Aroma di mirra e zafferano, bruciati al vento di un crepuscolo che osa discernere le archeologie dei sensi. La pergamena che si srotola è dura, grezza, ma di un chiarore che seduce: ci offre l’esperienza di parole nere scavate sul bianco di un’antica pelle tesa, arsa dalla trappola di una luce che rivela e, rivelando, inganna, poi smaschera, infine perdona.
Origliamo, subiamo, guadagniamo parole in carne ed ossa, parole-trappola, che della verità insinuano il bene ed il male, il chiaro e lo scuro, il lecito e l’illecito. Ci accorgiamo di ogni corda tesa, vibrante, viva. Ci imprigionano casse armoniche ingorde, ora tenero nido di ritmi ancestrali, ora agguato che costringe. Lasciamo che ci sfiorino le battute, i respiri trattenuti dalle ance; impariamo il pudore prima che ci schiaffeggi la dinamica dei timbri, l’inasprirsi delle intenzioni, prima dell’impatto elettrico, dello schianto.
Storia di Caino è un cantico di parole e note che sono corpi, creature innocenti e colpevoli nel medesimo tempo, vittime di gesti che hanno la stoltezza del sasso e l’ingegno dell’umiltà, carnefici con le mani macchiate di viltà ed ostinazione che toccano la vita graffiandole i fianchi, ri-fuggendo ostinatamente il senso della ferita; creature salvate e da salvare, in perpetua attesa di un segno, del nettare che prometta e liberi, che disseti, seduca, scaldi; creature fragili ma forti del talento della virtù. Storia di Caino è l’assenza di ogni compromesso. E’ terra e sangue. Accarezza e stringe senza la pausa delle chiacchiere; strazia e protegge senza l’intercalare delle commiserazioni. Storia di Caino è un pozzo, memoria e sorgente, momento di sete e baia d’arsura, luogo d’approdo e d’addio, atto duro di conoscenza e dell’erranza che ne è epilogo. Sullo specchio d’acqua del fondo si riflettono i volti di un uomo adulto e del bambino che gli sopravvive sulle spalle, dei patriarchi, dei colti in fallo, di chi non ha avuto nemmeno il tempo di sbagliare, di quelli che non sbaglieranno più (Gli agnelli), dell’assassino primordiale, di una samaritana-zingara-prostituta, di Guido Gozzano, del suonatore di cornamusa delle fiabe siciliane, di un fratello complice ucciso dall’invidia, della Madonna , della luna, di due amanti separati dall’urgenza, di Fabrizio De Andrè, dei viandanti, dei sacrifici e dei sacrificati, del fratello puro con le mani lorde di sangue, del dio degli uomini. Sulle pareti i graffiti lasciati dalla storia di ciascuno, segni incisi con le mani vuote, con dita di rabbia e vento, a chiedere meraviglia (A tutte ho chiesto meraviglia), esito, coraggio; a raccontare, con un’umanità disarmante, l’amore, la lungimiranza del poi, la pura gratitudine del sogno che si è scelto, cui si rimane aggrappati (All’uncino di un sogno); a corrompere la rassegnazione con il coraggio della lotta, della scelta: “Scelgo le tue mani Un giorno dopo l’altro / Scelgo le tue mani Ossa della vigna Perché il mosto mi sveli il dolore” (19 marzo). Fra i mattoni l’impatto folk di un rock ora intenso e lacerante, ora intimista e lapidario; dentro alle crepe il malinconico afflato blues della preghiera. Le muffe si arrampicano avide inseguendo la direzione dello spiraglio di luce: con i loro verdi, l’oro, gli arancio, i gialli inciampano sui ricordi, intuiscono dettagli, li fissano (Per nome); ripercorrono camminamenti fatti di silenzi e di alterna fortuna (Sul mondo e sulle luci), si attardano sul segreto, lo trat-tengono; tracciano solitudini, interrompono l’attesa, poi la perpetuano nel segno della risalita. Il buio ferisce la cornea, come un sacrificio, come lo stupore; l’eco indaga il timpano, incunea il seme dell’assenso, della consapevolezza che solo la fede, la fedeltà, riescono ad aggiungere alla conoscenza, all’ardore. Il vento, alito malato di invidie e frustrazioni, è un laccio fra il vuoto e le stelle: rivela la colpa degli assassini, la loro rabbia; si fa beffa del caso e della speranza, sollevando polvere rossa che piange un destino perché un altro ne venga eternamente condannato (Canto dell’osso, Storia di Caino). Eppure, da qui, è possibile intuire la sera, è possibile abbandonarsi ad una danza aliena ad ogni legge; è possibile farsi culla di sé, cullare un’amante, il mondo, un brigante. Sullo sfondo il deserto, nell’aria What else have I to spur in to love (cantata da Robert Fischer) o l’incenso d’aloe di una preghiera (Maria degli ammalati), sotto alle vesti la propria solitudine, fra le mani un rosario di intenzioni e il proprio cuore fatto a pezzi.
