Il freddo metallo può diventare rovente se sottoposto ai raggi del sole. Binari dei treni riposano la notte, a terra poco distanti da noi. Il treno come mezzo di trasporto, macchina per unire le genti e le merci; forse le genti come merci.
Al centro di un parco spicca una grande locomotiva, esposta come una fiera impagliata in un museo di biologia. La grande macchina che segnava la storia, la Locomotiva di Guccini: la macchina pulsante sembrava fosse cosa viva, sembrava un giovane puledro che appena liberato il freno, mordesse la rotaia con muscoli d’acciaio.
Ma non siamo nei primi del ‘900 e la parola del proletariato è lontana ormai anche dal parlamento: siamo nel 2008. Sessantatre anni dalle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, ventidue anni da Cernobyl, diciannove dalla caduta del muro di Berlino, sette anni dalle torri gemelle. Altri tempi.
Ora il metallo ha lasciato lo spazio alla Plastica.
Città coperte di plastica, farcite di plastica, mosse dalla plastica, con sentimenti di plastica.
Questa sera al Locomotiv di Bologna vanno in scena i JoyCut che con il loro singolo Plastic city e l’album The Very Strange Tale Of Mr Man portano avanti una sorta di missione in giro per l’Italia con il grande messaggio insito in ogni nota della musica che fuoriesce da questi cinque ragazzi.
Bologna come punto di partenza per un viaggio utile al mondo intero: la storia di Mr. Man è la storia di tutti.
Alienazione sociale e ricerca di riscatto, in un mondo ridotto ad una discarica indifferenziata, dove l’uguaglianza è un miraggio imposto da false libertà che enfatizzano le differenze.
Solo i bambini possono scampare da questo mondo buio che nelle note dei JoyCut sembra riscoprire colori accecanti.
Colori da riconquistare e assaporare tra chitarre e ritmi ipnotici ed incalzanti, frutto di una attitudine rock che trova tanti riferimenti, tra i quali i Cure e i Joy Division.
Una voce appassionata ed inimitabile, unita ad un suono davvero unico nella terra della pizza e dei mandolini.
Una potentissima introduzione apre alla sfrontata Yokono dove la chitarra tesse trame sintetiche che catturano e non fanno respirare la pelle.
L’intensa Come on fluttua leggera per poi lasciarsi abbandonare alla forza gravitazionale, trascinando tutto ciò che sta intorno, in caduta libera all’interno di un vortice.
Mr. Man quasi commuove per dolcezza. Come raggi di un caldo sole che squarcia le nuvole, la voce e la tastiera si fanno spazio tra le persone. Mr. Man è con noi, cammina tra noi, avanzando porta inconsapevolmente la sua grandezza.
Ciò che contraddistingue i JoyCut da molti gruppi che si stanno affermando in Italia è la loro salda identità. I pezzi proposti nel live, pur risultando magnificamente vari e capaci di creare atmosfere contrapposte, riescono a mantenere un filo di unione che pare indissolubile. Grande personalità è portata sul palco da tutti i componenti, che offrono uno spettacolo rock in tutti i sensi, senza eccessi, ma con sincerità.
Nonostante i problemi tecnici che hanno imperversato durante tutta l’esibizione, il suono dei JoyCut riesce ad affondare anche con la bellissima Plastic city, donando sorrisi e calore. Un ritornello che entra nella mente sostenuto da un ritmo orecchiabile e coinvolgente.
La profondità emotiva che raggiunge Shake your shape è impareggiabile: probabilmente il pezzo che più riesce a stravolgere l’ascoltatore.
Il clima creatosi è perfetto per dare il benvenuto ad un amico dei JoyCut.
Gigi Giancursi, chitarrista dei Perturbazione, sul palco insieme alla band, come un jolly, a testimonianza degli splendidi rapporti che si possono instaurare tra professionisti della musica accomunati dalla passione vera.
E così si dà vita ad una parentesi di “Spazio Perturbato” in cui le melodie più vicine ai Gigi si fondono alla perfezione con il sincretismo filosofico e musicale dei JoyCut. C’è sinergia sul palco, condivisione e divertimento, ed è un piacere osservare tutto ciò e godere del suono che ne è il risultato.
“Cinq cent millards de petits martiens / Et moi, et moi, et moi / Comme un con de parisien / J’attends mon chèque de fin de mois / J’y pense et puis j’oublie / C’est la vie, c’est la vie. [ Cinquecento miliardi di piccoli marziani / Ed io, ed io, ed io / Come un coglione di parigino / Attendo il mio stipendio a fine mese / Li penso e quindi dimentico / È la vita, è la vita”. Così canta Gigi Giancursi rispolverando un’apparentemente spensierata, ma in realtà tristissima canzone degli anni ’60 di Jacques Dutronc (in passato anche Franco Battiato ne realizzò una cover dal titolo Il mondo va così).
L’immagine dell’alieno si ripete nuovamente, assumendo proprio il valore di concept per i JoyCut, che a conferma di ciò portano sempre con sè un alieno pupazzo: verde, ed ovviamente, di plastica.
I JoyCut convincono ancora realizzando uno spettacolo vero, dotato di un suono internazionale che già è decollato, verso mete ignote, ma che li porterà lontano.
A chiudere la serata la sognante e potentissima Lonely dance, capace di accarezzare e scuotere, dando il giusto sfogo finale ad una esibizione sofferta e di impatto.
LostHighways continuerà a seguirli, perchè se è di qualità che teniamo a parlare, i cinque musicisti trapiantati a Bologna ne sono una miniera che porta alla luce emozioni pure.
Applausi e persone che si allontanano dal locale cantando Mr. Man…
Mr. Man è palesemente tra di noi. (Lost Gallery)
Tralasciando i commenti su gruppo e sulla loro professionalità e personalità, almeno cercate di essere realisti sulla scaletta!
L’ ultimo pezzo della serata è stato quello cantato dal Sig. Giancursi (che poi è stato l’ unico bis della serata).
Grazie della precisazione!
Preso dalla fretta e dalla foga mi sono fidato della scaletta cartacea e non quella della memoria.
Emanuele la tua poetica è unica. La poesia del vento è per pochi. La società del cattivo gusto scorrerà e travolgerà la massa informe ma i senza pelle come te si salveranno sull’Arcadia dei veri sentimenti.