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Lowest shared descent – Dead Elephant

“Poi che ciò che succede ai figli dell’uomo succede anche alla bestie in ogni singola cosa: come gli uni muoiono così muoiono le altre. Si, essi tutti hanno un fiato solo; Di modo che l’uomo non ha preminenza sulla bestia: giacchè tutto è vanità”. Aprendo il digipack di Lowest shared descent dei Dead Elephant leggerete questi versi dal Qoelet, libro presente nell’Antico Testamento della Bibbia cristiana e in quella ebraica. In questa citazione vi è la chiave di ascolto del disco. Qoelet è il libro del contraddittorio del bene e del male. Qoelet è l’uomo che si autointerroga sulla dicotomia uomo-bestia. Come Qoelet è voce di tanti che si uniscono in uno ai limiti della schizofrenia (ovvero la mente divisa) ecco Lowest shared descent scindersi in due parti, in due movimenti sonori e in due volti (come quelli kafkiani della copertina disegnati da Marco Corona). La prima parte è la bestia che dal barrito di un Elefante si dipana in movimenti sussultori di terremoto noise-metal, la voce e la distorsione esplodono nella saturazione senza fine. In brani come Another fuckin word to say we miss you e Introducing my eye, in flames vi è il rumore come sofferenza e dolore dell’accettazione dell’essere carne destinata a marcire, seguendo solo gli istinti primordiali. Il suono è il metal di gruppi come Helmet e Neurosis commistionato ad impeti noise degli Shellac di Steve Albini. Vi è anche la straordinaria partecipazone di Luca Mai (sax degli Zu) in Post Crucifixion. La sorprendente seconda parte è l’uomo epicureo del Qoelet. Il noise cede il passo ad atmosfere doom-psichedeliche, la voce si estingue e gli strumenti inseguono onomatopeicamente la discesa alla stupenda Abyss heart. La tregua nella nebbia di una foresta vietnamita attraversando Black Coffeee breackfast e Clopixol si dissolve in corse hardcore alternate a momenti controfase di stampo stoner in The same breath e The worst & the best. Lowest shared descent è un disco tra il bene e il male, tra l’uomo e la bestia, tra il noise e il metal. Un disco mentale. Un’intensa apocalisse sonora che stritola l’ascoltatore e lo lascia senza difese.

Credits

Label: RobotRadio – 2008

Line-up: Enrico Tauraso (chitarra, voce) – Fulvio Grosso (basso, voce) – Flavio Panero (batteria).

Tracklist:

  1. Introducing My Eye, In Flames
  2. Another Fuckin’ Word to Say We Miss You
  3. Post Crucifixion
  4. Black Coffee Breakfast
  5. Abyss Heart
  6. Clopixol
  7. The Same Breath
  8. The Worst & The Best

Links: Sito Ufficiale, MySpace

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