I Mariposa hanno pensato bene, dopo nove anni di attività svolta lontani dalle grandi luci, di riunire in un unica opera discografica molte delle cover che hanno portato in giro per le città dello stivale toccate dai loro spettacoli. E’ assodato che i sette musicisti della band siano completamente pazzi (da leggersi con simpatia) perché pochi intraprenderebbero una strada tanto complessa ed azzardata. Per fare ciò hanno voluto/dovuto scomodare alcuni tra i cosiddetti “pezzi da 90”, cosa che solitamente fanno solo due categorie di musicisti: i “mentecatti musicali” (che non hanno materiale ed idee), oppure i geni.
Buona la seconda.
Ricapitolando: i Mariposa nascono nel lontano 1989 e realizzano fino ad ora una quantità industriale di produzioni artistiche aventi come comune denominatore la musica. I componenti del gruppo suonano, producono (La famosa Etichetta Trovarobato), realizzano programmi radiofonici (Magazzeno Bis in onda su 34 radio italiane e 4 estere) e scrivono ed interpretano spettacoli teatral-musicali.
I Mariposa sono incredibilmente abili nello sconvolgere ogni genere musicale e prendere di sorpresa l’ascoltatore. Paradossalmente, nella musica dei Mariposa, l’imprevedibilità è una costante, che mai annoia. Non si tratta di virtuosismi musicali dilungati all’infinito, bensì di scomposizione e calidoscopica ricomposizione.
Dal 2003 la band afferma di fare “musica componibile” proprio perché l’assemblaggio delle cucine componibili risulta essere la più efficace metafora che riesca a descrivere il loro approccio compositivo. Ogni genere musicale viene sezionato in blocchi regolari, poi viene limato e combinato con altri. Infine, con lavoro artigianale a regola d’arte, si unisce il tutto, curando i dettagli, nascondendo ogni punto di giunzione, rendendo il risultato solido ed affidabile.
La sublime capacità dei musicisti in questione sta nell’offrire un punto di vista rivoluzionario in ogni pezzo da loro eseguito: una realtà colorata e disassata, caricaturale ma mai portata all’esasperazione.
Nel 2007, due anni dopo il successo del doppio album Pròffiti Now! Prima conferenza sulla Musica Componibile la band decide di continuare a “seminare panico d’eccitata allegria” con Best Company.
In questa fatica i Mariposa offrono reinterpretazioni spesso insolite, in cui gli stessi musicisti si divertono talvolta a sconvolgere completamente i brani, in altri casi, invece, si limitano a spostare il punto di vista/ascolto del brano, svelando dettagli inimmaginabili.
Inserendo il cd nel lettore si aprono le danze con una spumeggiante Ob-la-di Ob-la-da dei Beatles. Il pezzo è più brillante dell’originale, lasciando da parte il “pudore” che forse i Fab Four cercavano di mantenere. Pensate ai 4 di Liverpool saltare e cantare in mutande avendo al loro fianco Bud Spencer che rumoreggia passandosi le dita sulle labbra. E’ uno spasso che scalda gli animi per introdurre la ben più seria seconda traccia, dove il rock progressivo dei King Crimson perde stabilità e decolla come un razzo nello spazio.
Il pezzo è sostenuto da un motore di fiati e tastiere che rendono davvero energica la personalissima Sex sleep eat drink dream. Il pezzo mantiene la sua struttura tipica del sound progressivo, ma il marchio dei Mariposa è evidentissimo in ogni passaggio, tanto folle quanto lucido: sicuramente uno dei pezzi meglio riusciti dell’album.
Saltando qua e là nell’album si possono quasi toccare le diverse facce di questo fantasioso lavoro.
La psichedelia si riversa in una mente “bambina”, sfornando pezzi giocosi e pieni di trabocchetti e passaggi segreti.
Il suono elettrico si unisce ai saltellanti fiati di Enrico Gabrielli e alla recitante voce di Alessandro Fiori ne Il mostro e l’aerosol mentre in Oily way / outer & inner temple, la psichedelia prende altre strade.
Pur mantenendo fede all’originale pensiero dei Gong, i Mariposa si perdono funkeggiando allegramente dando più peso alla ritmica. Le tastiere giocano, le voci distorte invocano, mentre i fiati inseguono le teiere volanti nella Oily way (“You will see the Teapots flying down the Oily Way…”) fino a perdersi in uno stato di soffice trance, delineata da musica rarefatta e spaziale in cui pure i Pink Floyd sembrano essere dietro l’angolo.
