Sentire il mistero, abbracciarlo nel peso della consapevolezza. Sentirlo sciogliendo le catene del razionale. Guardarlo con occhi, orecchie, mani e cuore… attraverso le vie di una conoscenza libera nel sogno.
Il fascino di un’oscillazione tra il Sogno della fiaba e
Benevento. Luogo di streghe.
Perché lei? Perché proprio la tragedia della sua bellezza che vive la metamorfosi del sangue e della follia?
Posso dire che la scelta di “impersonare” la nostra musica in questa creatura mitologica dal torso di donna e coda di serpente sia dovuta proprio alla sua storia così poetica ed evocatrice di una “coesione possibile” tra
Il poema di John Keats Làmia è stata la versione narrata che più mi ha “sedotto” tra tutte quelle più antiche e tradizionali. Làmia in questa versione è capace di amare il giovane Licio nonostante il suo essere diabolico, ma è amata da lui solo e perché riesce a riottenere da Hermes quell’aspetto bellissimo e seducente che aveva originariamente, prima della maledizione che la trasformò in un essere metà donna e metà serpente: “Ero una donna, concedimi di esserlo di nuovo per una sola volta; ridonami le mie sembianze umane e il mio antico fascino… amo un giovane di Corinto”.
Il poema si conclude con la tragica e dolorosa rivelazione dell’aspetto terribile di Làmia dinanzi al suo amato Licio, proprio durante la celebrazione delle loro nozze, quando il filosofo Apollonio (metafora del realismo) pronuncia a gran voce il vero nome della fanciulla rompendo l’incantesimo di Hermes.
Il nome “Làmia” diviene per Làmia la sua condanna, svelando la sua mostruosità al gelido sguardo della ragione per poi svanire nel vuoto, come se fosse inghiottita dalla propria follia per aver osato convertire la realtà in sogno.
Che suono distruttivo e terribile poteva essere la voce di Apollonio che urlava il nome Làmia per quella creatura nel bel mezzo del suo sogno? Me lo sono chiesto tante volte…
Proprio quando si è sulla soglia di sfiorare il “Sogno della Fiaba” ci aggredisce, spietata, la “Tragedia del Reale”… ma spesso accade anche il contrario, per fortuna!
Credo che una musica, una canzone nella sua fluidità di momenti, di movimenti e nel suo incessante afflusso di umori e di suoni possa essere in grado di concedere misteriosamente aspetti eterogenei ed apparentemente contrastanti: il Sogno e
Eufonia del pianto… è il pezzo che dà il titolo all’Ep. Un titolo che diventa massa concettuale dei Làmia. Condensa e suggestiona, evocando… Posso azzardare che nasconde una ricerca estetica? L’estetica del sogno che travalica le sovrastrutture razionali e recupera le dinamiche dell’aisthanomai ovvero la conoscenza mediata dalle sensazioni…
Eufonia del pianto per me è una specie di “elogio” al pensiero visionario dei malinconici.
C’è secondo me una sottile differenza di sguardi, di visioni e di colori tra la tristezza e la malinconia.
Rendere consonanti due suoni scordanti è l’eufonia… un dolce suono può esserlo il pianto nel suo essere amaro. L’eterogeneità, la diversità e la contrapposizione delle cose è frutto solo di un conoscere razionale che taglia e fa a pezzi il “Tutto” riducendolo in definizioni rigide e morte.
Il “vero realista” può e dovrebbe dimostrare che in fondo la realtà è fatta da sogni, perciò essa è vulnerabile e plasmabile… ecco cosa vuol dire romanticizzare la realtà.
La razionalità che fa a meno del magico (sogno) e degli incantesimi (passioni) avrà un insormontabile limite che poi non sarà altro che la realtà stessa: ciò che la razionalità cerca di spiegare fino ad annientarla.
L’indicibile è l’impossibilità logico-razionale del discorso così come l’invisibile è l’impossibilità della visione. Ecco il silenzio mistico e lo sguardo cieco … due modi di esperire e penetrare il Mistero.
