La prima cosa che colpisce nel tenere tra le mani l’album dei Venezia è il curato artwork che lo contiene. Confezione nera cartonata, minimale, disegno con tratto essenziale argentato. Si apre in due come un portafoglio con due tasche: una per il cd e l’altra per un ancor più spartano libretto composto da un’unica striscia verticale.
Tutto ciò contrasta fortemente con il contenuto. L’album è qualcosa di estremamente complesso e non immediato. Un suono provocante e spigoloso. Il ritmo si perde e si ritrova tantissime volte in continui cambi anche all’interno dello stesso pezzo.
Il terreno sfugge da sotto i piedi. Si perde l’equilibrio mentre si ascolta il mondo crollare restando immobile. Perchè, sì, la musica dei Venezia stupisce per la sua marmorea instabilità. Sempre sul limite, ad un passo dal tracollo, sul bordo del burrone, ma stabile. Non cade. Regge. E talvolta innalza fin dove un trio di diciannovenni italiani forse mai era arrivato (e se qualcun altro prima di loro c’è stato, non ce ne siamo accorti).
Il grande merito dei Venezia (a parte quello musicale) sta appunto nell’essere riusciti ad affiorare proprio dalla melma dove molti finiscono inghiottiti, o “costretti” a cambiarsi per trovare popolarità.
La determinazione e la libertà del progetto dei giovani forlivesi si respira in ogni traccia. Un rock duro, pieno di spigoli vivi e graffi sulle braccia. Si sente il sudore e le notti insonni per trovare la nota giusta, quella che non puoi trovare tu, ma è la chitarra stessa a suggerirti sottovoce nei momenti più impensabili.
Suoni metallici smussati solo da magnifiche e rapide virate di batteria. Un basso importante che non si limita ad accompagnare.
A volte noise, a volte post-punk, a volte progressive: la musica dei Venezia è indecifrabile nell’intimo. A diciannove anni non si è nessuno, si deve ancora scoprire cosa si è e cosa si diventerà come persone, figurarsi come musicisti. Ma l’importante è avere la coscienza di esserlo (musicisti) e battersi per questo, con le proprie idee anche se risultano essere ben lontane da ciò che il panorama italiano sembra offrire da un po’ di tempo. Un sound d’oltreoceano ambientato a Forlì e ispirato da immagini galleggianti e mutevoli ma immobili, come appunto la città di Venezia. Le maree cambiano momentaneamente il paesaggio, sfasciano e distruggono scantinati e negozi, poi tutto torna come prima. Pare immobile, da secoli. E i turisti arrivano e arriveranno, di sicuro.
Così le otto tracce dell’album si susseguono tra raffiche e dilatazioni temporali, lunghe apnee ed affannosi respiri.
E’ impossibile citare un brano per tutti, o trovarne uno più meritevole degli alti. L’opera della giovane band è un tutt’uno inscindibile che fa perdere l’orientamento.
Credits
Label: Autoprodotto – 2007
Line-up: Giuseppe Coluccelli (chitarre) – Lorenzo Valpiani (basso) – Mattia Zucca (batteria)
Tracklist:
- Distacco, convivenza
- Ricerca
- Cassetta-e
- 02min.05sec.
- Montagna
- (senza titolo)
- Il corpo e l’abisso
- Attimo
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