Un tramonto sospeso, che non culmina nei chiaroscuri della sera, ma tinge di carminio le notti, una ad una. Un tramonto che lambisce, che ha un occhio e due coppie di mani, un corpo voluttuoso e vesti sfacciate, labbra carnose e una chitarra ancorata in seno. Nell’ora di passaggio fra le fatiche e il riposo, non trova pace il passo, non s’arresta la sete: una voce affilata e di taglio ferma ritratti di imprudente fisicità sul filo di un orizzonte che ricorda sfacciatamente certe periferie del rimpianto. Laddove l’intimità del racconto finirebbe per strappare qualche lacrima, l’impeto ritmico ricuce i legami spezzati e riconduce la rabbia, ricolloca le attese. Sfilano, una ad una, le ombre rosse dei vinti-vincitori, delle matrone infrante, delle madri affrante; si incontrano, dentro alle tracce del caso, seguendo l’impronta di desideri illeciti, di conferme udite ed inaudite. Non sono eroi, non sono banditi: sono poeti, migranti, onesti mentitori, imbonitori di passanti, musici affaccendati e faccendieri, padri padroni, mogli silenziose, giovani uomini vecchi di vuoto, ragazzine occupate ad occupare d’entusiasmo l’incertezza, la maledizione dei doveri (L’indiano, Rubacuori, L’ultima canzone, Famiglie, Strada per dio sa dove, Il grande complotto). Il loro esserci, il loro rimanere è un gesto prepotente, fondato: è fisicità rock, è rumore, è spudorato pudore minimalista. Poco, del loro passaggio, è lasciato al caso. La cura dei dettagli, il dettaglio del racconto, misurano umori e malumori senza sollevare polveroni stilistici: i suoni, gli arrangiamenti delineano trame personalissime, fuori ogni ordine, sia nelle ballate che nei brani più veloci. La forma sviscera una sostanza di sporcizia e bellezza percepite come complementari, con-sonanti: la compassione non è una cura, l’indulgenza non è una soluzione; la schiettezza rende plausibile l’alternativa, solletica l’istinto, motiva una re-azione (La ballata dei giorni andati, Stupore, Il cielo stava a guardare, La fuga). Laddove il suono geme ed accusa, i battiti possono scandire l’alternativa dell’incanto insinuando una bestemmia, sancendo il dolore ( Il sole si fa rosso). La ferocia della verità non comporta rassegnazione: c’è un momento in cui, prima di perdersi, la bellezza accenna un sorriso, ed è un sorriso vivo, diverso, unico. Rosa lo ricorda, lo celebra, con la decenza, con l’onestà della sua faccia scura.
Credits
Label: Lilium – 2008
Line-up: Pierfrancesco Adduce (voce e chitarra) – Andrea Dicò (batteria) – Fabio Gallarati – (chitarre/organo/fisarmonica) – Giulio Sagone (basso) – Alberto De Marinis (chitarra/basso/organo); Prodotto da Giancarlo Onorato e Guignol per Lilium Produzioni; Mastering a cura di Maurizio Giannotti; Testi di P. Adduce, musiche di P. Adduce e Guignol tranne La fuga (testo di P. Adduce, musiche di P.Adduce, Giulio Sagone, Amaury Cambuzat, Fabio Gallarati).
Tracklist:
- L’indiano
- Ballata dei giorni andati
- Rubacuori
- Stupore
- L’ultima canzone
- Famiglie
- Il grande complotto
- Il Cielo stava a guardare
- Strada per Dio sa dove
- La fuga
- Il sole si fa rosso
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Roberta stai diventando una splendida voce di questo sito. Sono felice che ti sei persa con noi. Veramente.