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Colonia Paradi’es – Alessandro Raina

Una finestra sulle onde, una riva a cui giungere per assaporare il mare, per stupirsi dell’acqua che corre verso l’orizzonte a baciare il cielo… Colonia Paradi’es, luogo o distanza da cui pensare e sentire una terra e il suo essere origine ed insieme memoria. È lì che si riscopre che il suolo trattiene la pioggia, ma anche i passi che sostiene, le ombre che lo disegnano, trattiene le vite e nel suo fondo scuro ed umido le trasforma in ricordi e papaveri, in profumo e vento, un vento di rumori, di sussurri e di echi.
Un disco firmato da Alessandro Raina nel 1999. Un disco minimal folk che sa essere un’occasione di immaginazione tra note, ricordi in fotografie e scrittura: linguaggi fluidi che sfiorando si addentrano per portare al centro dell’essere il seme della bellezza.
Un ascolto di storie rimaste impigliate tra suoni distorti o ferme sulla carta. L’artwork non è un dettaglio, non è un complemento secondario… no, accompagna la musica, la arricchisce, rivela la possibilità di rendere la conoscenza una forma di suggestione, lieve.
La passione e la memoria, che scontornano le reminescenze incarnandole in tracce perturbanti. Il suono denuda il linguaggio, lo spoglia delle sue vesti di crêpe de Chine ed enunciati, lo disfa, lo sfilaccia, lo mastica, lo ingoia, lo (con)tiene. Il canto non sgorga dalla gola ma fluisce attraverso le dita, diventa materia di sogno o visione, di poesia rappresa su fogli o celluloide, resta così un moto che le determinazioni non ingabbiano, un battito che sfuggendo si dona. Attraverso (le) feu follet si avverte come “la carne farà risplendere la creazione di tutto il suo assurdo fulgore” (Albert Camus), si scorge questa promessa insita nell’uomo nel medesimo istante in cui sboccia e si compie per trovare in Sysiphe un sangue dolce che gonfia il cuore e le vene, che affiora in bocca ed accarezza da dentro, che sale come marea densa nel ventre. Affianco ai bianchi e ai neri delle fotografie, oltre questi, le note dipingono acquerelli di colori sciolti nella saliva, nelle lacrime, nell’ardore fattosi liquido, ne Il vino triste che ghermisce confondendo il nettare con l’umore delle lacerazioni.
La musica suggerisce frammenti di storie che appaiono come segni fatali con la loro capacità di pungere, di toccare nel vivo, segni che sfuggono le analisi e le codificazioni per cogliere le eclissi e i riverberi delle anime e dei ricordi riversandoli in un incanto capace di renderli percettibili. I suoni impalpabili sono atmosfere rarefatte ed inebrianti, voli di idee che lambiscono immagini incorniciate dalla scrittura, illuminate da questa. L’inchiostro raccoglie nelle sue tenebre i pensieri, li ferma negli occhi e li rende dicibili, se li tiene in grembo facendone dei fili con cui avvolgere e incatenare, offrendo al passato la possibilità di accarezzare ancora.
Lo sguardo resta a fissare Un anno con 13 lune condensarsi in tredici secondi, tredici sorrisi di Artemide che tramutano gli attimi in riflessi, in suoni, in turbamenti… fremiti che restano ancorati alla carne dell’anima.

Credits

Label: Cane Andaluso records – 1999

Line-up: Alessandro Raina (piano, yamaha PS80, K7corder sony TCN-81, compressori, artlight walkie talkie, tapes) – Corrado Campanella (chitarra) – Gabriele Nardi (percussioni) – Enrico Nardi (basso); Tutti i brani sono scritti da Alessandro Raina (fa eccezione Girl Boy dei Blonde Redhead); Le fotografie che appaiono nel booklet appartengono alla Famiglia Crivelli (albo storico 1925-1968)

Tracklist:

  1. Nocturnes
  2. Montoya
  3. Amedeo Pace
  4. Le braci
  5. (le) feu follet
  6. Sysiphe
  7. Girl Boy
  8. Alì dagli occhi azzurri
  9. Un anno con 13 lune
  10. Il vino triste
  11. La locanda alla fine dei mondi
  12. The Sex Gate
  13. Gergovie
  14. Le terme
  15. (le) feu follet – reprise –
  16. Sonatine
  17. (uno studio sulla) Generazione Elettrica

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