Non mi ricordo quanti sono i concerti dei Subsonica che ho visto, ma sicuramente negli ultimi quattro anni credo di aver visto tutti quelli di Firenze e zone limitrofe.
Dieci anni fa ero ancora una piccola donzella. Dieci anni fa.
Per una strana congiunzione astrale mi ritrovo a partire da sola per questo concerto. Mi capita spesso in tutta onestà e a volte è una necessità quando fotografo. Stavolta, no. Ma tutto sommato mi va bene così perché dentro di me so che alla fine ci sarà poco posto per altro, oltre a me.
Non so bene descrivere le sensazioni che si provano quando si vanno a fare cose che si conoscono e che si amano, è una sorta di consapevolezza. Una sorta di sabato del villaggio.
E’ che so per certo che stasera mi divertirò, che la razionalità sarà una cosa vaga, che alla fine della serata avrò dentro un’energia molto particolare. Questo è il sottofondo stratificato. Ho ancora bene in mente la serata di maggio 2005 sempre al Mandela Forum.
Parto di casa presto, in macchina sfreccio fra i camion in autostrada muovendo il bacino a tempo di musica. Sono pochi giorni che ascolto il nuovo album e alcune delle canzoni sono già certezze.
Ho elaborato con il tempo l’abbigliamento per questo tipo di concerti. Maglietta senza maniche, jeans e giubbotto il meno ingombrante possibile. Una sciarpa, perché c’è un freddo incredibile, e la macchina fotografica. E’ la prima volta che vado ad un concerto dei Subsonica con la Reflex. Ho sempre evitato. Ma stasera, no. Sono partita presto proprio per trovare un posto strategico in cui poter fotografare e ballare. Ho dovuto fare una scelta drastica in fatto di obiettivi. Solo uno zoom lungo, perché sicuramente mi terrò ai margini della bolgia.
Prima delle otto sono già al parcheggio del Nelson Mandela Forum (FI) a cambiare il mio biglietto, un attimo dopo entro dentro il palazzetto e raggiungo il posto che cercavo. In basso vicino al campo, nell’ultima fila di sedie relativamente vicino alla metà del campo.
Nel frattempo il palazzetto si riempie di gente, lentamente, un flusso continuo in movimento. Piccole formiche che si aggregano.
Le luci sono ancora accese quando sale sul palco Samuel e attacca Tutti i miei sbagli.
Poi si abbassano le luci… parte Veleno e il colpo d’occhio è incredibile. La scenografia, curata da Mamo Pozzoli, è mozzafiato. Il gruppo è schierato in linea sul palco in maniera decisamente minimale. Dietro di loro e davanti due lunghissimi pannelli con luci led che si posizionano a diverse altezze a seconda dei pezzi.
Una sorta di gabbia luminosa densa di giochi di luce. Linee rosse su sfondo blu… effetti di luce che scorrono come scariche elettriche sul pannello, mi sento come una bambina che rimane ferma con la bocca aperta davanti al giocattolo nuovo.
Subito dopo parte La glaciazione, le luci diventano dei lampi rossi, ti senti quasi risucchiato in un tunnel luminoso spazio-temporale. La pace è finita, dal nulla tutto il palazzetto implode. Si Balla.
E poi tutto torna indietro, il nastro si riavvolge “su tutto ciò che ora parla di noi”. La voce di Samuel è accompagnata dalla nostra e quando finisce la prima strofa il delirio è già totale. Ci saranno sui 40 gradi e il mio giubbotto è finito chissà dove. Delle luci sottilissime tagliano l’aria blu. I corpi si muovono in un’onda unica.
Le grate si dipingono di figure geometriche, dal basso partono delle luci viola, si apre la porta della Discoteca labirinto.
Neanche il tempo di tirare il fiato e l’aria si scalda ulteriormente. Le luci stavolta sono rosse e provengono dall’alto E subito dietro di loro dei fasci arancio che ruotano. Parte L’errore e Samuel è anche più scatenato di noi. Anche Max, generalmente molto ponderato, si agita frenetico sul palco. Ninja pesta duro.
Poi uno dei momenti scenografici più belli. Di nuovo si colora tutto di rosso e i pannelli sono una sorta di mare in cui scorrono onde e pesci, o per lo meno è questo quello che vedono i miei occhi. Loro cantano Colpo di pistola. Lo spettacolo è curato fin nei dettagli.
Lasciati, per farci tirare un po’ il fiato, anche le luci ci aiutano. Stavolta sono verdi. Poi parte una delle mie preferite Preso blu, in una versione molto suggestiva. Samuel stasera si muove poco, ma ha una potenza espressivaformidabile. E’ molto più dosato, e l’effetto è alla fine decisamente efficace. Scatenato quando serve, lieve nel resto dei casi. Cane Nero… uno dei pezzi migliori del nuovo album.Poi si ritorna al passato con Liberi tutti. Nel pannello in alto le grosse linee esplodono.
Pausa e, nel frattempo, scendono ancora le grate fra noi e loro.
Si diffondono le note di Angeles (omaggio ad Elliott Smith), Samuel è alla chitarra classica.
Ali scure ovvero racconto della vita in una città in guerra. Le grate sono sempre davanti a loro e dall’altro fasci luminosi blu roteano dando l’impressione di una caccia all’uomo. Il controluce di loro 5 è il momento topico di tutto il concerto. Indimenticabile.
L’ultima risposta e Samuel salta… salta, e anche tutti noi.
La canzone che segue stupisce molti dei presenti. E’ una cover di Battiato.
In pochi conoscono le parole, in pochi di quelli che hanno vent’anni. Una versione che mi manda quasi in estasi. L’avevo già sentita, e dentro di me avevo coltivato la speranza che ci fosse Battiato stasera. Cosa improbabile, ma i sogni sono sogni.
Di nuovo disegni geometri e blu. L’odore. Per la prima volta mi giro e guardo tutto il palazzetto che è completamente pieno. Da tutte le parti le persone ballano. Ovunque. Anche sugli spalti. E’ un delirio totale.
Ratto, le mani battono così fortemente e a tempo che sembra quasi impossibile.
Perfezione legata al ritornello di Piombo. Salutano ed escono.
Il ritorno… è ovvio!
Scoorrono fiumi di note da Il cielo su Torino a Nuova ossessione.
Escono ma per preparare l’attesa di Tutti i miei sbagli in versione acustica. Il coinvolgimento del pubblico è totale.
Concerto molto carico… non è una novità.
Eppure non so se sia stata una serata sporadica, ma pare che qualcosa sia cambiato.
Aria meno tirata. Eppure più intensa. Un concerto diverso. E l’idea di vederne altri così non mi dispiacerebbe affatto. (Photo Gallery)
Sai condurre fino a lì, sotto al palco, dentro alle luci. Leggerti è muoversi a tempo di musica.
Si, sembra dal tuo racconto che non sia stato il solito concerto,a proposito di concerti “unici” a me piacque moltissimo quello fatto alla Villa Demidoff di Pratolino due estati fà, sia perchè fu in dubbio fino all’ ultimo causa pioggia, sia per l’ atmosfera che il Parco con il Colosso dell’ Appennino sullo sfondo dava all’ evento.
Si, anche quello fù molto suggestivo, proprio per l’ambientazione..
Quanti aneddoti avrei da raccontare di quella serata.. Non per ultimo il fatto che qui davanti alla mia scrivania, attaccato alla parete c’è il cartellone dell’indicazione del parcheggio di quella serata
[ovviamente sottrato a concerto finito..]