Coesistenze. Emozionali. Forti. Nel bianco e nero che sanno volgere ad un’esplosione di colori prepotenti. Coesistenze. Tra lo sregolato rigore sonoro della vecchia Europa e l’impeto visionario dell’America del Sud. Tra i sapori cupi della sconfitta e le aperture dell’immaginazione. Tra la sperimentazione senza resa e la ricerca sinfonica ispirata a nuovi voli onirici ma misurati. Tra i limiti degli studi di registrazione e le imprevedibili possibilità degli spazi insoliti. Tra le geometrie allegoriche di Delacroix e le provocazioni estreme dei tratti di Frida Kahlo, che col suo ultimo quadro (Viva la vida, 1954) regala ai Coldplay le suggestioni per la scelta del titolo del quarto album. Un titolo e lo scrigno di una contaminazione idiomatica e concettuale, nella fusione fonetica degli archetipi che scandiscono il tempo del sempre: la vita e la morte. Viva La Vida Or Death And All His Friends: gli opposti che scolpiscono i contorni di un’Opera disposta secondo una composizione ad anello, reiterata: la vita apre, la morte chiude per riaprire… all’in-finito.
Life In Technicolor è l’incipit strumentale, l’equilibrio dovuto al delirio grafico e ipnotico del booklet.
Cemeteries Of London precipita in un’atmosfera notturna, rotta da squarci elettrici e annegata nell’alba scandita dalla dolcezza di istantantanee surreali di pianoforte… “We go underneath the arches / Where the witches are and they say / There are ghost towns in the ocean / The ocean”.
Lost! è uno dei brani più intensi ed emozionanti. Registrato in parte in una chiesa, svela lentamente un intreccio di batteria fitta, piano, organo fino alla più classica delle aperture morbide e delicate in pieno stile Coldplay… “Just got lost! / Every river that I tried to cross / Every door I ever tried was locked / Ohhh and I’m just waiting til the shine wears off”.
42, rivela la durata dell’intero album (esclusi i minuti della ghost track). Dolce, incantevole la trama di piano che apre e chiude un cerchio che nasconde implosioni elettriche ed esplosioni ritmate… “Time is so short / And I’m sure / There must be something more”; Lovers In Japan/Reign Of Love ha un andamento pop, ma lieve, garbato per un inno all’amore in due superbi atti; Yes osa nelle soluzioni sonore che accompagnano con movenze sensuali una voce in bilico tra toni cupi e altezze cristalline… “If you’d only, if you’d only say yes / Whether you will’s anybody’s guess / God, only God knows I’m trying my best / But I’m just so tired of this loneliness”; Viva La Vida è una bolla compatta, fluttuante, dai mille riflessi nonostante il peso della desolazione che conserva… “One minute I held the key / Next the walls were closed on me / And I discovered that my castles stand / Upon pillars of salt and pillars of sand”. Una sequenza di quattro mondi addomesticati dalla magia primaria del pianoforte che accarezza le movenze di sospiri classici, del violino insolito di Davide Rossi che modula delicatezza e incursioni elettriche, del cantato che ha il dono divino dell’armonia innata e che vola fino al coro angelico: il cuore dell’album, il centro, il nodo più fitto ed articolato. Strutture complesse, ai limiti della destrutturazione, dell’orientamento imprevedibile.
Violet Hill ovvero climax quasi ossessiva, penetrante, invasiva, perfetta in ogni spazio e attimo fino agli ultimi respiri che rispolverano la poesia nuda degli esordi dei Coldplay… “Was a long and dark December / From the rooftops I remember / There was snow, white snow… / If you love me won’t you let me know?”.
Strawberry Swing bacia il folk, lo trattiene e lo colora con un assolo di corde che sa amare la poesia più schiva ma sincera… “People moving all the time / Inside a perfectly straight line / Don’t you wanna just curve away? / When it’s such… / It’s such a perfect day / It’s such a perfect day”.
Death And All His Friends chiude, tace e blocca il tempo per restituirlo alla ghost track The Escapist, firmata insieme all’amico di sempre Phil Harvey. Frammento etereo, come un altrove da poter immaginare… “And in the end / We lie awake / And we dream of making our escape”.
La forza dell’originalità, dell’innovazione diretta dalla genialità del surrealismo rarefatto di Brian Eno e dalla concretezza delle avanguardie di Markus Dravs (Neon Bible è una chiave). Il guizzo dell’ispirazione tersa e fiera. La consapevolezza di una grandezza da difendere e cibare con il meglio delle lezioni degli U2 e delle suggestioni più svariate (Arcade Fire, Radiohead, My Bloody Valentine, Delakota, Blonde Redhead, The Golden Gate Jazz Trio, Gershwin), tenendo stretti il candore e la luce dell’incantesimo di Parachutes.
Credits
Label: Parlophone/Emi – 2008
Line-up: Chris Martin (voce, pianoforte/tastiere, chitarra) – Jonny Buckland (chitarra, voce) – Guy Berryman (basso, sintetizzatore, voce) – Will Champion (batteria, voce) and Phil Harvey; Produced by Markus Dravs, Brian Eno and Rick Simpson; Recorded in a bakery, a nunnery, a magic shop, a church; Sonic landscapes by Brian Eno; Colours and additional production by Jon Hopkins; All strings by Davide Rossi, Mixing by Michael H Brauer, Rick Simpson, Andy Wallace, John O’Mahoney and Marcus Dravs; Mastering by Bob Ludwig with thanks to George Marino; All songs-Berryman/Buckland/Champion/Martin
Tracklist:
- Life in Technicolor
- Cemeteries of London
- Lost!
- 42
- Lovers in Japan/Reign of Love
- Yes
- Viva La Vida
- Violet Hill
- Strawberry Swing
- Death And All His Friends
Links:Sito Ufficiale,MySpace
I.M.P.E.C.C.A.B.I.L.E.
un disco straordinario, che ingloba prima di abbandonare, che salva prima di uccidere.
Più l’ascolto, più l’amo.
Riesce ad essere delicato, intimo, maestoso e liberatorio, tutto insieme.