“Mi piacerebbe poter dire che questo è un album sull’assenza e vorrei non dover spiegare questa affermazione”. Così Cesare Basile apostrofa la sua Storia di Caino. E davvero non resta molto che debba essere spiegato quando la sua voce ti attraversa, si espone, scava; quando le chitarre scuotono o abbracciano o ti scansano; quando le percussioni cavalcano e tremano ed irrompono; quando gli archi si tendono, solleticano, avvelenano; quando i cori sussurrano, lambiscono. Poco resta da poter aggiungere o indagare quando le melodie ed i versi riescono ad intuirti, uomo nudo davanti a te stesso ed alla tua storia, e a ri-vestirti di altra pelle, di altri profumi, insegnandoti la fatica del conquistarsi a stento. “Credere è sempre l’atto più grande della promessa d’amore”, scrive Cesare Basile. Credere, forse, è il prezzo lecito da pagare, la maledizione, il senso.
Credits
Label: Urtovox – 2008
Line-up: Cesare Basile (voce, chitarre, dobro, banjo, armonica,kalimba, percussioni) – Luca Recchia –(basso,contrabasso,didjeridoo, cori) – Marcello Sorge (batteria,percussioni, cori) – Michela Manfroi (pianoforte, organo,cori) – Rodrigo Derasmo (violini, cori) – Marcello Caudullo (chitarra elettrica, diamonica, marranzano, cori) – Lorenzo Corti (chitarra elettrica, lap steel guitar) – John Parish (pianoforte, chitarra elettrica); Robert Fisher (Willard Grant Conspiracy – voce What else have I to spur me in to love) –
Giorgia Poli (chitarra baritono Storia di Caino, voce Sul mondo e sulle luci, cori Maria degli Ammalati) –
Daniela Ardito, Manuela Malfitano (cori Il fiato corto di Milano) – Micol Martinez (voce Il fiato corto di Milano) – Tazio Iacobacci (mandolino, harmonium, percussioni Maria degli Ammalati) – Massimo Ferrarotto (percussioni Maria degli Ammalati) – Fabio Rondinini (percussioni 19 Marzo); Produzione artistica di John Parish.
Tracklist:
- Gli agnelli
- A tutte ho chiesto meraviglia
- All’uncino di un sogno
- Canto dell’osso
- Per nome
- Sul mondo e sulle luci
- Donna al pozzo
- Storia di Caino
- What else have I to spur me in to love
- 19 marzo
- Il fiato corto di Milano
- Maria degli ammalati
Links:MySpace
Signori! Questa è una recensione. Questa è una celebrazione di uno dei più grandi songwriter blues degli ultimi anni.
Credere, forse, è il prezzo lecito da pagare, la maledizione, il senso
… e non c’è perdono.
Bentornato al signor Basile.
Il sangue scorre a secchiate (eh)
ho in macchina questo disco da domenica sera.
non sto ascoltando altro.
la cosa che mi colpisce di Basile è il contrasto fra le parole e la voce.
racconta storie vive, sofferte, “vischiose” con una voce delicata, gentile.
Questo le rende ancora più crude.
Questo album è di una bellezza lancinante.