E’ con curioso piacere che incontro i Borde-aux oltre i loro pezzi, cercando di entrare nel vivo della materia onirica di cui si compone Radio Motel, esordio discografico seguito ad un lungo percorso di musica suonata dal vivo ed esperienza artistiche sicuramente formative. C’è qualcosa che rimbalza dall’aura dell’enigma e si traduce in polvere, la stessa che arrossa gli occhi quando, dopo la pioggia, un vento inopportuno invade quel blu lasciato lì dall’acqua. C’è qualcosa che intriga come sanno farlo le minuzie del caso. C’è qualcosa che vuole rimanere in sospeso quasi rimandasse all’intimo riscoprire, dentro ai secondi, il frastuono delle ore, delle stagioni, di un certo sarcastico, rumoroso silenzio.
La band nasce nell’anno 2002 e Radio Motel esce nel giugno del 2007. Passano sei anni, anni di concerti, di esibizioni legate fra l’altro ad eventi significativi come il Lotus Tour o il concorso Ritmika ed all’incontro con artisti come Moltheni e i Marlene Kuntz. Come e quanto l’esperienza live ha contaminato la produzione di Radio Motel? Il Disco ha aspettato con voi l’occasione per vedere la luce o è cresciuto sul palco insieme a voi?
In quel periodo suonavamo un bel po’ in giro, c’è stata l’occasione di aprire per Moltheni e per i Marlene, ma questo sinceramente non ha influito molto sulla produzione del disco, sicuramente ci ha migliorato come performer acquisendo una maggiore scioltezza nei live. Sono le cose che ti succedono quando non suoni che ti fanno scrivere un brano, che rendono il terreno fertile per la scrittura… il disco si è alimentato e ha preso forma dalle nostre situazioni personali.
I Borde-aux hanno scelto Milano o è Milano ad avervi scelti?
Ho scelto Milano per motivi professionali e successivamente i Borde-aux hanno vissuto la loro crescita in questa città, grazie all’incontro con Matteo (batterista) e a Sergio (chitarrista) che ha deciso di seguirmi in questo progetto, che in realtà è nato in Puglia… a Monopoli di preciso.
Radio Motel, intonando ballate, insinuandosi con ritmi ipnotici, ferendo con slanci di pura prepotenza dark-rock, emana entusiasmo e lo fa con garbo. Se doveste raccontarmi i vostri pezzi prima che io li abbia ascoltati come me ne parlereste? C’è qualcosa che dovrei assolutamente sapere prima di accendere il lettore? Oggi, quale brano scegliereste per invitarmi a visitare le stanze del disco?
Ti diremmo…”questa è la chiave della stanza in cui alloggerai per 12 giorni, noi creiamo mondi illusori… non lasciarti sopraffare dagli Inganni e goditi la tua intimità”
L’ermetismo dei testi corteggia ritmica e fluidità, restituisce la sensazione di brutale semplicità della sabbia che scorre nella clessidra. Poche parole descrivono attimi precisi. “Forse è meglio non parlare”, suggerite voi. Forse è meglio…
… restare con i piedi per terra.
I vostri brani conducono in un “luogo” cupo di inquietudini e sensualità, dove sono essenziale e energia a tessere la trama di una memoria che è insieme intuito e disincanto. Si intuiscono spettri letterari, musicali, cinematografici. Si intuiscono orme di un vissuto in movimento. Chi, con la seduzione della parola, delle note o dell’immaginario, vi ha accompagnati fino a lì? Chi/Cosa popola questa zona di penombre?
E’ un percorso che sorge dalle viscere, è puro flusso di coscienza messo in musica. Ci piace dialogare con i molti noi presenti nella nostra mente, che inquietano, sostengono, gridano e ridono di quello che ci gravita attorno.
Il cantato in lingua madre, l’uso della voce e le sonorità del disco spingono ad individuare parallelismi inevitabili con alcuni gruppi italiani, penso in particolare agli Afterhours. La lusinga che indubbiamente ne viene può sconfinare in amarezza? Cosa vi toglie il confronto a tutti i costi tipico dell’approccio di certa critica musicale a fronte di un debutto discografico?
L’accostamento ad un gruppo che viene prima di te penso sia inevitabile per tutti i nuovi progetti, gli Afterhours sono una delle più belle realtà italiane… sinceramente ci fa solo piacere ma siamo consapevoli d’essere tutt’altro.
Quali obiettivi “portava” con sé realizzare Radio Motel?
L’obiettivo era quello di chiudere una prima fase del progetto, immortalare un momento preciso della nostra vita…bisognava chiudere il cerchio.
Quali obiettivi “porta” con sé l’esperienza di Radio Motel? Cosa possiamo attendere oggi dai Borde-aux?
Il fine è quello di suonare il più possibile, di diffondere la nostra musica. I Borde-aux oggi mirano a questo.
Io vi ho conosciuti da sotto un palco e mi avete regalato la preziosa emozione della genuinità, di una marcata maturità espressiva sostenuta da curiosità e passione. Mi chiedo, indiscreta, cosa vedete voi da lì, dall’altra parte dei monitor, cosa vorreste vedere? Se qualcosa vi viene restituito…
Sul palco siamo totalmente immersi nella nostra musica, “siamo dentro il Motel” ( un po’ come nel Matrix). Sarebbe bello rendersi conto di coinvolgere in questa cosa anche la gente che è presente sotto il nostro palco.