La musica dei grandi nomi. La musica dei grandi numeri. E la musica che cerca la sua forma, nelle ridotte dimensioni per provare ad approdare altrove, poi e casomai. Andrea Liuzza sperimenta, si autoproduce, tenta una direzione personale di indagine artistica toccando anche colonne sonore per cortometraggi, spettacoli teatrali, installazioni. Melancholia I è il secondo capitolo di una storia ancora da scrivere. Una storia da limare, cesellare e dall’inizio promettente. LostHighways si lascia incuriosire e prova ad entrare in un mondo di conigli rosa che tirano il sipario sulle suggestioni d’Islanda, Lisa Germano e Daniel Johnston, il surrealismo, l’alchimia, la neve, la vita nel suo scorrere tragico e gioioso. Perché la curiosità gode il privilegio dell’interrogativo, per capire e trovare verità nel tempo a seguire.
Un giorno di maggio è arrivato il tuo disco (Melancholia I). Era accompagnato da poche parole, ma dirette, prepotentemente sincere. “Attenzione: questa storia ti spezzerà il cuore in due”. Era un invito ad entrare in un mondo da dover leggere nel profondo.
Credo che la sincerità sia il modo migliore di comunicare. Perfino in una cosa sporca come la pubblicità. Perché le persone non vogliono essere ingannate, illuse, le persone vogliono la verità. E se gli parli apertamente, c’è una possibilità che anche loro ascolteranno apertamente. E così si crea un rapporto profondo, no? Da piccolo ero convinto che se avessimo tutti il coraggio di essere trasparenti, le paure svanirebbero e questo mondo sarebbe perfetto.
Hai avuto il coraggio di dire che in questa storia ci sono una promessa fatta per l’eternità e gli occhi di una ragazza. Svelarti così non ti costa alcuna fatica? Sembra che la sincerità sul tuo mondo interiore arrivi come una scelta assoluta.
Questo disco racconta una storia d’amore. Una storia estrema. Ci sono cose che mi vergognerei a raccontare in una conversazione, soprattutto intorno a sesso e morte. Ma quando scrivi una canzone devi essere trasparente, devi metterci l’anima. Altrimenti finirai per imitare qualcun altro, o nasconderti dietro a ideologie, trucchetti concettuali o cravatte e spille. E non è che lo dico per fare il romantico… Mi spiace di dover parlare della mia esperienza, diceva Thoreau, ma è la sola cosa che ho.
“The more I love you the more I lose you / I feel like a child who can’t exist / And feels his soul like a fist / And pink rabbits are always happy”. E’ un po’ il senso del centro? Raccontami di questi conigli rosa e del peso dei ricordi che hanno il potere di sublimare in versi.
Da piccolo pensavo: i fantasmi devono desiderare davvero ardentemente di tornare in vita… chissà che nostalgia! Così questi versi. La perdita dell’amore è paragonata alla perdita della vita: sei come un fantasma, disperi di esistere, provi nostalgia nello stomaco. Per questo l’anima è come un pugno. Quanto ai conigli rosa… il disco è pieno di animali simbolici. C’è un uccellino ferito, un lupo. I conigli rosa rappresentano l’onnipotenza della fantasia infantile. Sono felici perché appartengono a un mondo immaginato. Ricordare quel mondo, in un momento tragico come questo, è la cosa peggiore.
Melancholia I è un disco elettroacustico, con un’alternanza tra morbidezza e tempeste improvvise. Una ricerca che si manifesta ancora aperta. Quanto ti influenza l’affascinate e voluta incompiutezza di certa musica islandese? Per incompiutezza intendo la capacità di conservare una strana verginità e una scorza acerba che sa di consapevolezza.
Adoro la musica islandese. I Sigur Rós, i Mùm, Stafraeen Hàkon mi fanno vedere paesaggi, ma anche pelle, palpebre, carezze sulla schiena. Quando suono ho un immaginario simile. Vedo le tastiere come grappoli luminosi, e chitarre e basso come un magma buio. La voce deve essere larga e bianca. Vorrei davvero creare un orizzonte. A volte inserisco qualche rumore, ad esempio Melancholia si interrompe a metà e piove per un minuto. Altre volte basta un riverbero per immergere il pianoforte in uno spazio buio…
Born, per esempio. Sembra richiamarsi alle suggestioni dell’album più visionario dei Sigur Rós (secondo me): Von. Una parola densa di luce (speranza) ma calata in una dimensione sonora inquietante e cupa. Il surrealismo è un tuo codice…
Adoro anche il surrealismo. Vorrei semplicemente che ogni suono, ogni parola, ogni evento nelle mie canzoni avessero lo stesso potere che hanno nei sogni.
Lisa Germano e Daniel Johnston come hanno cominciato ad influenzarti, invece?
Ho tradotto tutti i loro testi, ascoltato tutti i loro dischi. Sono come dei fari. Lisa Germano in particolare. Vorrei essere donna e avere la sua voce. E scrivere con la loro autoironia.
Mi spieghi la struttura ad anello Born – Unborn? Un’opposizione concettuale ma anche sonora…
Sì, il disco inizia e finisce con lo stesso brano. Ma nell’ultima traccia ho cancellato la voce. Sparisce quello che ha condotto il disco, fino a quel punto: l’io. Unborn può sembrare una conclusione ineluttabile, un sipario che si chiude su un palcoscenico di morti. Ma anche una liberazione, un ritorno ad uno stato originario. Una ragazza mi ha raccontato che ha ascoltato il disco tutto d’un fiato, in macchina al buio, e alla fine ha provato un senso di pace.
Che influenza ha l’alchimia (e la figura del Faust) nella tua musica? La musica è alchimia. Sia in quanto ricerca “combinatoria” sia in quanto attitudine alla conoscenza fatta di corpo/mente/anima.
Melancholia I è un titolo che viene dall’alchimia: la malinconia era considerata lo stadio al “nero”, da redimere nell’opus. A parte questo, l’alchimia è un’influenza assolutamente sotterranea nella mia musica, non m’interessa che qualcuno la noti. Ne traggo solo principi per la composizione: maschile/femminile, alto/basso, strutture binarie e ternarie, così via. Sono principi che subiamo culturalmente, o forse inconsciamente, quindi mi affascinano. Ma per l’alchimista, per la figura di Faust, a conti fatti provo antipatia. La sua aspirazione all’assoluto é vorace e distruttiva. Dovendo scegliere, ammiro più i modelli di conoscenza orientali. O il Maestro, che ama Margherita fino alla fine.
Usi la rete in modo discreto ricorrendo a forme di protezione/schermo che hanno un senso, considerando la volgarità quasi assoluta dell’utenza media. Come rapporti internet alla tua musica?
Internet è fondamentale per la mia musica. Grazie a internet ho ascoltatori in Indonesia, a Tokyo, in Belgio, in Francia, nel Minnesota, ad Helsinki… soprattutto ragazze. Evidentemente la mia musica è molto femminile. Detto questo, so che Internet non è altro che i 15 minuti di celebrità di Andy Warhol. È apparenza. Perciò tento di non lasciarmi ingannare, e conversare con tutti quanti per quello che sono: persone. Evito lo spam, troppi annunci e grandi flyer, se posso mando messaggi privati.