Dopo aver suonato e vagato, fondendo la musica con il cammino e la poesia con la ricerca, dopo aver attraversato lande ed anime, Davide Mancini dà il corpo impalpabile del suono e della parola all’esigenza di raccontare il primo passo, il luogo natio, l’origine. Sono le radici ad essere narrate attraverso Madame Gerbelle, ma anche i rami nati da queste, storie protese verso la luce, voli che mirano al cielo, viaggi o sogni che congiungono la terra e le stelle attraverso gemme e boccioli.
Come sotto le abili e sapienti mani di un artigiano, la musica si fa bellissimo albero nel cui abbraccio d’ombra e luce avvertire il percorso della linfa, le ascensioni e le cadute del sangue. Allora si resta immobili in ascolto della tromba e del flicorno, dei respiri e dei fiati che, fluendo tra le fronde, annunciano i paesaggi arsi ma fertili di Mirò, luoghi popolati da creature e fantasie in cui si iscrive la danza di un amore infinito, la passione di Maria do Santos che negli ostacoli trova limiti da scardinare e nel tempo un alleato per rendere eterni tutti i palpiti di un cuore innamorato. Su di un ramo baciato dal sole si vede poi fiorire la storia di un uomo gentile, un canto che sorride alle visioni di un’anima bella. Poco più il là sboccia la carezza di un flauto e La lauda del bardo, fiore delicato che in sé custodisce i colori della creatività e la morsa di una melanconica solitudine. Tra le infiorescenze esplodono le Illusioni di un clown… una voce ruvida che trattiene “acqua in un pugno di dita” dice di chi ha “rotto tutti gli indugi, finito di ossequiare platee” per andare ad abitare tutto il proprio tempo in una roulotte affacciata sul mare. Le lacrime e i sorrisi disegnati li si lascia evaporare, il riso di chi s’ubriaca degli altri che scivolano “su una buccia di vita” lo si ripudia per tentare di scovare ed osservare la dignità che ogni uomo porta in sé. È una delle mille battaglie di un Don Chisciotte dall’armatura fatta di note, un cavaliere errante che confida nella bellezza per “sconfiggere la vanità e andare più in là in cerca della verità”, consapevole del fatto che “è proprio laggiù tra le scelte e il fato, tra quello che vogliamo essere e il talento dato, tra il sentimento del poeta e il dolore dell’uomo, è proprio tra i saperi che non sappiano, è proprio lì che nasce la nostra identità, il nostro laico schiaffo alla mortalità”. L’eroe sognatore ed idealista lotta brandendo la parola e raccogliendo dai rami Les revês des anges cantati da un violino…sono aneliti e forme di libertà, tracce di una poesia che non si arrende di fronte alle bassezze e alle miserie dell’individuo. “Il cavaliere dell’eterna gioventù/seguì, verso la cinquantina,/la legge che batteva nel suo cuore./Partì un bel mattino di luglio/per conquistare il bello, il vero, il giusto./Davanti a lui c’era il mondo/coi suoi giganti assurdi e abbietti” (Nazim Hikmet)… La ballata dell’utopista racconta gli slanci di tutti quegli uomini che incarnano Don Chisciotte perché sanno errare sfidando ogni sorta di mulino a vento e vestire col sogno la loro Dulcinea da regina. La musica di Davide Mancini e i delicati di-segni di Guido Pigni illuminano l’eroe di Cervantes e vi scoprono in filigrana infinite anime, quelle che sanno ad ogni alba arrischiarsi nei sogni e ad ogni notte sfidare gli incubi… i mulini a vento, di fronte a queste creature, svestono i panni di mostro e si lasciano intuire come occasione, perché possono sì graffiare o seppellire, ma soprattutto sanno aiutare il pensiero a trascendere i propri limiti.
Sotto lo sguardo liquido dell’utopista, avanza la voce delle cicale tra le foglie più tenere e il profumo del vento tra il grano si diffonde stendendo su di un prato i corpi per far sì che aspettino e preghino la luna, rammentando a se stessi che “non esiste una maniera di sconfiggere il potere però esiste una maniera per dubitare del sapere”, che “non esiste un uomo che sconfigga la sua sorte però esiste un’arroganza a cui si aprono le porte”, che “non esiste una maniera di pensare senza soffrire”.
Il seme da cui è nato e nasce, di ascolto in ascolto, questo paesaggio sonoro, primo figlio di un cantautore capace di cura, è una figura di donna, è un piccolo scrigno colmo dei gesti fecondi della guaritrice di Saint Christophe, Giuseppina Pallais, Geppina… la Madame Gerbelle che nei cuori ha riposto storie, sensi e memorie, rendendoli grati.
Il frutto maturato dall’unione del seme con la cura si disvela piano piano, lascia che ogni singolo morso scopra un sapore, alla lingua consegna un gusto che col tempo si dischiude…l’agro si alterna all’amaro e alla rotondità della dolcezza. C’è il sapore pungente delle lacrime e l’aspro che s’ingoia divorando le meschinità e i brandelli della società in cui l’individuo cade nell’oblio, ma la chitarra poi accompagna la lingua a conoscere la morbidezza dei sogni incorruttibili, hanno il gusto dell’acqua di sorgente e del pane, un gusto che resta, preservato dalle labbra, custodito dal canto.
Credits
Label: Autoprodotto – 2008
Line-up: Davide Mancini (voce, chitarra acustica) – Ivan Ciccarelli (batteria e percussioni, flauto, melodica, tastiere) – Franco Cristaldi (basso elettrico) – Mauro Settegrani (chitarre, mandolino, banjo) – Carlo Cantini (violino, dilruba, melodica) – Raffaele Kolher (tromba e flicorno) – Simona Salis (cori); Testi e musica di Davide Mancini; Design+artwork: Guido Pigni
Tracklist:
- Maria do Santos
- Canzone per Troisi
- Tutto il problema del mondo è la vanità
- Illazioni di un clown
- La lauda del bardo
- Les revês des anges
- Non esiste
- La ballata dell’utopista
- Madame Gerbelle
Links:Sito Ufficiale,MySpace
Quando gli autoprodotti diventano piccole opere d’arte… Come sempre Valentina fotografa alla perfezione le sfumature di un disco.