Credo allora che se non ci fosse mai stato alcun mistero o alcunché di ignoto non ci sarebbe stato altro che morte. I più grandi scienziati finora apparsi hanno confessato al termine della loro vita di sapere meno che mai. Più aumenta la conoscenza più aumentano le domande… e sopravvive solo quell’Infinita Potenza di Essere e di Conoscere legate dal Mistero.
Quindi… una strada tra le ombre dei sogni per romanticizzare la realtà, per superare i limiti del finito e giungere a La sola infinità?
Dall’interiorità parte il cammino misterioso… tuttavia l’interiorità comunemente intesa non è la meta finale del percorso, ma solo la chiave per aprire la porta dell’Ignoto.
Il compito della cultura è far sì che l’uomo diventi possessore del proprio “IO Trascendente”, e quindi di essere davvero l’IO del proprio io. Chi non comprende se stesso non potrà mai comprendere gli altri.
La sola infinità è per me l’Autorivelazione dell’identità e non dell’opposizione tra l’ IO e il non-IO…
Mi spiego meglio: l’elevazione del Mondo allo stato di Mistero coincide proprio con il Mistero interiore della propria esistenza.
Uno stesso Mistero identifica e fa coincidere l’IO e il NON-IO… uno stesso Silenzio avvolge entrambi in una Sola Infinità.
L’espressione romanticizzare la realtà l’ho desunta da un frammento di Novalis, un giovane filosofo romantico che ebbe purtroppo una vita abbastanza breve: “Quando conferisco al volgare un alto significato, al comune un aspetto enigmatico, al noto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza di infinito, io lo rendo (il mondo) romantico”
“Io ascolto senza guardare e così vedo” (F. Pessoa)… Spirito cieco…
Posso dire che lo Spirito cieco abiti il “cuore”… Chi guarda con il cuore sogna e vede ciò che gli altri non possono vedere… e limitata e distorta sarà la vista di coloro che considerano non vedente ciò che vede di più.
Deserti in amore… nel silenzio… resistendo…
Nella solitudine le emozioni e i sentimenti raggiungono la loro massima intensità… quando siamo soli tutto risuona… l’amore nella sua tensione è lo slancio magico dell’uomo verso l’infinito… “Non l’amore, ma i suoi dintorni valgono la pena”. (Pessoa)
I Làmia e i Radiohead…
Sicuramente i Radiohead sono da sempre stati il nostro principale riferimento artistico, influenzando abbastanza alcune sonorità dell’ EP, Eufonia.
Credo che sicuramente la band di Oxford abbia influenzato per molti aspetti il rock di questo ventennio, per la loro ricerca incessante e la forza universale delle loro canzoni.
Per noi ha avuto molta importanza soprattutto il loro “modus vivendi e operandi”.
Il loro ultimo lavoro è indubbiamente encomiabile e molto raffinato, ma attualmente la nostra ricerca stilistica si sta incamminando verso altre sonorità, in vista della registrazione del nostro prossimo disco.
Siete stati tra gli otto vincitori di Rock Targato Italia 2007. Un ottimo traguardo… e ora?
Essere tra i vincitori della storica rassegna del rock italiano è stato indubbiamente un ottimo traguardo, un importante passo in avanti nel nostro percorso artistico.
Un nostro brano entrerà a far parte della Compilation (Rock Targato Italia vol. 19 -Terzo Millennio/ Self) che finora ha raccolto i più importanti artisti del rock italiano in quest’ultimo ventennio.
Siamo soddisfatti di questo risultato che sicuramente ha contribuito e contribuirà a darci una maggiore visibilità, ma siamo anche perfettamente consapevoli dei limiti di questo genere di concorsi che purtroppo non riescono più come una volta ad offrire prospettive concrete per il futuro e per la crescita delle band che vi partecipano.
Adesso siamo impegnati nella composizione e nell’arrangiamento di nuovi brani in vista del nostro primo album che uscirà ad ottobre con la produzione artistica di Cristiano Santini, voce e chitarra dei Disciplinatha, band di riferimento del panorama underground italiano durante gli anni 90.
