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Archi luminosi e ombre: L’agonie du quatrième@Underground (CE) 15/11/07

Succede qualcosa di strano ultimamente dalle nostre parti. Succede che spesso e volentieri la musica “diversa”, quella che non ha motivetti facili, ritornelli poppeggianti, strofette innocenti, viene snobbata sistematicamente.
E’ vero, viviamo giorni di apparenza, è vero anche che spesso ci divertiamo con cose innocue ma come mai la sperimentazione e il coraggio di esplorare altre vie, altri orizzonti, è sempre più raro?
E’ quindi con gioia che vi dico che giovedì scorso ho assistito a un concerto che mi ha lasciato soddisfatto e contento, ammirato e divertito. Dove? A Caserta, nel profondo sud, in un localino dove si sta concentrando la musica di giovani leve della zona e dove si sono esibiti tre strani tipi che sulle prime sembravano teatranti più che musicisti. E che forse lo sono.

L’agonie du quatrième è un ensemble atipica, diversa dalle formazioni che spesso si vedono e si ascoltano in giro. Giovanissimi, estrosi ma timidi, senza l’atteggiamento da rockers delle band giovani. Forse perché nel rock ci vanno stretti, a giudicare dalla loro musica e dal loro show.
Quando calano le luci dietro la batteria, o meglio, dietro la postazione di percussioni, si siede un ragazzone con un cappello simil-cilindro ottocentesco che inizia con l’accarezzare le sue pelli, a creare un sottofondo leggermente ipnotico, quasi tribale se non fosse leggero, sussurrato, accarezzato dalle note delle campane tubolari. Ecco che il chitarrista, camicia rossa su un pantalone nero e un cappello old english ben piantato sulla testa, diffonde nell’aria i suoi arpeggi delicati, incisivi, mai banali.
La sorpresa arriva dopo pochi attimi.
A scatti si fa strada sul palco un mimo! Un mimo… sì, avete letto bene. Aderente calzamaglia nera, cerone o roba simile su tutto il dorso nudo e un trucco nero che delinea i suoi occhi penetranti. Si muove dapprima a scatti, poi sempre più leggero segue la musica che si diffonde nell’aria intervallando movimenti delicati ad altri più aspri, a seconda dell’incedere del brano. Si appresta a battere al tempo su una vecchia macchina da scrivere. Il pubblico lo osserva, alcuni incantati, altri divertiti, altri ancora con un ghigno stupido sul viso. Il mimo si abbassa, si muove, si contorce ed eccolo avvicinarsi ad un contrabbasso. Lo abbraccia come un amante e come un amante lo fa sussurrare.
Il suono delle corde carezzate dall’archetto si diffonde nell’aria e si intreccia con la chitarra che ricama a-soli e con le ritmiche che diventano sempre più incalzanti.
Il contrabbassista chiude gli occhi e suona, amante gentile, mimo leggero, ormai la musica ha misteriosamente raggiunto il suo scopo: nessuno riesce più a sorridere ma viene trasportato verso altri luoghi. Luoghi fatti di note, di ricami, di aria musicale. Non una smorfia superba ormai sui visi degli astanti, non un ghigno, ma solo rapimento, stupore, meraviglia.
L’agonie du quatrième si esibisce in brani scritti da loro: Frammenti, Arpa, La Chanson Blanche, sono solo alcune delle loro composizioni, sono solo parte dell’aria che diventa suono.. Sono tutte di una bellezza disarmante, a volte sensuale altre divertente, spesso delicata per poi divenire violenta.
Resto davvero stupito quando mi sembra di riconoscere una cover di Tom Waits…ed è lei! E’ Jockey Full Of Burbon! Stupito perché è davvero raro che si citi Waits! Ma non solo! Ecco arrivare cover di Yann Tiersen, Venus, Faith No More, Dirty Tree.
Vuol dire che le frontiere della musica d’autore sono tenute sott’occhio anche in questi giorni di scarso impegno e di suonerie per cellulari. Vuol dire che ci sono davvero, per la musica, strade perdute ma non dimenticate su cui chi ha anima, come questi tre ragazzi, può ancora trovare ai bordi della strada un ispirazione e una spinta in più.
Il concerto finisce così, tra le suggestioni di arco di Konkra, le chitarre distorte di Claudio sui tappeti di djambè tessuti da Luciano.
Una serata diversa con un sottofondo musicale diverso.
Una bella serata, buone vibrazioni e, soprattutto, un gruppo da tenere d’occhio sperando che si facciano notare, oltre che dalle mie ridicole orecchie, anche da quelle di chi conta veramente.
Perché a momenti uscirà il loro primo lavoro e sono sicuro che sarà un lavoro fatto con un ingrediente raro.
Il cuore. (Foto by Mario Petrillo)

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3 commenti

  1. Bellissima recensione che rende chiaramente l’entusiamante stupore che si prova di fronte a qualcosa di BELLO.

    Sto ascoltando qualche loro pezzo su myspace, vedo le foto…me li immagino…

    aspetto con ansia un live a portata di auto!

    Grazie per avermi incuriosito come una scimmia.

  2. Grande Live report! Fratello Gentile hai scovato una bella perla! Grandi anche le foto di Mario!

  3. Ok… pure io!
    Bravo, Cri… qualche volta fai centro!!!!:P
    Complimenti pubblici al fotografo che per me è Pietro… così impari a farmi impazzire invertendoti nome e cognome!

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