Il suono si spoglia completamente nelle prime battute di Si vede (Jannacci), dove il testo è accompagnato da suoni bassi, che però vanno crescendo insieme alla voce. Un clima di sofferenza e teatralità esplodono nel finale. Enzo Jannacci può essere felice di questa colta reintepretazione, come credo che anche Faber possa essere felice della sua rinata Monti di mola. La dolce eleganza di Fabrizio De Andrè è irraggiungibile, ma il suono dei Mariposa va a riempire ogni cosa con propria ritmicità e melodia, a tal punto da incantare.
Una delicatezza inaspettata rende questo brano una delle reinterpretazioni di De Andrè forse più sincere di sempre.
Si respira un po’ di Capossela in alcuni passaggi de L’apprendista (Stormy six), dove una lunga digressione strumentale ci trasporta in un mondo stracolmo di suoni tipici del circo, della fiaba e del cartone animato che finiscono sfumando come in un sogno.
L’ironia dei Mariposa viene sintetizzata magnificamente nel testo di Giorgio Gaber di Un’idea, dove la base costante dal carattere elettronico sembrano sottolineare l’automazione dell’uomo moderno (“Un’idea, un concetto un’idea / finché resta un’idea è soltanto un’astrazione / se potessi mangiare un’idea / avrei fatto la mia rivoluzione”). La musica però vede una nuova veste: la chitarra acustica lascia spazio a percussioni, chitarra elettrica, tastiera ed effetti strani, sconvolgendo il pezzo. E’ incredibile quanto la nuova versione sembri la figlia irriverente dell’originale che però, come tutte le figlie ha gli stessi occhi del papà.
L’esperimento più folle presente in questo album è la cover di Male di miele, degli affermatissimi Afterhours. Nella famosa versione del gruppo milanese la graffiante voce di Manuel Agnelli subentra subito dopo un ruvidissimo riff di chitarra. Il testo narra le angosce di un uomo, i suoi problemi e la sofferenza intima, tanto appiccicosa ma a volte dolce, come il miele.
Come si può sconvolgere in modo totale un pezzo di questo genere diventato simbolo del rock made in Italy degli anni ’90? I Mariposa pensano al suono liquido e digitale di una base elettronica ed al canto di un bambino di otto anni. L’immagine della rockstar maledetta viene demolita dall’innocenza di un bambino che canta di errori di vita e sofferenze. Nella mente dell’ascoltatore il divo torna tra i banchi di scuola alle prese con i soliti problemi di scambi forzosi di merendine e gradassi di turno da sopportare. Il bambino è tenero ma deciso; l’ingenuità è davvero dolce nell’inesperto cantato di “e la grandezza della mia morale, è POPORZIONALE al mio successo”.
I Mariposa hanno rischiato tantissimo, ma sembra che questo non interessi loro, da sempre. La curiosità e il gioco sembrano essere gli unici pilastri che sorreggono la loro esistenza. Nonostante i molteplici impegni di tutti i componenti sia nella veste di musicisti (Afterhours, Amore, Marco Parente, Morgan, Alessio Lega) che in quella di produttori con la Trovarobato, i Mariposa non abbandonano il loro scanzonato progetto.
L’obiettivo è non avere mai un reale obiettivo: sparare sempre e dove capita. Chi c’è, c’è. Non c’è scampo per nessuno. La fantasia è il proiettile più potente mai esistito, e i Mariposa lo sanno.
Credits
Label: Trovarobato – Audioglobe (2007)
Line-up: Alessandro Fiori (voce; violino) – Enrico Gabrielli (fiati) – Enzo Cimino (batteria; percussioni) – Gianluca Giusti (wurlitzer; sintetizzatore) – Michele Orvieti (sintetizzatore; pianoforte) – Rocco Marchi (chitarra; basso) – Valerio Canè (basso; armonica; voci)
Tracklist:
- Beatles, Ob-la-di Ob-la-da
- King Crimson, Sex Sleep Eat Drink Dream
- Afterhours, Male di Miele
- Gong, Oily Way / Outer & Inner Temple
- Dmitrij Kabalevskij, Il mostro e l’aerosol
- Enzo Jannacci, Si vede
- Giorgio Gaber, Un’idea
- Stormy Six, L’apprendista
- Fabrizio De Andrè, Monti di Mola
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