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Sfidano gli abissi portando la luce: A toys Orchestra @ ilCovo (BO) 18/01/08

Al Covo di Bologna, per salire sul palco bisogna attraversare la sala facendosi spazio tra il pubblico nella stanza lunga e stretta, buia. Una scatola nera con un palco in fondo.
Tutti i musicisti devono trovare il modo di tagliare un passaggio tra gli spettatori, come per saggiarne subito la consistenza, come per capire di che pasta è fatta la gente che li guarderà dal basso verso l’alto per più di un’ora. Passando, gli artisti scrutano e osservano. Vedono l’età media del pubblico, notano i più strambi, quelli rilassati e coloro che attendono con frenesia con lo sguardo perso.
Agli A toys orchestra deve essere piaciuto vedere la sala del locale praticamente piena di persone di svariate età e apparentemente diverse. Ad aspettarli c’erano giovanissimi con cervelli scampati ai Tokio Hotel, ma pure adulti trentenni e quarantenni: un pubblico vasto che non molti gruppi rock possono vantare.

Per chi non li ha mai ascoltati live, l’inizio è assolutamente sorprendente: “distortamente” rock. Un’introduzione spigolosa e potente fa urlare gli amplificatori del Covo e sveglia i sensi percuotendoli con forza inaudita. Fa quasi male, ma gli A toys orchestra dispongono di un kit di carezza da distribuire a destra e a manca… è solo questione di tempo.
I pezzi che il gruppo propone si distinguono fondamentalmente in due tipologie: quelli superficiali e quelli profondi.
Il primo dei due termini usati non vuole essere assolutamente dispregiativo, ma indica quei pezzi che puntano ai 5 sensi e li sollecitano. Alcuni di questi pezzi sono deliziosi, altri sono come ventate fresche sulla pelle, sono corse perdifiato in prati fioriti, sono simpatici solletichi alle orecchie, sono colori sgargianti che si fondono in affascinanti sfumature. Altri vanno oltre. Sfidano gli abissi, portando la luce dove, solitamente, difficilmente arriva.
E così, dopo le saltellanti Ease of the bit, Modern Lucky Man e Cornice Dance ci si può far invadere da un esercito di spazzole pulitrici di anime che solcano porte che sono state aperte ben poche altre volte.
I cardini cigolano grazie a Panick Attack #2; Invisible accarezza il buio. Il calore della luce aumenta.
Si sente che la luce, sta per accendersi. Elephant man è un bagliore sottile, che scalda. La voce leggera danza con le dita sul piano dipingendo paesaggi irreali e sterminati.
La migliore qualità degli A toys orchestra è di suonare la lingua dell’anima: una musica mai banale ma che ha qualcosa di talmente orecchiabile che chiunque può sentire “proprio”, in un modo o nell’altro. Una lingua universale, un esperanto musicale, una torre di Babele delle emozioni.
Tanti strumenti classici si affiancano a quelli figli della tecnologia: un duetto di tempi e periodi dove influenze dei Beatles, nella stessa serata, si trovano affiancate a deliri elettronici come quelli presenti in Panick Attack #1. La giovanissima band riesce però a mantenere una certa eleganza mai arrogante anche nei momenti più sgarbati e incoscienti. Dal vivo la resa musicale, a tratti, è molto più potente rispetto al suono presente negli album, che invece è sempre in bilico tra il soffice e “l’appena ruvido”.
Sul palco gli A toys orchestra sono davvero dei giovanissimi ragazzi, che (tra)sudano energia e vogliono sentire il pavimento e le pareti tremare, sapendo quando e come spingere, per poi tornare sempre al magnifico morbido tessuto che sanno tessere davvero bene.
Enzo Moretto si dimena sulla chitarra e sulla tastiera. Andrea Perillo pesta le pelli della batteria con grande forza. Fausto Ferrara non si stacca un istante dalle sue tastiere e dagli effetti elettronici. Raffaele Benevento unisce il ritmo alla melodia con il suo basso. Ilaria D’Angelis sembra dominare ogni cosa: con calma e sicurezza posa le mani sulle tastiere, synth, chitarra e basso. La sua voce va a fondersi con quella di Enzo in graziosi inseguimenti.
Richiedere il bis diventa complicato al Covo: scendere, attraversare il pubblico, rintanarsi nei camerini, aspettare un po’ di applausi, e tornare a sfidare la calca per risalire sul palco.
Il gruppo non ci sta e parla chiaramente al suo pubblico: “Qui non c’è un backstage… noi facciamo finta di scendere eh… così voi battete un po’ le mani e ricominciamo! Ok?”.
Il pubblico risponde alle emozioni dispensate dalla band con ripetuti applausi, anche dopo soltanto un piccolo accenno delle canzoni. Enzo Moretto sembrava essere stupito che molti del pubblico riconoscessero i loro pezzi solo dalle primissime note iniziali. Sorrideva a testa bassa, con lo sguardo nascosto dalla visiera del cappellino, come per proteggersi da qualcosa che fa piacere, ma per cui non ci si sente ancora pronti.
Quella degli A toys orchestra è una umiltà splendida che solo dal vivo si può vivere, in una dimensione lontanissima dall’album che, senza vedere i loro giovani volti, li trasforma in musicisti di lunga carriera e grande esperienza.
E’ davvero piacevole rendersi conto che gli A toys orchestra sono solo all’inizio della loro strada, che ci porterà a sentirli suonare per chissà quanti anni, permettendoci di crescere al loro fianco, godendo delle sfumature dei mutamenti dell’orchestra giocattolo.

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