Il disco uscirà con la neonata etichetta Action Directe, sarà registrato presso il Morphing studio di Bologna a settembre e sarà distribuito da Plastic Head U.K. e Andromeda/Audioglobe/Self in Italia.
Tu (voce, chitarra dei Làmia) hai altre bolle di sogni. Raccontami la malinconia del blu…
Amo comporre musica diversa e non resto ancorato a un tipo particolare di genere… cerco di esprimere quella prolissità misteriosa che sento scorrere in me stesso.
Mi piace credere di poter riuscire a ricercare, però, quella Musica che potrebbe davvero far vivere in ogni nota
L’uomo infatti può essere proprio quel “microcosmo” che raccoglie in sé tutto ciò che è disseminato nelle cose. Spesso gli accade di essere simile a una “corda” che, se toccata in un punto qualsiasi, vibra fino all’estremo opposto, facendo risuonare dal di dentro l’Essere e la propria Coscienza: l’intimità delle cose esterne è legata così alla nostra intimità.
L’intimità della musica, poi… altro non è che la nostra interiorità al cospetto di se stessa.
Può la musica spalancare meglio di ogni altra forma d’arte “uno spazio aperto” dove non c’è né l’interno, né l’esterno, ma dove entrambi magicamente si rivolgono?
Perché si è colpiti, emozionati, provocati, demoliti, rigenerati, deviati, affetti da musica?
Per molti non si fa musica senza studiare la teoria e la tecnica della composizione, senza affrettarsi ad acquistare le più recenti strumentazioni e apparecchiature tecnologiche, senza recuperare in modo quasi ossessivo le vecchie strumentazioni in disuso e per tanti altri ormai non si fa musica senza sperimentare o rinnovare e creare con l’artifizio.
Per pochi invece la musica sta diventando il tentativo di rispondere con le note a quei quesiti.
Io ci sto solo provando e so di essere ancora molto lontano…
La voce… tu la definisci svincolata dalla logica di una comunicazione canonica. Non guida attraverso una direzione argomentativa. Ricerca eufonia. Il significante sonoro oltre la sematica… perché il senso è nelle sensazioni… “La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni e strida dentro di me: corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco come una sinfonia.” (F. Pessoa).
Fare della musica un mezzo per comunicare con le parole, significa abbassarla e reprimerla per uno scopo che è sperimentabile ogni giorno. La parola significante spesso è inadeguata e insufficiente ad esprimere la complessità del mondo e dell’interiorità.
In passato si è finiti con il considerare incomplete e prive di contenuto quelle espressioni artistiche (specialmente la musica strumentale) che ripudiavano l’uso della parola. Il fatto che oggi siamo abituati ad ascoltare canzoni che abbiano un testo che ci parla, come per spiegarci la musica che ascoltiamo, è la riprova di una specie di incapacità nel percepire il senso segreto della melodia che ci sta parlando.
La voce nel contesto musicale può essere anche resa allo stato puro e primordiale… non è necessario, credo, che essa debba per forza assumere quella funzione logico-discorsiva e semantica che ha normalmente nella vita quotidiana. In questo astrarsi dal suo significato e da qualsiasi riferimento ad oggetti la parola diviene Puro Suono, acquisendo purezza evocativa.
La riflessione fondamentale è che anche nel linguaggio ordinario proprio i suoni che compongono una parola hanno in se stessi, nel loro potere acustico un certo peso comunicativo diretto verso la sfera inconscia, ed è quello che, secondo me, rende capace di influenzare, suscitare emozioni e farsi comprendere appieno dagli altri, magicamente. Le formule magiche altro non erano che frasi senza senso, ma potenti nella loro sonorità, in un certo senso anche la contemporanea psicoanalisi ha focalizzato l’attenzione sul segreto musicale delle parole inabissate in se stesse nell’essere puro suono.
La musica è capace di commuovere o di emozionare allo stesso modo di un discorso anche se non dice nulla e proprio perché essa può nella forma più alta esprimere l’indicibile senza pretendere di dire altro.
Il peso del sentire… ritorniamo all’inquietudine della consapevolezza del percepire l’arcano nelle cose e le infinite sfumature del possibile… “La malattia del mistero della vita”…
Cos’è questo Peso del Sentire di cui parla Pessoa? La risposta viene subito dopo: è il Peso di Dover Sentire.
