ammissione che sveli un segreto; si tratta di un segreto svelato senza fare troppo rumore, perché la classe non è rumorosa, non sbatte all’uscio perché le venga aperto, non irrompe. La classe è dentro agli elementi, è naturalezza, è l’estro delle stagioni, è colore neutro che esalta le sfumature, è plurale, è riservata, è ammiccante. Nada Malanima è un’artista di classe, capace di osare coerenza e talento laddove altri non oserebbero che un abito nuovo. Avere delle idee e lasciare che, nude, repentine, sensuali, si insinuino fra i luoghi comuni, smascherandoli, è altro dal mestiere: è classe.
Credits
Label: Radiofandango – 2007
Line-up: Parole e Musiche di Nada Malanima – Produzione esecutiva: Marcello Villella – Ospiti (Brani 3-10 – Nada Malanima & Gerri Manzoli): Cesare Basile (chitarra elettrica, acustica, dobro, banjo) – Lorenzo Corti (chitarra elettrica) – Luca Rossi (basso) – Jorge Bosso (violoncello) – Marcello Sorge (batteria); (Brano 1 – Nada Malanima; arrangiamenti, direzione orchestra: Lucio Fabbri) Roberto Gualdi (batteria) – Antonio Petruzzelli (basso) – Chicco Gussoni (chitarra) – Lucio Fabbri (chitarra e violino) – Stefano Cisotto (sintetizzatori); (Brano 2 – produzione: Nada malanima & Lucio Fabbri per Amarena Music) Roberto Gualdi (batteria) – Antonio Petruzzelli (basso) – Stefano Brandoni (chitarra) – Lucio Fabbri (pianoforte) – Stefano Cisotto (sintetizzatori)
Tracklist:
- Luna in piena
- Pioggia d’estate
- Distese
- Il sole grosso
- L’attaccapanni
- La verità
- Questo giorno
- Combinazioni
- Tutto a posto
- Niente più
Links:Sito Ufficiale,MySpace
E’ classe…verissimo. E sono felice di condividere con te, con voi, la stima che nutro per questa grande artista.
Bellissima recensione, vera, palpitante.
Una recensione che nasce da anni propri, dai ricordi, da giorni da non scordare.
Solo tu potevi, così.