È dunque proprio il peso della consapevolezza del mondo che ci impone il Dover Sentire… ed è un peso che ci affanna il respiro dell’anima. Il cammino interiore ci apre la strada del mistero.
“Se conoscessimo la verità la vedremmo…Voler capire l’universo è essere meno che uomini, perché essere uomini è sapere che non si capisce” (Pessoa).
Attualmente con il dilagare dello scientismo, ossia quella tendenza a spiegare ogni cosa artificiosamente con il paradigma del linguaggio tecnico-scientifico, la maggior parte delle persone si astiene (per convinzione o per ignoranza) dal voler riflettere per proprio conto sulle anomalie, sulle cose inspiegabili, sulle eccezioni della regola rispetto alla mediocrità imperante, preferendo adagiarsi su termini sofisticati o sulle frasi ad effetto delle autorità scientifiche. Questa società non è in grado di scorgere alcunché di straordinario e meraviglioso. Credo che in realtà siamo accecati dalla scorza del Mondo ed è molto raro trovare nel presente storico persone che percepiscano con fascino o inquietudine l’arcano nelle cose che ci circondano.
Siamo inculcati inconsapevolmente da un’assolutista e fanatica posizione materialista.
Pochi si sognerebbero di pronunciare una frase del tipo: “nessun occhio ha mai visto il sole senza diventare simile al sole… né un’anima può vedere la bellezza senza divenire bella”.
Potrà mai giungere un mondo in cui la netta distinzione tra l’osservatore e ciò che è osservato sia travolta definitivamente ?
Potrà dissolversi quella separazione che c’è tra me e l’oggetto che guardo, ossia quel destino di trovarsi sempre di “fronte a” aprendo all’esperienza un varco così inteso: “io che voglio crescere guardo al di fuori… ed è in me che crescere l’albero”? (Rilke).
La consapevolezza dell’arcano e del mistero consisterà proprio nella soppressione di questa dualità contrastante e si manifesterà non nel verbo che diversifica, ma in quell’inquietudine del silenzio che unifica ed afferra l’infinita possibilità di ogni cosa.
Làmia in the sky unisce la sperimentazione sonora di Làmia (Enrico Falbo e Giulio Cestrone) e Cielo di Bagdad (Nicola Mottola). Mi racconti un po’ di questa strada parallela e della direzione che sta seguendo ?
Da un po’ di tempo io e Giulio Cestrone, mio caro amico, con il quale ho condiviso e vissuto con intensità ed entusiasmo quasi tutte le mie “avventure” artistiche (tra cui vale la pena citare la sonorizzazione dello spettacolo teatrale Maloviento – regia di Peppe Fonzo – rappresentato nell’ultima edizione di Città Spettacolo), ci siamo accostati al sound elettronico e alla sperimentazione proveniente dal Nord Europa senza però mai allontanarci dalla “forma” canzone.
L’idea-base è stata dunque quella di coniugare l’ambiente sonoro prodotto da synth, software, effettistica, noise con le sonorità acustiche ed elettriche (viola, pianoforte, rhodes, chitarra, percussioni ecc.).
Dopo qualche esperienza live in duo e l’allettante proposta di esibirci all’open stage Six Days Sonic Madness si inserisce Nicola Mottola, chitarrista del Cielo di Bagdad, dando così vita alla formazione dei Làmia in the sky : empatico incontro di emozioni comun”.
Attualmente ci stiamo preparando per altre performance live, e considerando che per ora siamo impegnati con i nostri rispettivi gruppi, l’idea di un progetto discografico non può che essere rimandata a un futuro prossimo.
Eufonia del Pianto – Preview
intervista meravigliosa… grazie ad Amalia ed Enrico per il percorso che hanno dipinto con leggerezza e grande profondità
grande falbo, grandi lamia.
forse un pò troppo multidirezionali e circonvallanti, ma sempre tamponatori indefessi (questa è una cosa tra noi, don’t worry)..
giuliano